T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 25-08-2011, n. 1159

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti sono tutti dipendenti del Ministero dell’Interno e prestano servizio presso gli uffici periferici di Cosenza con la qualifica di collaboratore amministrativo, posizione economica C1 e C1S. In data 8 aprile 2001 l’Amministrazione ha indetto una procedura concorsuale per i passaggi di posizione all’interno dell’area funzionale C e precisamente dalla posizione C1 alle posizioni C2 e C3. I ricorrenti hanno partecipato alla detta procedura collocandosi in posizione non utile ai fini del passaggio al profilo professionale di Direttore Amministrativo – posizione economica C3. Ritenendo che le relative graduatorie fossero state formulate sulla base di criteri illegittimi gli odierni ricorrenti hanno adito il giudice del lavoro chiedendo che venisse annullata la procedura di selezione finalizzata al passaggio dalla posizione C1 alle posizioni C2 e C3. La Corte di Appello di Catanzaro, riformando la decisione di primo grado, ha, con sentenza n. 1069/09 del 14 maggio 2009, annullato le graduatorie redatte a conclusione della procedura.

Con atto di diffida e messa in mora ex art. 90 comma II R.D. 642/1907 i ricorrenti hanno quindi diffidato il Ministero dell’ interno a dare esecuzione alla citata sentenza della Corte di Appello, passata in giudicato, assegnando allo stesso trenta giorni, e avvertendo che, in caso di mancata ottemperanza, sarebbe stato adito il giudice dell’esecuzione.

Attesa la perdurante inerzia dell’amministrazione, sono stati infine proposti i ricorsi ora in esame con i quali si chiede a questo giudice che venga data esecuzione alla sentenza della Corte di Appello e che venga riconosciuto il diritto dei ricorrenti all’inquadramento nel profilo professionale di direttore amministrativo, con posizione economica C3, a decorrere dal 1° ottobre 2002, con conseguente riconoscimento delle somme dovute a titolo di stipendio, di indennità di amministrazione, di indennità di professionalità e di ogni altro trattamento accessorio spettante.

E’ stato inoltre chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione del giudicato e la condanna della p.a. al pagamento del danno da ritardo correlato alla perdurante inosservanza del giudicato.

Nelle more del presente giudizio l’amministrazione resistente ha adottato il decreto 6 dicembre 2010 con il quale ha provveduto ad annullare le precedenti graduatorie e a riformularle "applicando i criteri previsti dal bando ed omettendo di applicare l’anzianità di servizio quale criterio di preferenza a parità di punteggio".

Si è costituita in tutti i giudizi l’intimata Amministrazione, la quale afferma l’improcedibilità dei proposti ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse, avendo provveduto ad annullare le graduatorie impugnate.

I ricorrenti replicano con apposita memoria affermando la nullità del richiamato decreto poiché elusivo del giudicato per essere state le nuove graduatorie elaborate senza seguire i criteri di cui alla parte motiva della sentenza della Corte di Appello, della cui corretta esecuzione appunto si tratta.

Alla camera di consiglio del 20 luglio 2011 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

Il Collegio ritiene, preliminarmente, di disporre, per evidenti ragioni di connessione oggettiva, la riunione dei proposti ricorsi.

Gli stessi sono fondati e vanno, pertanto, accolti.

Occorre muovere da un attento esame della sentenza della Corte di Appello, della cui esecuzione si tratta. La Corte di Appello, in particolare, ha rilevato come "per effetto della previsione di una graduatoria preliminare per l’ammissione al percorso formativo imperniata su anzianità di servizio e titolo di studio posseduto e della evidente supervalutazione dell’anzianità di servizio medie e alte rispetto alle anzianità di servizio basse anche se accompagnate dal possesso della laurea, il meccanismo descritto produce la tendenziale conseguenza di garantire l’accesso al percorso formativo al personale con maggiore anzianità di servizio". Ne consegue, ad avviso della Corte di Appello, che "la procedura in esame appare preordinata a garantite lo scivolamento verso una qualifica più alta del personale più anziano, anche indipendentemente dal possesso del prescritto titolo di studio e in mancanza di un meccanismo di seria, oggettiva e trasparente verifica delle capacità". Di qui "la valutazione di nullità delle disposizioni dei contratti collettivi e dei bandi esaminati per contrasto con norme imperative". E’ quindi alla luce delle richiamate argomentazioni che va letto il dispositivo della sentenza di cui trattasi con cui la Corte di Appello, previa disapplicazione dei contratti collettivi e dei bandi, ha annullato le graduatorie impugnate dai ricorrenti.

