T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 25-08-2011, n. 1168 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La provincia di Crotone ha deliberato la indizione di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione della piscina CONI, sita in Crotone.

Con deliberazione n. 1056 del 24 giugno 2009 sono stati, quindi, approvati i verbali di gara relativi alla aggiudicazione del primo lotto, con affidamento dei lavori alla società odierna ricorrente.

Decorsi più di sei mesi dal provvedimento di aggiudicazione, il legale rappresentante della aggiudicataria ha quindi intimato alla provincia di Crotone la conclusione del contratto di appalto.

Pendente ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi con riferimento alla detta intimazione, è stata adottata una nota in data 14 maggio 2010 con cui l’amministrazione ha anticipato una sollecita definizione della questione pur rappresentando la intervenuta emersione di profili di criticità.

Quindi, con deliberazione di Giunta provinciale n. 240 del 4 ottobre 2010 è stato revocato l’appalto dei lavori aggiudicati alla odierna ricorrente.

Avverso la disposta revoca è quindi proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce violazione degli artt. 21 quinquies e nonies della legge n. 241 del 1990, violazione dell’art. 1 comma 126 della legge n. 311 del 2004; eccesso di potere per sviamento; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; insufficienza e contraddittorietà della motivazione; travisamento dei fatti.

Si è costituita in giudizio la provincia di Crotone affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito meglio esplicitati, nel senso cioè della sola fondatezza della subordinata domanda di concessione di indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

Vanno prioritariamente esaminati i vizi che investono la legittimità della disposta revoca, che risultano – ad avviso del Collegio – infondati.

La revoca dell’appalto del I lotto dei lavori di ristrutturazione della piscina CONI di Crotone è stata disposta dalla resistente amministrazione provinciale "a seguito di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario" in quanto l’opera in questione "non rientra tra le priorità dell’amministrazione provinciale, per il nocumento economico, i maggiori costi che dovessero derivare dal mancato funzionamento dell’opera e dal fatto che la stessa sia effettivamente ultimata e resa funzionale in un momento successivo considerata la ristrettezza economica imposta dalla Legge Finanziaria per i prossimi anni". Invero, avendo l’amministrazione bandito gara d’appalto per il solo I lotto, la esposta determinazione di revoca consegue, nella sostanza, al rilievo per cui il detto I (ed invero unico) lotto appaltato risultava così privo di una propria autonomia funzionale, costituendo mera frazione di un’opera unitaria, e dunque sostanzialmente inidonea ad essere utilizzata autonomamente. Di qui, pertanto, in esito alla rivalutazione dell’originario interesse pubblico, l’intendimento dell’amministrazione di revocare l’appalto già aggiudicato, in buona sostanza rinunciando alla realizzazione dell’opera temendo il pregiudizio all’interesse pubblico riveniente dal mancato completamento dell’opera stessa, avuto riguardo alle crescenti difficoltà economicofinanziarie della stazione appaltante. In termini più semplici, l’amministrazione ha preferito rinunciare alla realizzazione dell’opera programmata revocando l’appalto del I lotto proprio perché preoccupata di doversi fermare ad esso, in quanto tale sostanzialmente inutilizzabile.

E detta motivazione emerge in maniera chiara ed inequivoca dalla delibera di Giunta avversata e pare al Collegio congrua e ragionevole e dunque immune dei vizi denunciati dalla ricorrente.

Con specifico riferimento alla revoca di una gara d’appalto, si condivide l’orientamento interpretativo a mente del quale è in tale evenienza necessaria una puntuale ed accurata motivazione sulla sopravvenuta diversa valutazione dell’interesse pubblico che ne aveva consigliato l’indizione, in particolare ove sia intervenuta la stipula del contratto di appalto (cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 18 maggio 2011, n. 435), dovendosi ribadire come, nel caso di specie, siffatta motivazione sussiste e risulta adeguata, avuto anche riguardo alla circostanza che comunque non è intervenuta la stipula del contratto.

