Cass. pen., sez. VI 08-05-2007 (03-05-2007), n. 17632 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Presupposti – Rispetto delle garanzie costituzionali attinenti al giusto processo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Catanzaro disponeva la consegna all’autorità giudiziaria della Repubblica Federale di Germania, di M.G., cittadino italiano, colpito da mandato di arresto Europeo (MAE) emesso in data 12 gennaio 2006 dalla Procura (Staatsanwaltschaft) di Heidelberg, in relazione a una sentenza di condanna in data 29 novembre 2004 della Pretura (Amtsgericht) di Heidelberg, confermata dalla sentenza in data 24 febbraio 2005 del Tribunale (Landsgericht) di Heidelberg e in parte riformata con ordinanza in data 6 ottobre 2005 della Corte di Appello (Oberlandsgericht) di Karlsruhe, alla pena di anni due di reclusione, da cui andavano detratti giorni 154 per presofferto, per il reato di cessione continuata di sostanze stupefacenti, commesso in almeno varie occasioni relativamente a gr. 400 circa di hashish per volta, e, in una occasione, a gr. 25 di oppio, tra il novembre del 2003 e la fine di gennaio 2004.
Rilevato che si trattava di un cittadino italiano, la Corte di Appello, richiamato dalla L. 18 aprile 2005, n. 69, art. 19, comma 1, lett. c) riteneva di subordinare la consegna alla condizione che il medesimo, all’esito del procedimento, fosse "rinviato in Italia per scontare la pena comminata recte, irrogata".
Ricorre per cassazione il M., a mezzo del difensore Avv. Attisani Vincenzo Fulvio, il quale deduce:
1. violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 1, lett. c), (recte, lett. c), e art. 4, lett. a), mancando nel MAE la descrizione delle circostanze del reato, compresi il momento, il luogo e il quadro (recte, il grado) di partecipazione del ricercato e non essendo ad esso allegata una relazione sui fatti addebitati con l’indicazione del tempo e del luogo di commissione dei fatti.
Anche nelle sentenze emesse dall’autorità tedesca manca l’individuazione del momento e del luogo di consumazione dei reati attribuiti al M..
2. Inosservanza della L. n. 69 del 2005, art. 2, comma 1, lett. b), non essendo stati rispettati i principi contenuti nella Costituzione della Repubblica attinenti al giusto processo, dato che, come si ricava dal MAE e dalla documentazione trasmessa, si è pervenuti alla condanna del M. sulla base delle dichiarazioni di un commissario di polizia che aveva riferito quanto appreso da tale C.R., il quale in dibattimento si era avvalso della facoltà di non rispondere; inoltre non era stato contestato all’imputato nè il luogo nè il momento di consumazione del reato nè la quantità di sostanze stupefacenti nè i principi attivi dei singoli quantitativi.
3. Erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. c), e relativa mancanza di motivazione, posto che tale norma è collegata alla ipotesi in cui la consegna debba essere effettuata "ai fini di un’azione penale", mentre nella specie la consegna del M. è stata richiesta per l’esecuzione di una pena detentiva, sicchè andava applicato dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r), e conseguentemente rifiutata la consegna, dovendosi disporre che la pena fosse eseguita in Italia conformemente al diritto interno.
4. Inosservanza della L. n. 69 del 2005, art. 16, comma 1, posto che, mancando una traduzione in lingua italiana della ordinanza in data 6 ottobre 2005 della Corte di Appello di Karlsruhe, che si era pronunciata in ultima istanza, la consegna avrebbe dovuto essere rifiutata, a norma della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 6. 5. Superamento dei termini di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2, dato che il M. è stato tratto in arresto il 15 gennaio 2007 e in data 17 gennaio successivo gli venne applicata la misura della custodia cautelare in carcere, mentre la decisione della Corte di Appello è intervenuta il 23 marzo 2007, e cioè oltre il termine inderogabile di sessanta giorni previsto da tale norma.
6. Incompatibilità del Consigliere relatore, Dott. Marchiano Maria Vittoria, che prima aveva convalidato l’arresto e applicato al M. la misura della custodia cautelare in carcere, entrando nel merito dei presupposti per la consegna, e poi ha fatto parte del Collegio che ha emesso la sentenza impugnata, dalla medesima stesa sulla base di considerazioni che erano state anticipate nel provvedimento cautelare.
