T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 26-08-2011, n. 282 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente è imprenditore agricolo e coltivatore diretto in Castelleone di Deruta. Ha realizzato abusivamente sui propri terreni, in località Barbasella (a suo dire, intorno alla metà degli anni "80; secondo il Comune di Deruta, nel 1992: quel che è sicuro, è che un accertamento formale della loro esistenza da parte del Comune è intervenuto solo nel 1993), alcuni annessi agricoli.

A seguito dell’accertamento degli abusi, in data 12 gennaio 1994, il ricorrente ha chiesto la sanatoria ai sensi dell’articolo 13 della legge 47/1985. Ricevuto un diniego dal Comune di Deruta (in data 28 gennaio 1994, confermato in data 4 luglio 1996 – su istanza prot. 6961/1996 – e 23 ottobre 1997 – su istanza prot. 13323/1997), lo ha impugnato dinanzi a questo Tribunale. Il ricorso è stato accolto con sentenza 8 settembre 2005, n. 431, nella quale, oltre ad affermare che il Comune aveva considerato preclusive della sanatoria previsioni urbanistiche vincolistiche che all’epoca avevano già perduto efficacia, il Tribunale ha precisato che dall’annullamento del diniego deriva l’obbligo del Comune di riesaminare le istanze di sanatoria con riferimento alla disciplina protempore vigente, rappresentata dal P.R.G. nelle more (in data 19 luglio 2002) adottato. Il ricorrente ha impugnato, in quest’ultima parte appena evidenziata, la sentenza; il giudizio di appello è pendente.

Negli anni successivi il ricorrente ha effettuato, sempre senza titolo autorizzatorio, ulteriori interventi su detti manufatti.

2. Il Comune di Deruta ha poi adottato provvedimenti sanzionatori volti al ripristino dello stato dei luoghi (da ultimo, l’ordinanza n. 42 in data 27 maggio 2008, nella quale vengono descritti puntualmente i manufatti contrassegnati con A, B, C, D, oltre che un muro di sostegno e contenimento ed un cancello metallico, oggetto della demolizione).

3. In data 7 agosto 2008, il ricorrente ha nuovamente chiesto un permesso di costruire in sanatoria, questa volta ai sensi dell’articolo 34 della l.r. 11/2005; nella relazione allegata alla domanda, il tecnico incaricato ha evidenziato che i manufatti coincidono – eccettuate alcune "minime discordanze riconducibili alle attività manutentive e di ristrutturazione rese necessarie dalla vetustà degli stessi ed al fine di evitarne il crollo" – con quelli oggetto della domanda del 1994. Riguardo al fabbricato A, il tecnico ha precisato che la ristrutturazione aveva comportato una lieve modifica delle misure in pianta, consistendo "nella realizzazione di struttura portante in cemento armato gettato in opera, solaio di copertura con travi in legno e tamponatura in muratura di laterizio e rivestimento in pietra faccia a vista (…)".

La sanatoria è stata negata dal Comune con provvedimento prot. 2773 in data 19 febbraio 2009.

4. In data 29 aprile 2009, il ricorrente – dopo aver presentato una nuova domanda di sanatoria per alcuni dei manufatti di cui all’ordinanza n. 42/2008- ha presentato, per il fabbricato A, un piano di recupero con cambio di destinazione d’uso (in senso abitativo), ai sensi dell’articolo 35, comma 8, della l.r. 11/2005.

Il Comune, con d.G.C. n. 382 in data 29 dicembre 2009, ha rigettato anche il predetto piano attuativo, rilevando, in sintesi, che il manufatto (A) "risultava a tutti gli effetti abusivo e quindi non trasformabile ai sensi dell’art. 35 della l.r. 11/2005.". Ciò, dopo una descrizione cronologica delle vicende urbanisticoedilizie dell’abuso; in particolare, a motivazione del diniego – oltre a rilevare una discordanza nelle rappresentazioni planimetriche del manufatto – viene precisato che "- l’immobile non era esistente alla data del 13/11/1997, in quanto lo stesso, è stato realizzato abusivamente nell’anno 2008, non è stato legittimato da alcun provvedimento di sanatoria ed è inoltre pendente sullo stesso ordinanza di demolizione; – l’attuale immobile è il risultato della ristrutturazione di un manufatto preesistente costruito abusivamente, di diverse dimensioni (minore superficie utile coperta pari a mq. 7,33) e costruito da materiali diversi per il quel non risulta rilasciato alcun provvedimento di sanatoria (…);- l’immobile oggetto dell’intervento è ricompreso nella fascia di transizione di 50 mt. dalla limitrofa scheda boscata; in detti ambiti l’intervento di ristrutturazione urbanistica previsto dal progetto non è consentito ai sensi e per gli effetti dell’art. 25 delle NTA del PRG, parte strutturale; ".

