Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-05-2011) 28-07-2011, n. 30100

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione A.A. avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria in data 22 giugno 2010 con la quale, su impugnazione del Pubblico Ministero, è stata riformata la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado e per l’effetto è stata affermata la sua responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 495 c.p., comma 4, per avere, al fine di conseguire il passaporto, dichiarato falsamente, con dichiarazione sostitutiva di certificazione presentata il 14 ottobre 2003, di essere esente da precedenti penali. Invece aveva riportato, nel maggio del 1987, una condanna a pena detentiva in relazione ad una contravvenzione in materia edilizia, pena peraltro condizionalmente sospesa.

Il giudice di primo grado aveva ritenuto che l’imputato avesse agito in buona fede, tenuto conto che la condanna non era stata mai eseguita e che comunque non sarebbe stata ostativa al conseguimento del passaporto.

La Corte d’appello, invece, affermava che il dolo del reato in contestazione è solo quello di rendere una dichiarazione obiettivamente falsa e non è escluso da supposte valutazioni soggettive sulla irrilevanza di quanto falsamente dichiarato.

Deduce:

1) La violazione di legge, essendo, la fattispecie, semmai, da qualificare ai sensi del meno grave reato ex art. 496 c.p., come di recente affermato dalla giurisprudenza della Cassazione (sent. N. 35447 del 2009 e n. 19963 del 2009). Infatti la mendace dichiarazione non sarebbe comunque volta ad essere riprodotta in atto pubblico, essendo comunque il passaporto una autorizzazione amministrativa e non un atto pubblico.

La diversa giurisprudenza, che fa leva sulla esistenza della circostanza attenuante del finalizzare la falsa attestazione al rilascio di una autorizzazione amministrativa, troverebbe oggi un ulteriore ostacolo nel fatto che l’art. 495 c.p., è stato modificato dal legislatore del 2008 con la eliminazione dell’attenuante di cui al comma 4;

2) Il vizio di motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato: la falsa attestazione era stata in realtà resa in presenza di una pregressa condanna a pena non solo sospesa, ma anche non ostativa al rilascio del passaporto e comunque non trascritta sul certificato del casellario a richiesta dei privati;

3) Il vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio.

Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.

Il primo motivo pone una censura condivisibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte che, in alcune delle pronunzie sul tema, ha affermato il principio secondo cui integra il reato di cui all’art. 496 c.p. (false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o di altri) – e non quello di cui all’art. 495 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) – la condotta di colui che dichiari falsamente, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, presentata al fine di conseguire il passaporto, di non avere precedenti penali, in quanto, in tal caso, la dichiarazione del privato, ancorchè preordinata ad ottenere una autorizzazione amministrativa, non è destinata ad incidere, direttamente o indirettamente, anche sulla formazione di un atto pubblico (Rv. 245155; massima precedente conforme: N. 13116 del 2002 Rv. 221255).

Infondato è invece il secondo motivo di ricorso.

La giurisprudenza evocata nel ricorso, sulla configurazione dell’elemento psicologico, non sembra poter trovare ulteriore spazio dopo il recente intervento delle Sezioni unite di questa Corte nella affine materia delle false indicazioni o omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (Sez. U, Sentenza n. 6591 del 27/11/2008 Ud. (dep. 16/02/2009) Rv. 242152).

Ha posto in risalto in supremo consesso che l’inganno potenziale, della falsa attestazione di dati necessari per determinare al momento dell’istanza le condizioni di reddito, sussiste quand’anche le alterazioni od omissioni di fatti veri risultino poi ininfluenti per il superamento del limite di reddito, previsto dalla legge per l’ammissione al beneficio.

Nessuna influenza può dunque spiegare la qualità delle false affermazioni sulla configurazione dell’elemento psicologico del reato che qui di ritiene.

La riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 496 c.p., comporta la rideterminazione del trattamento sanzionatorio che, tenuto conto della disciplina vigente al momento della realizzazione della condotta e dei criteri adottati dal giudice del merito, attenutosi ai minimi edittali, può fissarsi, ferme le altre determinazioni della sentenza impugnata, in Euro 400 di multa.

P.Q.M.

qualificato il fatto ai sensi dell’art. 496 c.p., ridetermina la pena in Euro 400 di multa. Rigetta nel resto.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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