7. Quanto alla misura cautelare, mancanza e illogicità della motivazione circa il pericolo di fuga, incongruamente ravvisato per il fatto che il M. aveva fatto rientro in Italia dopo la cessazione della misura cautelare in Germania e non aveva acconsentito alla consegna all’autorità giudiziaria tedesca.
8. Vizio di motivazione sul medesimo punto, dato che, considerato il presofferto, il M. deve scontare una pena di anni uno, mesi quattro e giorni ventidue di reclusione sicchè per essa non può essere applicata nessuna misura cautelare e comunque, trattandosi di pena da scontare in Italia, si applicherebbero gli istituti della sospensione condizionale della pena e delle misure alternative alla detenzione.
9. Infine, trattandosi di esecuzione di pena in Italia, si renderebbe applicabile l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, in relazione alla L. n. 334 del 1988, art. 12.
DIRITTO
1. Contrariamente a quanto dedotto, i fatti per i quali il M. ha riportato condanna sono sufficientemente descritti nelle sentenze in atti, essendo stato accertato che egli, tra il novembre del 2003 e la fine di gennaio 2004, nel suo appartamento in Germania, ove risiedeva, vendette e consegnò a tale C.R. in varie occasioni gr. 400 circa di hashish per volta al prezzo di Euro 20,60 – 20,70, e, in una occasione, precisamente nel ristorante "American Bar" di Dossenheim, gr. 25 di oppio al prezzo di 20,00 Euro al grammo.
Proprio in considerazione della ritenuta insufficiente indicazione dei riferimenti spazio – temporali di alcuni episodi di cessione, la Corte di Appello di Karlsruhe ha, con estremo scrupolo, pronunciato una parziale decisione assolutoria, riducendo la relativa pena.
2. Non rileva, ai fini della decisione sulla consegna, il fatto che l’ordinamento dello Stato emittente presenti garanzie che possano apparire, in tesi, meno soddisfacenti di quelle dell’ordinamento italiano quanto alle specifiche norme che si ispirano ai principi di oralità e del contraddittorio.
Ciò che conta, come rilevato da sez. un., sent. 30 gennaio 2007, Ramoci, è che siano rispettati i canoni del "giusto processo" come definiti dalle Carte sovrannazionali e in particolare dalla Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950, e quindi, per ciò che qui interessa, quelli condensati nell’art. 6, che sono del resto quelli cui si richiama il novellato art. 111 Cost..
In ogni caso, come si desume dalle sentenze di primo e di secondo grado emesse dall’autorità giudiziaria tedesca, la sentenza di condanna si è fondata proprio sulle dichiarazioni accusatorie del C., oltre che su quelle dell’ufficiale di polizia giudiziaria che le aveva raccolte; e non risulta, nè è stato dedotto, che il M. abbia sollecitato un confronto con tale fonte accusatoria, sicchè non può dirsi violato, neppure in tesi, il suo diritto di difesa.
3. E’ esatto il rilievo secondo cui la Corte territoriale ha erroneamente applicato la L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. c), posto che tale norma è collegata alla ipotesi in cui la consegna debba essere effettuata "ai fini di un’azione penale", mentre nella specie la consegna del M. è stata richiesta per l’esecuzione di una pena detentiva.
La Corte di Appello avrebbe invece potuto valutare se la pena irrogata dall’autorità giudiziaria tedesca dovesse essere eseguita in Italia, conformemente al diritto interno, e conseguentemente rifiutare la consegna, in applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r).
Ciononostante, in linea con quanto già affermato da questa Sesta sezione con la sentenza in data 6 marzo 2007, ric. Foresta, va ribadito che questa previsione "ben lungi dall’imporre sempre e comunque alla Corte di Appello una decisione di rifiuto della consegna del cittadino italiano sol che vi sia una richiesta di espiare la pena in Italia, attribuisce invece alla Corte di Appello un ambito di valutazione circa la concreta possibilità di espiazione della pena in Italia", potendo "la decisione in ordine al luogo di espiazione della pena … essere rimandata alla fase tipica dell’esecuzione", anche in considerazione della necessità di pervenire a tale decisione attraverso "un percorso procedimentalizzato … la cui tempistica, prevedibilmente non breve, può di fatto finire con il collidere con le esigenze di assoluta speditezza imposte dalla legge istitutiva del M.A.E.".
Ne deriva che la mancanza di valutazione sul punto da parte della Corte di Appello non impedisce che, esperita la necessaria procedura, possa essere fatta applicazione in sede esecutiva di tale norma da parte della stessa Corte di Appello, quale giudice dell’esecuzione.