5. Il ricorrente impugna detto ultimo diniego n. 382/2009 (unitamente agli atti procedimentali presupposti, ed ai provvedimenti precedentemente adottati riguardo al manufatto, tra cui il diniego prot. 2773 in data 19 febbraio 2009 e l’ordinanza n. 42 in data 27 maggio 2008).

5.1. Il ricorrente sostiene anzitutto che i presupposti individuati nel diniego sono erronei, in quanto:

– l’esistenza del manufatto (A) in data anteriore al 1994, e la sua conformità all’allora vigente P.R.G. sarebbe stata accertata dalla sentenza n. 341/2005;

– la coincidenza del manufatto attuale, quanto ad ubicazione e consistenza, con quello oggetto della sanatoria del 1994, risulterebbe dagli atti e dalla relazione tecnica menzionati ai punti precedenti (la minore superficie coperta, peraltro pari ad appena 7,33 mq., a dire del ricorrente si spiega con il computo anche del pollaio adiacente al manufatto).

Sussisterebbero pertanto tutti i presupposti richiesti dall’articolo 38, comma 5, della l.r. 11/2005 (ed in particolare, l’esistenza dell’immobile alla data del 13 novembre 1997), per effettuare la ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso.

5.2. Il diniego sarebbe comunque non sufficientemente motivato e frutto di difetto di istruttoria, posto che, in particolare, non sono adeguatamente considerate l’identità del manufatto e la circostanza che sul piano di recupero si era espressa favorevolmente la Commissione comunale per la qualità architettonica ed il paesaggio.

5.3. L’intervento sarebbe conforme all’articolo 25 delle N.T.A., in quanto all’epoca della realizzazione del manufatto il bosco aveva una minore estensione, e comunque è dubitabile che il "bosco" soddisfi i requisiti stabiliti dall’articolo 5 della l.r. 28/2001 (ciò che renderebbe necessario approfondire la situazione dei luoghi).

D’altro canto, l’articolo 25 consente gli interventi previsti dall’articolo 10 sulle strutture esistenti; e l’intervento dovrebbe ritenersi in ogni caso consentito, alla luce degli articoli 42 e 67 delle N.T.A.

5.4. Il presunto sconfinamento del manufatto, deriva da un errore materiale nell’inserimento di dati nelle mappe catastali, che in ogni caso risulterebbe ininfluente ai fini della sanatoria.

5.5. Gli esiti della domanda di sanatoria del 2008 sarebbero inconferenti rispetto al piano attuativo, trattandosi di procedimenti basati su normative e presupposti distinti.

6. Il Comune di Deruta si è costituito in giudizio e controdeduce puntualmente.

E’ intervenuta ad opponendum la proprietaria di immobili vicini al manufatto in questione.

7. La ricorrente sostiene l’inammissibilità dell’intervento.

Il Collegio, al riguardo, rileva che il titolare di un interesse di mero fatto a contrastare il ricorso principale può assumere non la veste di controinteressato in senso formale e sostanziale, bensì quella succedanea che legittima l’intervento ad opponendum, tipico del processo amministrativo (cfr. Cons. Stato, V, 13 giugno 2008, n. 2970; IV, 10 giugno 2010, n. 3692). Con specifica attinenza alla controversia in esame, è stato ritenuto ammissibile l’intervento proposto da terzi avverso una sanzione per un fabbricato abusivamente costruito, spiegato dal soggetto residente nella stessa zona o in località viciniore, avendo costui un interesse mediato e riflesso alla definizione della controversia (Cons. Stato, V, 27 agosto 1999, n. 1006).

