T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 25-08-2011, n. 7089 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, Prof. E.D.G., è stato docente di ruolo presso l’Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, dapprima come professore incaricato di clinica odontoiatrica dal 1975, poi, dal 1980, come professore associato ed infine, dal 3.10.1987 -a seguito di concorso in cui è stato dichiarato idoneo all’esito di un contenzioso instaurato nel 1987 e definito favorevolmente al ricorrente con sentenza del TAR Lazio n. 1551/2003- come professore ordinario di ruolo di prima fascia con impegno a tempo pieno dal 3.10.1987 al 3.7.2003, data in cui è cessato dal servizio per dimissioni volontarie.

Ripercorre la complessa vicenda giudiziaria di cui è stato protagonista e che, nei suoi tratti essenziali e per quanto di interesse in questa sede, può essere così riassunta:

a)con decisione del Consiglio di Stato n. 92/1994 veniva respinta la domanda del ricorrente tendente ad ottenere la declaratoria dell’obbligo "dell’Università alla assegnazione di mezzi e strutture necessarie allo svolgimento dell’attività assistenziale", trattandosi di attività, di competenza del SSN, collaterale rispetto a quella del docente, e in considerazione, altresì, quanto alla pretesa del Prof. D.G. di essere adibito alla direzione di apposita clinica, della circostanza che lo stesso, in quanto professore associato, non ne possedeva i requisiti di qualifica normalmente richiesti;

b)con decisione n. 4628/2004, di conferma di sentenza n. 710/2003 del Tar Umbria, il CdS dichiarava poi inammissibile in base al principio del ne bis in idem la pretesa dell’istante alla preposizione a clinica odontoiatrica con mezzi e strutture tali da consentirgli di svolgere la professione intramuraria, e la pretesa risarcitoria, oltre che la domanda di convenzionamento, perché proposte contro l’Università mentre la decisione di non convenzionamento era stata adottata dall’Azienda Ospedaliera;

c)con sentenza del Tar Lazio n. 1551/2003 il Tar Lazio, dal canto suo, accoglieva il ricorso del Prof. D.G. contro l’esito di un concorso universitario indetto nel 1984 per l’idoneità a professore Ordinario, per cui a seguito dell’attività di relativa esecuzione della sentenza stessa il ricorrente veniva riconosciuto idoneo con decreto ministeriale 23.7.2004 con conseguente ricostruzione giuridicoeconomica di carriera ed attribuzione della qualifica di Professore Ordinario a decorrere dal 3.10.1987.

Ciò posto, rileva il Collegio che il ricorrente, con il ricorso di cui trattasi, insta per il risarcimento del danno subito assumendo che le ragioni del mancato riconoscimento del diritto alla preposizione ad una clinica universitaria sono state superate per effetto della sentenza n. 1551/2003 a seguito della quale il Prof. D.G. è risultato infatti vincitore del concorso a professore ordinario, e che tuttavia egli è stato privato dal 1975 del diritto di svolgere attività professionale intra moenia (integrandosi peraltro obbligatoriamente, per i professori universitari, le attività assistenziali con quelle di didattica e di ricerca), con conseguente danno da mancato esercizio di tale attività per 24 anni e 7 mesi (dall’11.11.75 al 3.7.2003) e mancato reddito mensile di lire 9.600.000 x 295 mesi pari a lire 2.832.000.000 ovvero ad euro 1.462.605,93.

Premesso quanto sopra, ritiene il Collegio di poter prescindere dall’eccezione, mossa dall’Avvocatura dello Stato, di prescrizione del diritto azionato, in quanto il ricorso è comunque privo di fondamento alla stregua delle considerazioni che seguono:

1)anzitutto, la qualifica di professore ordinario, che è alla base dell’azione risarcitoria, è stata conseguita dal Prof. D.G. a decorrere dal 3.10.1987, per cui il risarcimento del danno non potrebbe in ogni caso farsi decorrere, come richiesto dall’istante nel ricorso introduttivo, dall’11.11.1975;

