Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-05-2011) 28-07-2011, n. 30081

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.M. e D.F. ricorrono avverso la sentenza, in data 19 febbraio 2010, della Corte d’appello di Bologna, che a conferma della sentenza del Tribunale di Parma in data 28 maggio 2007, li ha condannati per il reato di truffa aggravata continuata e il C. anche per falso e sostituzione di persona.

A sostegno dell’impugnazione deducono entrambi:

a) Mancanza di motivazione e/o violazione degli artt. 640 e 120 c.p. relativamente alla dedotta improcedibilità per la truffa contestata ai danni di Z.S. e B.J.M..

Secondo i ricorrenti la presunta parte offesa in realtà sarebbe stata la sua compagna che materialmente versò il denaro, circostanza che comporterebbe una situazione di incertezza in ordine al soggetto legittimato a sporgere querela. b) Mancanza di motivazione e violazione degli artt. 56 e 640 c.p. relativamente alla richiesta di derubricazione in truffa tentata dei reati contestati in danno di A., G., Br., C., P.C., Ca..

Il ricorrete contesta la dazione di denaro da parte delle suddette parti offese, in quanto o avrebbero versato titoli di credito, non riscossi, ovvero non avrebbero allegato alcun ricevuta alle loro querele. c) Mancanza di motivazione in relazione al rigetto della richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche e di riduzione della pena.

I ricorrenti lamentano che le modalità del fatto erroneamente sono state ritenute ostative alla concessione delle attenuanti richieste.

I ricorsi sono privi della specificità, prescritta dall’art. 581 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), a fronte delle motivazioni svolte dai giudici di merito, le cui motivazioni si integrano, e che non risultano viziate da illogicità;

le censure mosse, peraltro, fanno riferimento a valutazioni alternative o dubitative, prive del carattere della decisività e della precisione.

Questa corte ha stabilito che "La mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p. – compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità". (Cass. pen., sez. 1^, 22.4.97, Pace, 207648);

Nel merito, in ogni caso, si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelle cui sono pervenuti i giudici di merito con motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti.

Le valutazioni di inerito sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794).

Peraltro i motivi oggi introdotti con il ricorso in cassazione, dall’esame della sentenza d’appello, non sono stati presentati in appello ove è stata contestata esclusivamente la mancata applicazione dell’istituto della continuazione.

Alla luce delle suesposte considerazioni, vanno dichiarate inammissibili le impugnazioni.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè di ciascuno al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina equitativamente in Euro 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al- pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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