Può aggiungersi, sotto il profilo della differenziazione della posizione dell’odierna interventrice, che essa è confinante con la proprietà del ricorrente all’interno della quale ricade il manufatto in questione, oltre che proprietaria dell’area boscata che precluderebbe la realizzazione dell’intervento ai sensi dell’articolo 25 delle N.T.A., e pertanto – in applicazione del criterio della vicinitas, ossia dello stabile collegamento con la zona interessata dall’intervento – non le si può negare l’interesse ad intervenire per avversare le impugnazioni di atti che impediscono trasformazioni del territorio a lei non gradite.

8. L’interventrice pone una questione di inammissibilità del ricorso, nella parte in cui viene chiesto l’annullamento dei provvedimenti pregressi.

E’ indubbio che l’impugnazione di detti provvedimenti, ed in particolare dell’ordinanza di sospensione lavori n. 11/2008 – notificata al ricorrente in data 28 maggio 2008, del diniego di sanatoria prot. 2773/2009 – notificato in data 28 febbraio 2009, nonché dell’ordinanza n. 42/2008 – notificata al ricorrente in data 6 giugno 2009, risulti tardiva, posto che il ricorso è stato notificato al Comune soltanto in data 4 giugno 2010. E che ne consegua l’irricevibilità, in parte qua, del ricorso.

Da ciò non discende però, come vorrebbe l’interventrice, anche l’inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnazione della d.G.C. n. 382/2009, posto che detto diniego concerne un procedimento diverso ed autonomo (e risolvendosi, semmai, l’inoppugnabilità degli atti predetti in motivo di infondatezza delle censure prospettate avverso il diniego di approvazione del piano attuativo).

L’inammissibilità dell’impugnazione della d.G.C. n. 382/2009, non può derivare nemmeno – anche in questo caso, si tratta di eccezione sollevata dall’interventrice – dal fatto che il manufatto (A) risultasse in parte insistente sulla particella 264, di proprietà di terzi, non intimati in giudizio. Quale che sia il motivo di tale risultanza catastale (e quindi, prescindendo dallo stabilire se si tratti di un errore di rappresentazione, come sostiene il ricorrente), il Collegio osserva che la posizione delle proprietarie della particella n. 264 non è necessariamente qualificabile come quella di controinteressate al ricorso, non potendosi postulare che il loro interesse sia (nel senso della demolizione, o quanto meno nel mantenimento a destinazione rurale del manufatto) e non invece alla approvazione della ristrutturazione urbanistica progettata dal ricorrente.

9. Il ricorso, nella parte concernente l’impugnazione della d.G.C. n. 382/2009, è infondato e deve pertanto essere respinto.

9.1. Occorre anzitutto precisare che – contrariamente a quanto più volte affermato dal ricorrente – la sentenza n. 431/2005 di questo Tribunale nulla statuisce sulla legittimità del manufatto (e degli altri indicati in narrativa), ma si limita ad indicare i parametri della valutazione in sanatoria demandata al Comune di Deruta.

9.2. L’articolo 38 della l.r. 11/2005 prevede, al comma 5, che "Per gli edifici rurali esistenti, non adibiti a residenza, sono consentiti gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia ed urbanistica, al fine di migliorare la qualità strutturale e favorire la riqualificazione urbanistica e ambientale"; al comma 8 (come modificato dalla l.r. 13/2009, attuativa del c.d. Piano casa) prevede che "Per gli edifici rurali esistenti alla data del 13 novembre 1997, non adibiti a residenza, gli interventi di cui al comma 5 possono comprendere anche il cambiamento di destinazione d’uso, come previsto al comma 7, purché tali edifici siano in muratura o a struttura in cemento armato o metallica chiusa almeno su tre lati e purché ricadenti anche a seguito degli interventi di ristrutturazione urbanistica, nelle aree dove sono già presenti edifici di tipo abitativo, o ricettivo, entro cinquanta metri da questi e limitatamente a una superficie utile coperta di duecento metri quadri per ciascuna impresa agricola o proprietà fondiaria, anche in caso di frazionamento e trasferimento della proprietà successivamente al 13 novembre 1997, da realizzare in un unico edificio".

9.3. L’articolo 32, comma 2, lettera c), chiarisce che "edifici esistenti, ai fini dell’articolo 35, commi 1, 5, 7 e 8: sono quelli presenti e legittimati nel territorio destinato dagli strumenti urbanistici generali a usi agricoli, purché siano stati ultimati i lavori relativi alle strutture alla data del 13 novembre 1997; ".

