Cons. Stato Sez. V, Sent., 25-08-2011, n. 4805 Assessori comunali Enti locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il dott. I. S. ha impugnato il provvedimento dell’11.6.2003 del Sindaco di Muggia, di revoca della nomina ad assessore comunale (ai sensi dell’art. 46 del d. lgs. n. 267/2000), presso il T.A.R. Friuli Venezia Giulia, che, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto la censura relativa alla violazione degli artt. 7 e 8 della n. 241/1990, per non essere stato il provvedimento impugnato preceduto dalla comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento, nonché ha dichiarato assorbita la ulteriore censura di violazione dell’art. 46, comma 4, del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 23, comma 4, dello statuto comunale, per difetto di motivazione.

Con il ricorso in appello in esame il Comune di Muggia ha chiesto la riforma di detta sentenza del T.A.R. e la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per acquiescenza, o mancata notifica ai controinteressati o per difetto di interesse, ovvero la reiezione dello stesso per infondatezza.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Inammissibilità del ricorso di primo grado per acquiescenza.

Il provvedimento di revoca della nomina ad assessore comunale impugnato è stato sottoscritto per accettazione dal dott. S., senza riserva di successiva contestazione, con conseguente acquiescenza ad esso.

2.- inammissibilità del ricorso di prime cure per difetto di interesse e per difetto di notifica.

Non è stato impugnato dal dott. S. il provvedimento di attribuzione ad altri soggetti delle deleghe dallo stesso non più coperte, con conseguente inammissibilità del gravame per carenza di interesse, non potendo ad esso conseguire alcun beneficio per il ricorrente.

Nell’ipotesi che detto atto possa ritenersi impugnato con la richiesta di annullamento anche degli atti consequenziali, comunque il ricorso sarebbe inammissibile per mancata notifica ad almeno un controinteressato.

3.- Infondatezza della censura di violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

La sentenza ha ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca impugnato, perché non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, sulla base dell’erroneo presupposto che esso avesse natura di provvedimento amministrativo in senso formale e sostanziale.

4.- Impossibilità di annullamento del provvedimento impugnato ex art. 21 octies della l. n. 241/1990.

Anche nell’ipotesi che fosse stata necessaria la comunicazione di avvio del procedimento l’atto di revoca non poteva essere annullato, perché esso aveva comunque raggiunto lo scopo cui essa comunicazione tende e sia perché l’atto adottato non avrebbe potuto essere diverso, sicché, ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 24171990, non sarebbe comunque suscettibile di annullamento.

5.- Infondatezza della censura di illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione ex art. 46, comma 4, del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 23, comma 4, dello statuto comunale, in quanto essa motivazione non era necessaria stante la natura di atto politico dell’atto.

Alla pubblica udienza del 22.2.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte appellante come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame il Comune di Muggia ha chiesto l’annullamento della sentenza in epigrafe specificata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal dott. I. S. contro il provvedimento di revoca, da parte del Sindaco di Muggia, della nomina ad assessore comunale (ai sensi dell’art. 46 del d. lgs. n. 267/2000), essendo stata ritenuta fondata la censura di violazione degli artt. 7 e 8 della n. 241/1990, per non essere stato il provvedimento impugnato preceduto dalla comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento, e dichiarata assorbita la ulteriore censura di violazione di legge e dello statuto comunale, per difetto di motivazione. Con il gravame è stata anche chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per acquiescenza, o mancata notifica ai controinteressati o per difetto di interesse, ovvero la reiezione dello stesso per infondatezza.

2.- Con il primo motivo di appello è stata eccepita la inammissibilità del ricorso di primo grado per acquiescenza, in quanto il provvedimento impugnato era stato sottoscritto per accettazione dal dott. S., senza riserva di successiva contestazione, anche perché in occasione della seduta del Consiglio comunale del 30.6.2003 esso aveva replicato alla lettera di revoca con un intervento con il quale aveva manifestato la volontà di adeguarsi alla decisione.

2.1.- Osserva la Sezione che l’acquiescenza postula atti o comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto che dimostrino la sua chiara e irrefutabile volontà di accettarne gli effetti.

In quanto incidente sul fondamentale diritto di agire in giudizio, l’accertamento in ordine all’avvenuta accettazione del contenuto e degli effetti di un provvedimento lesivo deve essere accurato ed esauriente e svolgersi su tutti i dati fattuali che hanno caratterizzato la dichiarazione negoziale, da cui deve risultare senza alcuna incertezza la presenza di una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l’atto lesivo.

Nel caso di specie, pur essendo indicato nell’atto di appello (alla pagina 2) che detta sottoscrizione per accettazione risultava dall’allegato n. 3, consta che tale allegato è costituito dalla delibera di incarico ai legali che hanno redatto l’atto e che il provvedimento di revoca della nomina ad assessore del dott. S. non è indicato nell’indice della documentazione allegata all’appello stesso.

