Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 29-07-2011, n. 30251

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.A. era imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 22197, art. 51, comma 1, per avere effettuato attività di raccolta di rifiuti nel sito ubicato in via (OMISSIS) a lui in uso, consistenti in autovetture fuori uso, ciclomotori rottamati, elettrodomestici ed altro materiale ferroso in abbandono (acc. in data 2/2/06 in (OMISSIS)).

In conseguenza di opposizione a decreto penale di condanna, in data 05 marzo 2009 il Giudice per le indagini Preliminari del Tribunale di Patti disponeva la citazione a giudizio dell’ A. per rispondere del reato suddetto.

All’esito dell’attività istruttoria il Tribunale di Patti, sezione distaccata di S. Agata Militello, con sentenza del 20 settembre – 20 dicembre 2010, dichiarava A.A. colpevole del reato a lui ascritto e riconosciute le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di Euro 5000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali; concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinata alla eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato, da realizzarsi mediante bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

2. Osservava il tribunale che in data 2 febbraio 2006, nel corso di un servizio perlustrativo finalizzato, tra l’altro, alla prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale, i militari della Guardia di Finanza – Tenenza di Capo d’Orlando – accertavano che in via (OMISSIS), su un terreno privato di circa 150 mq, adiacente all’edificio ove abitava l’imputato, recintato da un muretto in cemento, confinante con la strada comunale, privo di chiusura, erano stati raccolti ciclomotori rottamati, autovetture in pessimo stato d’uso e privi di targhe e altro materiale ferroso in stato di abbandono, oltre che alcuni elettrodomestici fuori uso.

Sino al 31 settembre 2005 l’imputato aveva esercitato l’attività di riparazione di motocicli e ciclomotori, sempre nella via (OMISSIS) ma ad un civico diverso.

Al momento dell’accertamento l’imputato era presente sui luoghi e si impegnava a bonificare il terreno. Ciò nonostante, alla data di udienza della deposizione dei verbalizzanti, tutto il materiale era ancora presente sui luoghi (come risultava anche dalla deposizione dei testi T. e I.).

Nessun dubbio poteva sussistere – secondo il tribunale – sulla natura di "rifiuto" del materiale rinvenuto, trattandosi di cose dismesse, fuori uso, vetuste e in evidente stato di abbandono e di degrado.

La condotta criminosa era da ascrivere all’imputato; in tal senso militano plurimi, gravi e convergenti indizi: a) i rifiuti erano stati raccolti su un terreno, parzialmente recintato, adiacente all’immobile nel quale abitava l’imputato; b) gran parte del materiale rinvenuto era della stessa natura di quelli relativi all’attività che l’imputato aveva svolto sino ad alcuni mesi prima del controllo; c) l’imputato era presente sui luoghi al momento del controllo e si era impegnato a bonificare il terreno.

I tribunale quindi riteneva che ad effettuare l’attività di raccolta dei rifiuti fosse stato l’imputato; il quale, poi, non era comparso a nessuna delle udienze e non si era sottoposto all’esame chiesto dalla sua stessa difesa, rinunciando a fornire una versione dei fatti diversa da quella fatta palese dalle emergenze istruttorie.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con cinque motivi.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso, articolato in cinque motivi, il ricorrente deduce da una parte che la contumacia dell’imputato e quindi il su silenzio in ordine alla contestazione non può avere il significato di ammissione del fatto contestato (primi due motivi e quarto motivo);

d’altra parte contesta la sussistenza della prova della riferibilità della condotta addebitatagli (terzo motivo); ed infine deduce l’estinzione del reato per prescrizione (quinto motivo).

2. Il ricorso non è fondato.

3. Quanto ai primi quattro motivi va ribadito quanto già affermato da questa Corte (Cass., sez. 4^, 9 febbraio 1996-28 marzo 1996, n. 3241) secondo cui il silenzio, garantito all’imputato come oggetto di un suo diritto processuale, non vale quale tacita confessione di colpevolezza; ma ciò, però, non può comportare una limitazione legale della sfera del libero convincimento del giudice sicchè la convinzione di reità può legittimamente basarsi sulla valorizzazione in senso probatorio di idonei elementi in ordine ai quali il silenzio dell’imputato viene ad assumere valore di mero riscontro obiettivo.

L’imputato può sì scegliere come strategia processuale di rimanere contumace e quindi di serbare il silenzio in ordine alla contestazione che gli viene mossa (cfr. Cass., sez. 5^, 22 dicembre 1998 – 23 febbraio 1999, n. 2337).

Ma, così facendo, rinuncia ad allegare una tesi difensiva che prospetti una ricostruzione dei fatti alternativa e diversa da quella in ipotesi emergente dalle risultanze probatorie del processo ed esonera il giudice dalla verifica controfattuale di queste ultime.

Emblematica è la vicenda processuale in esame.

Pacifico essendo l’accertamento di un’illecita attività di raccolta di rifiuti (consistenti in autovetture fuori uso, ciclomotori rottamati, elettrodomestici ed altro materiale ferroso), il tribunale si è posto il problema della riferibilità di tale condotta penalmente rilevante.

Il tribunale ha registrato come risultanze probatorie che il terreno dov’era avvenuta la raccolta di rifiuti era adiacente all’edificio dove abitava l’imputato; quest’ultimo in prossimità di questo sito aveva esercitato l’attività di riparazione di motorini e ciclomotori; al momento dell’accertamento l’imputato era presente sui luoghi e si impegnava a bonificare il terreno.

Questi gli elementi indiziari che orientavano verso l’affermazione della riferibilità della condotta illecita all’imputato.

A fronte di questi elementi indiziari il tribunale ha aggiunto:

"L’imputato, poi, non è comparso a nessuna delle udienze e non si è sottoposto all’esame chiesto dalla sua stessa difesa, rinunciando a fornire una versione dei fatti diversa da quella fatta palese dalle emergenze istruttorie".

Non si tratta di una valorizzazione del "silenzio" dell’imputato in chiave confessoria, come infondatamente sostiene la difesa del ricorrente, ma della corretta dichiarata astensione del giudice di merito dal verificare le ipotesi alternative; verifica non necessaria per mancanza di oggetto, ossia per mancata prospettazione da parte dell’imputato della sua ricostruzione dei fatti.

In sintesi, il giudice di merito per pervenire ad un convincimento di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio (art. 533 c.p.p., comma 1) non è tenuto a verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie allorchè l’imputato, avvalendosi del diritto al silenzio e rimanendo contumace nel processo, non offra al contraddittorio dibattimentale, dichiarandola, la sua verità dei fatti stessi.

4. Inammissibile, per manifesta infondatezza, è invece la censura (quinto motivo) relativa alla dedotta estinzione del reato per prescrizione giacchè si fonda, in punto di fatto, sulla allegata retrodatazione della condotta di illecita raccolta ed abbandono di rifiuti al momento (precedente rispetto all’ispezione e al sopralluogo dei verbalizzanti) di cessazione dell’attività di riparazione dei motocicli svolta dall’imputato, laddove il reato in questione ha natura permanente: cfr. Cass., sez. 3^, 21 ottobre 2010- 18 novembre 2010, n. 40850, che ha affermato che il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti è reato commissivo eventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa o con il sequestro del bene o con l’ultimo abusivo conferimento di rifiuti o con la sentenza di primo grado.

5. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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