Si potrà discutere se la disposizione richieda soltanto che, alla data del 13 novembre 1997, siano ultimati i lavori, o anche che l’edificio sia stato "legittimato", ma non sembra dubitabile che anche quest’ultimo requisito debba sussistere almeno al momento della richiesta di applicazione dell’articolo 35, comma 8.

9.4. Sembra poi indubbio che l’annesso in questione – così come, del resto, le altre opere abusive realizzate dal ricorrente – necessitasse di un titolo edilizio, che però non risulta rilasciato.

L’esposizione delle vicende pregresse dimostra che più volte il ricorrente ha chiesto la sanatoria, senza ottenerla.

E’ vero che la questione della sanabilità delle opere in base alla domanda originaria del 1994 è ancora aperta, in quanto un’eventuale riforma in appello della sentenza n. 431/2005 potrebbe stabilite che la sanatoria debba essere valutata ora per allora, senza considerare le previsioni (a quanto sembra, preclusive) introdotte dal P.R.G. del 2002. Tuttavia, allo stato, non può certo sostenersi che il manufatto (A) debba essere considerato "legittimo".

Tanto basta per dimostrare la mancanza dei requisiti richiesti dall’articolo 35, comma 8, della l.r. 11/2005, al fine dell’approvazione del piano di recupero con cambio di destinazione d’uso, proposto dal ricorrente.

9.5. Le censure incentrate sulla contraddittorietà rispetto alle valutazioni della Commissione comunale non sono apprezzabili, posto che la Commissione ha preso in considerazione soltanto profili di compatibilità dell’inserimento del manufatto nel contesto territoriale, senza considerare le previsioni limitative contenute nelle N.T.A. e nella normativa regionale.

9.6. Le censure che invocano l’applicazione degli articoli 42 e 67 delle N.T.A. non possono rilevare, in quanto dette disposizioni – che astrattamente sembrano consentire largamente interventi di ristrutturazione e cambio di destinazione, rispettivamente dello "spazio extraurbano" e degli "edifici sparsi" non possono essere applicate derogando alla specifica disciplina normativa degli interventi dettata dagli articoli 35 e 32, succitati, ai quali sia la domanda del ricorrente sia il diniego impugnato fanno riferimento.

9.6. Le considerazioni esposte valgono a sottrarre alle censure dedotte il fondamentale motivo posto a supporto del diniego impugnato.

Resterebbe da esaminare la questione se, per effetto delle (incisive) trasformazioni subite dal manufatto prima che il ricorrente chiedesse nuovamente la sanatoria nel 2008, si possa ancora parlare di un manufatto preesistente, o non si debba piuttosto considerare "nuova costruzione", priva di un collegamento con quella esistente alla data del 13 novembre 1997, e quindi della mancanza – sotto quest’altro profilo – dei presupposti per applicare l’articolo 35, comma 8.

Questione la cui decisione richiederebbe – sul punto convergono le prospettazioni della parti private – un approfondimento istruttorio. Vale comunque la pena di precisare che il ricorrente cerca di sostenere che in realtà il manufatto (A) non avrebbe mutato superficie (cfr. supra, punto 5.1.), senza avvedersi che le differenze nelle dimensioni esposte dal Comune coincidono con quelle dichiarate dal tecnico da lui incaricato, e richiamate nel ricorso stesso.

La stessa esigenza istruttoria presentano altre due questioni oggetto di censure:

– quella che, ai fini della effettiva applicabilità del divieto dettato dall’articolo 25 delle N.T.A., evoca la effettiva consistenza dell’area boscata (peraltro, la difesa delle parti resistenti ha ribadito che quella in questione è area boscata non soltanto "di fatto", ma anche "di diritto", in quanto censita come tale dal vigente P.R.G., e le relative previsioni non sono state impugnate);

– quella relativa alla effettiva collocazione planimetrica del manufatto "ristrutturato" ed alla effettiva proprietà del sedime. Può prescindersi dall’approfondire dette questioni, per economia di giudizio,

10. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte irricevibile ed in parte lo respinge, nei sensi indicati in motivazione.

Condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, in favore di ciascuna delle controparti costituite, per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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