Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-05-2011) 28-07-2011, n. 30102

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione C.G. avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli in data 29 aprile 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado, affermativa, per quanto di interesse, della sua responsabilità in ordine ai reati di resistenza a pubblico ufficiale nonchè violenza privata e violazione di domicilio, fatti commessi nel 2007.

Deduce:

1) quanto al reato di resistenza a pubblico ufficiale, la erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p..

Nella specie, la condotta tenuta dall’imputato, in risposta all’intimazione dell’alt da parte delle forze dell’ordine, doveva considerarsi solo come un tentativo di fuga da coloro dai quali quello temeva una aggressione propria incolumità fisica;

2) uguale vizio con riferimento agli altri due reati. Non si sarebbe verificata alcuna limitazione della libertà di movimento della vittima ma il prevenuto si sarebbe limitato ad entrare in casa di costei nel sopra descritto tentativo di fuga;

3) la violazione dell’art. 133 c.p., in relazione al trattamento sanzionatorio.

Il ricorso è inammissibile perchè interamente versato in fatto.

Nel gravame viene ignorata, in violazione dell’art. 581 c.p.p., che impone di aggredire punti della sentenza impugnata, la logica e completa ricostruzione della vicenda così come operata dai giudici del merito.

Secondo la Corte, infatti, i verbalizzanti hanno testimoniato in ordine ad una reazione da parte del C. ontologicamente diversa dal puro tentativo di fuga evocato nel ricorso.

Inoltre i giudici hanno ribadito le prove in ordine al fatto che il C. si fosse introdotto nell’appartamento abitato dalla D. M. e l’avesse costretta a rimanere all’interno mentre i militari bussavano essendosi qualificati.

Ogni considerazione da parte della difesa, volta a ricostruire diversamente l’accaduto, si risolve dunque nella prospettazione di motivi di gravame non apprezzabili nella sede della legittimità.

Del pari manifestamente infondato e quindi inammissibile è il motivo che denuncia la motivazione sul trattamento sanzionatorio.

La Corte ha evocato parametri utili ai fini del giudizio discrezionale devolutole e cioè la gravità dei fatti, il contesto in cui maturò l’azione, i precedenti penali e il comportamento processuale non indicativo di resipiscenza.

Non è dunque apprezzabile in alcun modo, perchè ancora una volta evocativa di alternativo giudizio di merito, la censura del ricorrente al riguardo.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 500.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 500.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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