2)nella decisione del CdS, VI, n. 4628/2004 era già stato tra l’altro affermato, in ordine alla pretesa del ricorrente al convenzionamento e all’attribuzione di direzione di una clinica odontoiatrica, che "dall’esito eventualmente favorevole del concorso non deriverebbe il soddisfacimento della pretesa in questione, trattandosi, come si è detto, di attività assistenziale che non afferisce strettamente al rapporto di servizio instaurato con l’Amministrazione universitaria e che non è quindi, suscettiva di essere ripristinata dalla decisione di annullamento". Per questo il ricorrente ha ora intimato, dopo il conseguimento della qualifica di professore di prima fascia, il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e il Ministero della Salute, ma ciò non basta per l’accoglimento della pretesa risarcitoria, che presupporrebbe infatti l’accertamento del diritto al convenzionamento e dell’illegittimità dell’intervenuto rifiuto della convenzione con il SSN. Peraltro tale accertamento non può essere effettuato in questa sede nemmeno in via incidentale ai soli fini risarcitori, posto che il convenzionamento e l’attribuzione di incarichi direzionali implicano esercizio di poteri discrezionali ed autoritativi non vincolati al mero conseguimento da parte del ricorrente della qualifica di professore ordinario, e quindi non surrogabili da parte del giudice amministrativo;

3)e comunque, il ricorrente non risulta essersi a suo tempo attivato ritualmente (con ricorsi ammissibili proposti contro i soggetti effettivamente legittimati) avverso gli atti di rifiuto della convenzione con il SSN, o proponendo atti formali di messa in mora o azioni giurisdizionali contro la competente USL o l’Azienda Ospedaliera di Perugia ovvero, ai sensi dell’art. 50 della legge n. 132/1968, contro i Ministeri della P.I. e della Sanità (ai quali, stando a quanto risulta dalla menzionata pronuncia 4628/04, era stata demandata dall’Università di Perugia la decisione in ordine all’"inserimento in convenzione del Prof. D.G."). Al riguardo, deve infatti tenersi conto del fatto che l’esercizio della libera professione intramuraria (nel cui mancato esercizio consisterebbe il danno lamentato), in strutture sanitarie convenzionate con il SSN, è possibile anche per il professore associato, a prescindere dall’incarico apicale, e che comunque lo stesso associato può ottenere, nell’ambito della convenzione con il SSN, incarichi adeguati alla sua qualifica, oltre che la direzione di una clinica in presenza dei presupposti di cui all’art. 102 del DPR n. 382/1980. Per cui ove il ricorrente si fosse attivato ritualmente ai fini della convenzione, anche semplicemente sulla base della qualifica posseduta, avrebbe probabilmente potuto evitare il danno. La mancata attivazione, da parte del ricorrente, dei rimedi e degli strumenti di tutela atti ad evitare il danno spezza peraltro il nesso causale tra atto lesivo e pregiudizio, integrando violazione dell’obbligo di cooperazione e di auto responsabilità ex art. 1227 c.c., impedendo quindi nella specie il risarcimento del danno stesso (cfr. CdS, Ad. Pl. n. 3/23.3.2011);

4)né il ricorrente può sostenere che ogni azione sarebbe stata inutile in assenza della qualifica di professore ordinario, posto che, come può desumersi anche dalla lettura delle decisioni del CdS n. n. 92/1994 e n. 4628/2004 nonchè del TAR Umbria n. 702/2003, tale qualifica è richiesta per l’incarico primariale ma non per il convenzionamento (che era stato comunque proposto dall’Ateneo e che costituisce questione preliminare e diversa rispetto ai possibili incarichi dei docenti interessati ad essere in esso inseriti);

5)il danno paventato è infine del tutto ipotetico, dal momento che l’esercizio di una libera professione, anche intramuraria, non comporta, per ogni singolo medico, guadagni certi computabili con certezza ex ante, presupponendo pur sempre che le scelte dei pazienti si indirizzino, accedendo a modalità di visite mediche in forma libero professionale, verso determinate strutture e determinati sanitari. L’an e il quantum degli introiti libero professionali non sono dunque certi e predeterminabili, per cui semmai il danno, in una situazione quale quella di cui trattasi, potrebbe essere visto – sia sotto il detto profilo che in relazione alla discrezionalità della convenzione – sub specie di perdita di chance, ma l’azione non è affatto proposta in questi termini, chiedendosi invece da parte del ricorrente il risarcimento di un danno certo, che in quanto tale non sussiste.

Ritiene conclusivamente il Collegio che non sussistano nella specie i presupposti di responsabilità e di colpa delle Amministrazioni intimate, nonché gli estremi di un danno risarcibile imputabile, nei termini in cui è stato richiesto dal ricorrente, alle amministrazioni evocate in giudizio, dovendosi quindi respingere l’azione risarcitoria proposta.

Le spese, tuttavia, sussistendo motivi di equità apprezzabili in relazione alla particolarità della vicenda, inducono il Collegio a compensare, tra le parti, le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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