Per di più dagli atti non vi è traccia di una richiesta del M. o del suo difensore intesa ad ottenere che la esecuzione della pena avvenisse in Italia.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio nella parte in cui si dispone "che la consegna sia subordinata alla condizione che il M., all’esito del procedimento, sia rinviato in Italia per scontare la pena (comminata recte), irrogata dall’A.G. tedesca", parte che deve dunque essere eliminata.
4. Contrariamente a quanto dedotto, è in atti (v. foll. 163 e s.) la traduzione in italiano della conclusiva ordinanza della Corte di Appello di Karlsruhe, oltre che delle due precedenti sentenze di merito. Essa, per un materiale disguido, manca solo dell’ultima pagina, relativa alla parte finale della quantificazione della pena, su cui non vi è – nè poteva essere dedotta in questa sede – alcuna censura, sicchè la esigenza di comprensione del contenuto dell’ordinanza, ai fini del MAE, è da ritenersi completamente soddisfatta; tanto più che, per la particolare forma redazionale delle sentenze tedesche, il dispositivo di tale ordinanza è interamente riportato nella epigrafe, e cioè nella prima pagina del provvedimento.
5. Il superamento dei termini di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2, non implica affatto una conseguenza sulla validità della decisione in merito alla consegna, che con ogni evidenza non può perimersi a causa di ciò, ma determina solo l’effetto della rimessione in libertà del consegnando, a norma della L. n. 69 del 2005, art. 21.
Nella specie, comunque, i presupposti di tale effetto non si sono verificati, posto che, come si ricava dagli atti, alla udienza del 23 febbraio 2007 la Corte di Appello aveva richiesto, tramite il Ministero della giustizia, la traduzione in lingua italiana della documentazione trasmessa dall’autorità giudiziaria dello Stato emittente, a norma della L. n. 69 del 2005, art. 16, che è pervenuta in data 1 marzo 2007, e cioè entro il termine prorogato di cui all’art. 17, comma 2. 6. Non sussiste la segnalata ipotesi di incompatibilità del giudice, dato che il caso in esame, riguardante non una sentenza sul merito della responsabilità penale ma una decisione circa l’accoglibilità della domanda di consegna ai sensi della disciplina del MAE, non è assimilabile ad alcuna delle cause tassativamente previste dall’art. 34 c.p.p., pur considerando le integrazioni apportate a tale istituto dalle varie sentenze della Corte Costituzionale.
In ogni caso va ribadito che le cause di incompatibilità non comportano una nullità della decisione cui abbia partecipato il giudice in ipotesi incompatibile, ma abilitano solo la parte interessata a proporre dichiarazione di ricusazione ex art. 37 c.p.p., che non risulta essere stata nella specie effettuata (v. per tutte sez. un., 17 aprile 1996, D’Avino).
7. Quanto alle doglianze relative all’aspetto cautelare, esse appaiono inammissibili, non avendo il ricorrente impugnato anche la relativa ordinanza emessa su tale aspetto dalla Corte di Appello.
In ogni caso, una volta disposta la consegna del soggetto all’autorità dello Stato emittente, dette censure perdono di interesse, perchè, a differenza della procedura estradizionale, nella quale è rimessa alla valutazione dell’Autorità politica la decisione circa l’estradizione dopo l’esaurimento della fase giurisdizionale (v. art. 708 c.p.p.), a seguito di una pronuncia definitiva di consegna emessa ai sensi della L. n. 69 del 2005, si instaura una fase meramente esecutiva nell’ambito della quale, entro rigorosi e brevissimi termini, e salve cause di forza maggiore (art. 23 della citata legge), il soggetto interessato deve essere materialmente consegnato allo Stato membro di emissione, senza che possa venire in questione, propria per la natura meramente esecutiva di tale adempimento, la sussistenza di pericula libertatis.
8. La questione dell’applicabilità dell’indulto non può comunque porsi in una fase in cui la esecuzione della pena non sia iniziata in Italia.
9. Il ricorso va dunque rigettato, salvo l’annullamento senza rinvio della statuizione di cui si è detto sopra, sub 3. 10. La Cancelleria provvedere alla comunicazione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui si dispone "che la consegna sia subordinata alla condizione che il M., all’esito del procedimento, sia rinviato in Italia per scontare la pena comminata (recte, irrogata) dall’A.G. tedesca", parte che elimina.
Rigetta nel resto il ricorso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

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