Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-05-2011) 28-07-2011, n. 30097

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione D.M.N. avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 14 maggio 2009 con la quale, per quanto qui di interesse, è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine alla imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Al prevenuto, quale amministratore di fatto della Giemme sas, dichiarata fallita il 12 luglio 1994, era stato addebitato di avere distratto cinque autovetture nella disponibilità della società, auto in ordine a quattro quali il prevenuto, pur conservando la documentazione inerente la relativa proprietà, aveva riferito di averle in seguito perdute per demolizione o per furto ovvero ancora per sequestro da parte della Polizia. La Corte aveva tuttavia ritenuto che tali giustificazioni fossero non attendibili in quanto non supportate da alcun elemento di dettaglio e tantomeno da prove esibite nel processo.

Deduce:

1 – 2)La violazione dell’art. 192 c.p.p., e il vizio di motivazione in ordine alla configurazione del reato L. Fall., ex art. 2161.

Ingiustificatamente era stata ritenuta assente una valida spiegazione da parte della amministratore della società nel senso della non apprensione dei beni sociali.

Invece il ricorrente, dichiaratosi spontaneamente amministratore di fatto e trovato in possesso dei documenti relativi alle automobili, utilizzati dal curatore e poi dal PM per formulare la contestazione di distrazione, aveva fornito giustificazioni del tutto plausibili che avrebbero dovuto formare oggetto di accertamenti da parte de titolare della azione penale.

In particolare, circa la dichiarata demolizione di due autovetture – beni mobili soggetti a registrazione – una ricerca al PRA avrebbe consentito di appurare la veridicità o meno della dichiarazione dell’interessato;

3) La violazione dell’art. 216 e dell’art. 223 L. Fall.

La condotta in contestazione, consistente nella azione distrattiva dell’extraneus, avrebbe dovuto essere causa efficiente del dissesto economico della società fallita. Ed invece non era stato dato in sentenza prova del nesso causale tra l’azione del prevenuto e il fallimento;

4) la violazione dell’art. 133 c.p., essendo state negate le attenuanti generiche nonostante il buon comportamento dell’imputato, la risalenza del fatto reato e la circostanza che in relazione ad altro reati aveva beneficiato dell’affidamento in prova al servizio sociale completando il percorso della sanzione alternativa.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La Corte territoriale non è incorsa in vizi di motivazione o in violazione di legge nel ritenere sussistenti, a carico del ricorrente, tutti gli elementi costitutivi del reato di bancarotta fraudolenta delle autovetture di cui alla imputazione. I giudici si sono infatti attenuti al principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di prova del delitto di bancarotta fraudolenta, il mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni e di valori societari, a disposizione dell’amministratore, costituisce, qualora non sia da questi giustificato, valida presunzione della loro dolosa distrazione, probatoriamente rilevante al fine di affermare la responsabilità dell’imputato (Rv. 231411). Tale principio deve essere integrato con il rilievo che la giustificazione sulla destinazione del bene non può consistere in una mera allegazione o in attestazioni generiche ma, gravando sull’imputato, deve essere tale da vincere la presunzione semplice, attraverso elementi concreti e probatoriamente rassicuranti atti a dimostrare una destinazione del bene non in contrasto con gli interessi sociali. Nella specie la Corte territoriale ha in primo luogo rilevato che una delle cinque autovetture è stata venduta dall’imputato che ha intascato il ricavato: una condotta cioè atta a configurare oggettivamente e soggettivamente il reato in parola. Quanto alle altre quattro vetture gli stessi giudici hanno sostenuto, del tutto in linea coi sopradetti principi, che l’imputato si è limitato a generiche allegazioni, senza fornire le prove di quanto asseriva, prove che, tanto in caso di sequestro del bene quanto in caso di demolizione o di furto sono di regola in possesso dell’interessato. In altri termini, con ragionamento del tutto plausibile, la Corte territoriale non ha ritenuto che le giustificazioni addotte dall’imputato fossero atte a vincere la presunzione di distrazione su di esso gravante.

Per quanto poi concerne il terzo motivo di ricorso, se ne rileva addirittura la manifesta infondatezza.

La giurisprudenza di legittimità è costante – e del resto in linea con la lettera della legge – nel sostenere che la punibilità della condotta di bancarotta per distrazione non è subordinata alla condizione che la distrazione stessa sia stata causa del dissesto (Sez. 5, Sentenza n. 34584 de. 06/05/2008 Ud. (dep. 03/09/2008) Rv 241349; massime precedenti Conformi: N. 1833 del 1987 Rv. 176633; N. 8038 del 1998 Rv. 211638; Rv. 245350).

E ciò in quanto la nuova formulazione della L. Fall., art. 223, comma 2, introdotta dal D.Lgs. n. 61 del 2002, art. 4, che richiede il nesso di causalità tra l’operato dell’amministratore e il fallimento della società non riguarda la L. Fall., art. 223, comma 1, che, ai fini della condotta incriminata, fa riferimento al disposto di cui alla L. Fall., art. 216, il quale prescinde da qualsiasi nesso eziologico in rapporto al fallimento (Sez. 5, Sentenza n. 1694 del 04/11/2008 Ud. (dep. 16/01/2009) Rv. 242956.

Infondato è infine l’ultimo motivo di ricorso.

La Corte era titolare, in tema di concessione delle circostanze attenuanti generiche, di un potere discrezionale che soggiace al solo limite di una motivazione completa e rispettosa dei canoni di cui all’art. 133 c.p..

Nella specie tali canoni non possono dirsi disattesi atteso che il ragionamento della Corte per quanto espresso in maniera contratta, evidenzia la ritenuta preponderanza, nella valutazione dei parametri di cui alla norma citata, di quello, capace di delineare negativamente la capacità a delinquere del soggetto, costituito dalla quantità dei suoi precedenti penali.

La censura a tale ragionamento lambisce a inammissibilità poichè, celata dietro l’argomento della incongrua motivazione, si affaccia la sollecitazione ad una diversa ed autonoma valutazione delle emergenze di causa, rivolta inammissibilmente al giudice della legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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