Più in generale si deve osservare che l’innovata disciplina positiva data all’istituto della revoca del provvedimento amministrativo dal legislatore, con l’introduzione dell’art. 21quinquies, l. 7 agosto 1990 n. 241, ne ha dilatato la preesistente nozione elaborata dall’insegnamento dottrinario e giurisprudenziale, ricomprendendo in essa sia il c.d. ius poenitendi, che consente alla Pubblica amministrazione di ritirare i provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto, sia di rivedere il proprio operato in corso di svolgimento e di modificarlo, perché evidentemente ritenuto affetto da inopportunità, in virtù di una rinnovata diversa valutazione dell’interesse pubblico originario (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 05 luglio 2011, n. 4028). Pertanto, il sopravvenire di ragioni anche di mera opportunità che rendano non consigliabile, nella valutazione dei diversi interessi coinvolti nella fattispecie, il permanere di un atto che ha regolato la fattispecie costituisce una circostanza bastevole a giustificare il ritiro dell’atto sub specie di revoca (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 3 giugno 2011, n. 2962).

La avversata revoca risulta dunque legittima poiché adottata proprio nella discrezionale (e nella specie legittima) esplicazione di quel potere di rivisitazione per ragioni di opportunità del proprio operato specificamente conseguente ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

La acclarata legittimità della revoca importa dunque la infondatezza del ricorso in esame nella parte in cui della detta revoca è chiesto l’annullamento, ma anche (conseguentemente) della parte in cui è con esso chiesto il risarcimento del danno, presupponendo detta pretesa patrimoniale la illegittimità dell’atto asseritivamente produttivo del danno da risarcire; illegittimità che nella specie va, per le viste ragioni, esclusa.

Merita invece di essere accolta la subordinata domanda di parte ricorrente di essere indennizzata per il pregiudizio comunque subito ai sensi dell’art. 21 quiquies della legge n. 241 del 1990.

Diversamente invero dall’istanza risarcitoria, la domanda di indennizzo presuppone l’avvenuto riconoscimento (da parte del ricorrente) della legittimità del provvedimento di revoca, dal quale scaturisce comunque un’obbligazione indennitaria da atto lecito a carico dell’Amministrazione, a norma di quanto disposto dal citato art. 21 quinquies, che appunto prevede l’obbligo per la stessa di provvedere all’indennizzo dei pregiudizi in danno sofferti dai soggetti direttamente interessati dal provvedimento, senza che al fine del sorgere dell’obbligazione indennitaria occorra la dimostrazione della sua colpevolezza (cfr. T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 14 gennaio 2011, n. 36). Infatti, l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 delinea una fattispecie riconducibile al modello dogmatico della responsabilità da atto lecito dannoso in cui l’atto di revoca rileva di per sé, prescindendo dall’elemento soggettivo della colpa, quale fattore cui conseguono risvolti patrimoniali a carico dell’amministrazione in relazione agli eventuali pregiudizi che dovessero verificarsi a carico degli amministrati (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 47).

Il già citato art. 21 quinquies, tuttavia, dispone nella sua vigente formulazione che "ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente". Orbene, anche se nel caso di specie non è intervenuta la stipula del contratto di appalto (sul quale avrebbe inciso la revoca dell’appalto) il criterio da applicarsi è sicuramente quello dettato dalla disposizione ora richiamata trattandosi comunque di revoca che incide sulla ragionevole aspettativa del privato di pervenire ad un formale rapporto negoziale con la stazione appaltante.

Ciò premesso, ritiene il Collegio di dover in via equitativa fissare in euro 5.000, 00 la misura del pregiudizio sofferto dalla ricorrente per effetto della disposta revoca ed oggetto di indennizzo posto a carico della provincia di Crotone, avendo all’uopo riguardo alle spese sostenute ed agli oneri affrontati.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio accoglie il ricorso in esame limitatamente alla sola subordinata domanda di corresponsione di indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, dovendo per il resto il ricorso essere respinto poiché infondato.

Condanna l’Amministrazione Provinciale di Crotone al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.000,00, oltre Iva e CAP, come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione Provinciale di Crotone al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.000,00, oltre Iva e CAP, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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