E’ agevole rilevare, ad una piana lettura della sentenza in questione, che la Corte di Appello è pervenuta all’annullamento delle impugnate graduatorie avendo cassato l’intero meccanismo, quale delineato in sede di contratti collettivi e bandi di concorso, poiché nel suo insieme idoneo a produrre la "tendenziale conseguenza di garantire l’accesso al percorso formativo al personale con maggiore anzianità". In altri termini, una corretta esecuzione della sentenza avrebbe imposto una sostanziale riscrittura del meccanismo di accesso al percorso formativo tale da non precostituire una posizione di favor per l’elemento anzianità di servizio. La stessa Avvocatura dello Stato, con parere reso in data 29 ottobre 2010, aveva rappresentato di non considerare il principio dell’anzianità di servizio nella posizione economica di provenienza in misura prevalente rispetto ai titoli culturali. Vero è che la citata sentenza della Corte di Appello non fornisce indicazioni specifiche sul come operare detto "riequilibrio", ma ciò è corretto trattandosi di un ambito di intervento riservato all’amministrazione attiva nella esplicazione dei suoi poteri. E’ evidente, allora, che le nuove graduatorie, di cui al decreto ministeriale del 6 dicembre 2010, sono elusive del giudicato limitandosi con esse l’amministrazione ad una riformulazione delle stesse che semplicemente omette di applicare l’anzianità di servizio quale criterio di preferenza a parità di punteggio.

Il portato della sentenza della cui esecuzione si tratta, alla luce in particolare della richiamata motivazione della stessa, non è e non può legittimamente essere limitato alla previsione per cui, nell’ipotesi invero residuale della parità di punteggio, si omette di considerare l’anzianità quale criterio di preferenza, (criterio di preferenza peraltro corretto), essendo piuttosto imposto dalla sentenza l’adozione di un meccanismo che in via generale non privilegi l’elemento anzianità di servizio. Ed è evidente che questo non è stato fatto dalla resistente amministrazione, la cui attività posta in essere in asserita esecuzione della stessa si manifesta invece come elusiva del giudicato, e quindi nulla.

Come è stato condivisibilmente osservato, per ravvisare il vizio di violazione o elusione del giudicato non è sufficiente che la nuova attività posta in essere dall’amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo necessario che l’amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 05 luglio 2011, n. 4037). La giurisprudenza ha osservato che, nel caso di annullamento giurisdizionale degli atti di una procedura selettivoconcorsuale, la p.a. deve riprendere il procedimento dal segmento direttamente viziato, tenendo conto delle ragioni poste alla base dell’annullamento giurisdizionale e delle regole esplicitamente o implicitamente desumibili dalla motivazione della sentenza de qua (cfr. T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 23 giugno 2011, n. 540).

La circostanza per cui la sentenza della Corte di Appello non abbia fornito indicazioni puntuali su come operare il riequilibrio tra anzianità e titoli professionali/culturali non elimina il carattere manifestamente elusivo del giudicato rivestito dalla operata riformulazione delle graduatorie di cui trattasi.

I ricorsi vanno pertanto accolti nel senso che, ritenuta la nullità delle graduatorie di cui al decreto del 6 dicembre 2010, va ribadito l’obbligo del Ministero dell’interno e pertanto ad esso ordinato di dare compiuta ed integrale esecuzione alla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1096 del 2009 nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente sentenza, disponendo sin d’ora il Collegio, in ipotesi di perdurante inerzia dell’amministrazione, la nomina quale commissario ad acta del Comandante Regionale Calabria della Guardia di Finanza o altro Ufficiale Superiore all’uopo delegato perché provveda in luogo dell’amministrazione, il cui compenso è fin d’ora fissato in euro 3.000,00 a carico della resistente Amministrazione.

La necessità che la sentenza della Corte di Appello sia correttamente ed in maniera esaustiva eseguita importa che non può essere accolta, in questa sede, la domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti al superiore inquadramento nel profilo professionale di direttore amministrativo e nel riconoscimento della posizione economica C3, con ogni ulteriore conseguente spettanza. Ed infatti, se è vero quanto innanzi rilevato e cioè che le graduatorie annullate vanno riformulate in esito ad una sostanziale riscrittura del già delineato (ed illegittimo) meccanismo di accesso al percorso formativo, non può in questa fase – che vede la necessità del rinnovo dell’attività amministrativa coerente con i dettami della sentenza della Corte di Appello – ritenersi sussistente un diritto dei ricorrenti all’utile collocamento in graduatorie che sono ancora da riformulare.

Da ultimo, sono inammissibili per genericità e poichè prive della benché minima allegazione di principio di prova le domande invero recate in epigrafe dei ricorsi e poi non sviluppate nel corpo degli stessi afferenti un preteso risarcimento del danno derivante dalla mancata esecuzione del giudicato e del danno da ritardo correlato alla perdurante inosservanza del giudicato.

I ricorsi, quindi, sono accolti ai sensi e nei limiti di quanto innanzi esplicitato.

Il Collegio, infine, condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1.000,00 per ciascun ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), riuniti i proposti ricorsi di cui in epigrafe, li accoglie nel senso di ordinare al Ministero dell’interno di dare compiuta ed integrale esecuzione alla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1096 del 2009 nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente sentenza, disponendosi fin d’ora la nomina quale commissario ad acta, in ipotesi di inerzia dell’amministrazione, del Comandante Regionale Calabria della Guardia di Finanza o altro Ufficiale Superiore all’uopo delegato perché provveda in luogo dell’amministrazione alla detta esecuzione, il cui compenso è fin d’ora fissato in euro 3.000,00 a carico della resistente Amministrazione.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1.000,00 per ciascun ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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