Neppure risulta da copia del provvedimento dell’11.6.2003 del Sindaco del Comune di Muggia, recante detta revoca, depositato in primo grado in data 16.10.2003, prot. n. 3274/1, che lo stesso sia stato siglato per accettazione dal suddetto assessore.

Considerato quindi che neppure la volontà di adeguarsi alla determinazione di revoca, che è dedotto con il gravame è stata manifestata in occasione della seduta del Consiglio comunale del 30.6.2003, appare costituire espressione da parte dell’interessato della definitiva volontà di rinunciare alla impugnazione di detto atto, deve ritenersi non provata la acquiescenza all’atto impugnato eccepita con l’atto di appello.

La eccezione in esame deve quindi essere disattesa.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stata eccepita la inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse e per difetto di notifica in quanto la revoca della nomina ad assessore del dott. S. aveva comportato che le deleghe dallo stesso non più coperte fossero state attribuite ad altri soggetti con atto non impugnato dal suddetto e quindi incontestabile, con conseguente inammissibilità del gravame per carenza di interesse, non potendo ad esso conseguire alcun beneficio per detto ricorrente.

Nell’ipotesi che detto atto potesse ritenersi impugnato con la richiesta di annullamento anche degli atti consequenziali comunque il ricorso sarebbe inammissibile, considerato che i nuovi assessori erano da qualificare quali controinteressati e a nessuno di essi il gravame è stato notificato.

3.1.- Il Collegio, quanto alla necessità di impugnazione delle nuove deleghe conferite agli assessori nominati in sostituzione del dott. S., rileva che l’impugnazione dell’atto presupposto, di per sé lesivo dell’interesse dell’interessato, esclude l’onere di impugnare l’atto conseguenziale nel caso in cui l’eventuale annullamento del primo é in grado di provocare una automatica caducazione del secondo, se questo, come nel caso che occupa, faccia parte di una sequenza procedimentale che lo pone in rapporto di immediata derivazione dall’atto precedente (Consiglio Stato, sez. IV, 27 marzo 2009, n. 1869).

3.2.- Quanto alla eccezione di mancata notifica ad almeno un controinteressato la Sezione non può che condividere quanto asserito al riguardo dal Giudice di primo grado, atteso che gli assessori nominati in sostituzione del dott. S., come da verbale di deliberazione della Giunta municipale n. 65 del 22.09.2003, non solo non erano nominativamente indicati nell’atto impugnato, ma neppure erano agevolmente individuabili in base ad esso, sicché, all’epoca della impugnata revoca, non esisteva, in realtà, alcun controinteressato.

3.3.- Anche la eccezione in esame non è quindi suscettibile di positiva valutazione.

4.- Nel merito è fondato il terzo motivo di appello, con il quale è stato dedotto che la sentenza ha ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca impugnato perché non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento sulla base dell’erroneo presupposto che esso avesse natura di provvedimento amministrativo in senso formale e sostanziale, mentre l’atto aveva natura essenzialmente politica ed era sottratto alla disciplina di cui alla l. n. 241/1990.

4.1.- Va condiviso, infatti, l’orientamento giurisprudenziale per il quale il procedimento di revoca dell’incarico di un assessore – atto posto essenzialmente nella disponibilità del Sindaco e la cui motivazione può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica – deve essere semplificato al massimo per consentire un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, per cui non va interposta la comunicazione dell’avvio del procedimento all’assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante secondo la normativa attuale (Consiglio Stato, sez. V, 12 ottobre 2009, n. 6253 e 23 gennaio 2007, n. 209).

5.- L’accoglimento di detto motivo di appello comporta l’assorbimento del quarto motivo di gravame, con il quale era stato dedotto che, anche nell’ipotesi che fosse stata necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, l’atto di revoca non poteva essere annullato, sia perché esso aveva comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione tendeva e l’accoglimento del motivo causerebbe solo una inutile ripetizione del procedimento, sia perché l’atto adottato non avrebbe potuto essere diverso e, ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 241/1990, non sarebbe comunque suscettibile di annullamento.

6.- Con il quinto motivo di appello è stata dedotta la infondatezza della censura (dichiarata assorbita dal T.A.R.) di illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione ex art. 46, comma 4, del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 23, comma 4, dello statuto comunale, perché l’atto di revoca impugnato non necessitava della motivazione, stante la natura di atto politico dello stesso e sua conseguente insindacabilità.

6.1.- Detta censura è inammissibile per carenza di interesse.

Infatti, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (ed ora dell’art. 101 comma 2 c.p.a.) le domande non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.

Tale è la sorte del predetto motivo di ricorso, assorbito in primo grado e non riproposto in appello dal ricorrente in primo grado, non costituitosi.

7.- E’ infondata anche la censura di sviamento formulata con il ricorso di primo grado in forma generica e comunque non confortata dalle risultanze processuali.

8.- L’appello deve essere conclusivamente accolto e deve essere respinto il ricorso originario di primo grado.

9.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R..

Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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