T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 29-08-2011, n. 1319 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito dell’informativa della Questura di Arezzo con la quale si riferiva che il ricorrente era stato deferito alla competente Autorità giudiziaria, per omessa custodia di armi, il Prefetto della provincia di Arezzo, con provvedimento del 27 novembre 2008, disponeva a carico dell’interessato il divieto di detenere qualsiasi tipo di arma, munizioni o altro materiale esplodente, nonché la revoca del porto d’armi per difesa personale.

Avverso tale atto il ricorrente proponeva ricorso gerarchico al Ministro dell’interno il quale, con il decreto in epigrafe, lo rigettava ritenendo l’insussistenza di argomentazioni idonee a consentire la riforma delle determinazioni adottate dal Prefetto.

Contro tale atto ricorre il sig. C. chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 43 TULPS e dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza di istruttoria. Violazione dei principi generali dell’ordinamento

2. Violazione del giusto procedimento. Violazione degli artt. 7 e 8 della l. n. n. 241/1990.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 377 depositata il 21 maggio 2010 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del 15 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame viene impugnata la decisione resa dal Ministero dell’Interno con la quale è stato respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso il provvedimento del Prefetto della Provincia di Arezzo con cui era stato disposto, a carico dell’interessato, il divieto di detenere qualsiasi tipo di arma, munizioni o altro materiale esplodente, nonché la revoca del porto d’armi per difesa personale.

Ricorso e suscettibile di accoglimento.

Assorbente rilievo va assegnato a quanto dedotto con il primo motivo con cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 43 TULPS e l’eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei fatti e carenza di istruttoria da cui sarebbe affetto il provvedimento impugnato.

La tesi merita condivisione.

L’art. 43, comma 2°, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 stabilisce che, per quanto di interesse ai fini della controversia "La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi".

Il divieto e la revoca della licenza di detenzione delle armi costituisce, dunque, un potere che, nei casi in cui il suo esercizio non sia vincolato, implica una valutazione discrezionale in ordine all’affidabilità del titolare della licenza ai fini dell’uso dell’arma, sulla base di fatti i quali, nell’apprezzamento che ne fa l’amministrazione, possono indurre in quel momento a ipotizzare da parte del titolare un uso improprio dell’arma, (Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2009, n. 7774).

Si è, tuttavia, osservato che l’esistenza di un potere ampiamente discrezionale per l’amministrazione nel formulare un giudizio prognostico circa l’abuso delle armi ai sensi del rammentato art. 43 non esime l’organo statale dall’obbligo di esternare le ragioni del giudizio negativo in proposizioni dotate di sufficiente coerenza e consequenzialità logica, in particolare manifestando la sussistenza e la rilevanza dei presupposti di fatto di tale valutazione, in modo che risultino adeguate e conseguenti le conclusioni (Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2011, n. 360)

Invero, pur riconoscendosi in materia, in capo all’Autorità di pubblica sicurezza, un’ampia discrezionalità nell’apprezzamento delle situazioni ostative al rilascio o al rinnovo della licenza, è tuttavia necessario che sia esternato non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 6 aprile 2010, n. 980).

Occorre, cioè, nell’ipotesi in cui non si rinvenga un precedente penale di per sé ostativo che, oltre ad evidenziare le circostanze di fatto poste a fondamento del provvedimento, l’Amministrazione esterni, con una motivazione adeguata, l’iter logico che da tale fatto conduce al giudizio negativo in ordine all’affidabilità del soggetto interessato, escludendo perciò ogni automatismo in tal senso.

Viene in rilievo, sul punto, come osservato dalla giurisprudenza, la necessità che, a salvaguardia del principio di coerenza dell’agire dell’Amministrazione, nonché del legittimo affidamento del privato cittadino nei confronti di esso, l’Amministrazione fornisca, in caso di diniego seguito ad una pluralità di rinnovi del titolo di polizia, una motivazione congrua ed incisiva che dia conto delle sopravvenute circostanze ostative e del mutato interesse pubblico al rilascio della licenza (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 22 ottobre 2009, n. 4856; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 27 gennaio 2010, n. 36).

Nella fattispecie, il giudizio di inaffidabilità scaturisce dal deferimento all’A.G. per omessa custodia di armi, ex art. 20 bis l. n. 110/1975, conseguente alla denuncia, presentata dallo stesso C., per il furto della pistola subito in data 13 novembre 2008.

Come si evince dalla stessa relazione in atti della Prefettura di Arezzo, l’arma era custodita nella autovettura del ricorrente dalla quale il medesimo si era per breve tempo allontanato per cercare il proprietario di un’altra vettura che ostruiva l’accesso alla propria azienda.

Le modalità con le quali è avvenuta la sottrazione dell’arma sono tali che il p.m. della Procura della Repubblica di Arezzo, procedente per il reato di cui sopra, ne ha chiesto l’archiviazione "perché il fatto non sussiste", ritenendo persuasiva la versione del denunciante che, nella circostanza, non avrebbe posto in essere le condotte omissive e negligenti necessarie ad integrare la fattispecie di cui all’art. 20 bis l. n. 110/1975.

Per contro, la Questura e il Prefetto di Arezzo, senza alcuna particolare motivazione, né il conforto di sufficienti riscontri in punto di fatto, ha ritenuto di poter enucleare, dalla mera circostanza della denuncia, un giudizio di inaffidabilità che, per quanto detto, appare apodittico oltre che viziato per insufficienza di istruttoria.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere accolto conseguendone l’annullamento dell’atto impugnato.

Le spese di giudizio possono, peraltro, trovare compensazione tra le parti, attesa la peculiarità in fatto della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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