Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 29-07-2011, n. 30244 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 578 emessa il 24/09/2009 il g.u.p. presso il Tribunale di Taranto dichiarava St.Pa., nato a (OMISSIS), responsabile: a) del reato di CUI agli artt. 81 cpv e 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., u.c. (in (OMISSIS)); b) del reato di cui agli artt. 81 cpv – 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., u.c. (in (OMISSIS));

c) del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 609 bis c.p., 609 ter e art. 56 c.p. (in (OMISSIS) sino ad epoca anteriore e prossima al (OMISSIS)), in danno di F.L.A., di anni sette, D.R.S. di anni sette, e S.M. di anni dodici; unificati i reati sotto il vincolo della continuazione e, applicata la diminuente per il vizio parziale di mente e, tenuto conto della riduzione per il rito speciale, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento durante la custodia cautelare. Lo St. veniva anche interdetto in perpetuo dai PP.UU. nonchè da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio e servizio in istituzioni o altre strutture pubbliche o private frequentate da minori. Era altresì applicata la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia per la durata di un anno.

Il giudice, nel formulare il giudizio allo stato degli atti, giungeva alla pronuncia di penale responsabilità, dopo la disamina delle emergenze istruttorie e documentali. L’accusa era stata formulata all’esito delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Taranto, per fatti relativi ad abusi sessuali commessi dallo St. quando era ancora minorenne.

Per tali fatti il predetto era stato condannato con sentenza del 2.4.2009 del tribunale di Taranto alla pena di anni tre di reclusione.

La contestazione di cui è processo concerne quindi i fatti delittuosi consumati dall’imputato nei confronti delle medesime persone offese, nel periodo successivo al raggiungimento della maggiore età. In particolare attraverso la deposizione "assistita" delle tre giovani vittime, era emerso che l’imputato aveva consumato diversi rapporti sessuali completi, anche di tipo anale, con il F., suo vicino di casa, ed amico di giochi, il quale veniva anche pesantemente minacciato qualora avesse rivelato tali fatti ad altri. L’imputato inoltre aveva commesso altri abusi sessuali, consistenti in toccamenti nelle zone intime ed in atti di autoerotismo, con la D.R. e lo S., amici del F., e spesso presenti in casa di quest’ultimo quando lo St. consumava le sue violenze sul predetto. I fatti erano stati accertati anche attraverso la deposizione testimoniale di A.A., madre del piccolo F., nonchè tramite una serie di riscontri documentali, di tipo medico e fotografico, acquisiti in occasione di una visita al pronto Soccorso dell’Ospedale di Taranto; vi era poi anche la consulenza tecnica affidata dal P.M. procedente al dott. C., il quale, dopo aver sottoposto a visita la parte lesa, aveva accertato che le lesioni riportate dal piccolo F. A., erano da ritenere traumatiche e compatibili con la violenza sessuale per via ano-rettale dallo stesso subita. Il medico poi ricollegava alcune delle lesioni da lui riscontrate in data 25.7.2008, con il coito consumato nei cinque giorni precedenti la visita. Riscontrava inoltre gli esiti di lesioni connesse a pregressi ripetuti abusi sessuali dello stesso tipo.

Il primo giudice motivava la sua pronuncia di condanna sulla scorta della piena attendibilità del racconto dei tre minorenni, parti offese, riscontrato oggettivamente dalle altre risultanze processuali; nonchè delle ammissioni fatte dall’imputato nel corso del suo interrogatorio dinanzi al g.i.p., in sede di convalida dell’arresto, in ordine agli abusi commessi ai danni del F..

Con la sentenza impugnata si riconosceva all’imputato la diminuente del vizio parziale di mente sulla base della perizia medico-legale affidata al dott. Sc.Fr.. Questi, incaricato di accertare l’esistenza di patologie psichiatriche nello St.

P. e la sua capacità d’intendere e di volere al momento del fatto, aveva concluso per la presenza di "notevoli fattori psicopatologici emotivi, affettivi, istintivi, suggestivi per una discreta compromissione dei poteri di critica e di giudizio. Risulta inficiata la comprensione dell’evento, incluse tutte le implicazioni etiche e giuridiche, e le conseguenze, per cui nel soggetto si ravvisa in definitiva, al momento del fatto, una condizione che scema grandemente, senza tuttavia annullarla totalmente, la capacità d’intendere e di volere". 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto tempestivo appello il difensore di fiducia dell’ imputato, munito di procura speciale.

All’udienza camerale per la trattazione del giudizio di secondo grado, nell’assenza dell’imputato, ricoverato presso una comunità terapeutica, regolarmente citato ed assente per rinuncia, preliminarmente il difensore di fiducia dello St., munito di procura speciale, rinunciava a tutti i motivi di appello, tranne che a quelli concernenti il trattamento sanzionatorio. Il P.G. prendeva atto di tale rinuncia.

Con sentenza del 12 luglio 2010 la Corte d’appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, in parziale riforma della sentenza emessa in data 24.9.2009 dal g.u.p. del Tribunale di Taranto, appellata dall’imputato St.Pa., riduceva la pena ad anni quattro di reclusione; confermava nel resto l’impugnata sentenza.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con due motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p.. Lamenta che per la corte d’appello avrebbe dovuto concedere le attenuanti generiche con conseguente riduzione della pena inflitta.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 81 c.p.. Secondo il ricorrente avrebbero dovuto essere considerate le circostanze oggettive e soggettive di cui all’art. 133 c.p. per determinare la pena in aumento per la continuazione in misura inferiore a quella fissata dalla corte d’appello.

2. Il ricorso infondato.

La corte d’appello ha puntualmente motivato in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche considerando la gravità dei reati che si erano protratti per un lungo periodo di tempo e che avevano provocato gravissimi danni di natura psicologica alle giovanissime vittime. In proposito questa Corte (Cass., sez. 3, 16 dicembre 2010 – 24 marzo 2011, n. 11963) ha affermato che il dovere di motivazione sulla ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è adempiuto dal giudice ove, con una pur sintetica espressione del tipo "al fine di meglio adeguare la pena al fatto", dia dimostrazione di avere valutato la gravità del fatto, che è uno degli indici normativi per la determinazione del trattamento sanzionatorio.

La Corte d’appello ha poi altresì motivato il calcolo della pena complessiva in ragione dell’aumento per la continuazione. Infatti ha considerato un aumento di due mesi di reclusione per la continuazione interna al reato e di ulteriori cinque mesi di reclusione per ciascuno degli ulteriori delitti di cui alla rubrica; e quindi complessivamente un anno di aumento per la continuazione.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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