T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 31-08-2011, n. 1294

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. A.V. è stato inserito, sin dal 2002, in una comunità alloggio.

In data 13 ottobre 2003 il Comune, con nota n. 4368, comunicava al padre sig. G.A., la sospensione del pagamento delle rette della Comunità alloggio presso cui risultava inserito il sig. V., precedentemente parzialmente sostenuto dal Comune.

Tale nota veniva impugnata con ricorso sub R.G. 1/2004.

Con successiva deliberazione consiliare del 11 febbraio 2005, n. 4, il Comune escludeva ogni propria contribuzione con riferimento all’inserimento in strutture residenziali come Comunità Alloggio, lasciandone il costo a carico totale dell’utente e dei familiari tenuti agli alimenti ex art. 433 cod. civ, salvo che anche i familiari non risultassero in grado sostenere l’onere.

A seguito del decesso, nelle more del primo giudizio, del sig. Gasparo, lo stesso sig. V. e la sorella, suor C. hanno, quindi, proposto un nuovo ricorso impugnando entrambi gli atti e deducendo:

1. violazione degli artt. 3, 32, 38, 53 e 117 della Costituzione, degli artt. 1, 2, 6 e 22 della legge n. 328/2000 e dell’art. 131 del d. lgs. 112/1998, in quanto il Comune avrebbe ribaltato il principio secondo cui il soggetto con limitate capacità di reddito dovrebbe poter accedere prioritariamente ai servizi sociali;

2. violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, 25 della legge n. 328/2000, degli artt. 1, 2 e 3 del d. lgs. 109/98: la deliberazione impugnata illegittimamente escluderebbe dall’applicazione del sistema ISEE i servizi di carattere esclusivamente residenziale. In altre parole illegittimamente il Comune relegherebbe il proprio intervento al solo caso di incapienza dell’utente e dei suoi familiari;

3. violazione degli artt. 3, 32 e 117 della Costituzione, in quanto il Comune non avrebbe provveduto ad attivarsi presso la Regione per ottenere i finanziamenti necessari a garantire, nello specifico settore, il rispetto del livello minimo dei servizi essenziali.

Si è costituito in giudizio il Comune che, con successiva memoria, ha eccepito, in primo luogo, la tardività dell’impugnazione della nota del 13 ottobre 2003, nonché l’infondatezza del ricorso.

I ricorrenti, in vista della pubblica udienza, si sono limitati a sottolineare come la dichiarata perenzione del ricorso sub R.G. 1/2004 non avrebbe alcun effetto sull’ammissibilità del successivo ricorso e sulla fondatezza delle censure in esso dedotte.

Alla pubblica udienza del 14 luglio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente affermata l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui ha ad oggetto la nota del 13 ottobre 2003 n. 4638, essendo inequivocabile la tardività della sua impugnazione, non potendo condurre a nessuna diversa conclusione il fatto che essa fosse stata precedentemente oggetto di un ricorso, in quanto lo stesso è stato dichiarato perento.

Nella parte in cui, invece, ha ad oggetto la successiva approvazione del piano sociosanitario del Comune, il ricorso è ammissibile, ma infondato.

Non può trascurarsi, infatti, che con legge regionale n. 12 del 12 marzo 2008, la Regione Lombardia ha espressamente previsto che i Comuni "erogano, nei limiti delle risorse disponibili, servizi e prestazioni di natura economica e assumono gli oneri connessi all’eventuale integrazione economica delle rette (art. 13 comma 1, lett. c)), introducendo il sistema di partecipazione al costo fondato sull’ISEE.

Contrariamente a quanto affermato nella seconda censura, la deliberazione impugnata non prevede, in concreto, un sistema di recupero delle somme ex art. 433, ma semplicemente un riferimento a tale norma al solo fine di individuare i soggetti tenuti a partecipare all’onere dovuto per la retta.

A tale proposito non si ravvisa ragione di discostarsi dal precedente di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1607/2011, nella quale si legge che "Il legislatore regionale" (della Regione Lombardia, n.d.r.) "ha però aggiunto un elemento al criterio dell’I.S.E.E.: la partecipazione dei soggetti civilmente obbligati e tale elemento non contrasta con alcuna disposizione statale e rientra nella riconosciuta possibilità di introdurre criteri differenziati e aggiuntivi di selezione dei destinatari degli interventi".

Del resto appare conforme ai principi costituzionali e che permeano l’ordinamento in un’ottica di solidarietà sociale, distinguere, nell’ambito dei soggetti che maggiormente hanno bisogno di assistenza, tra coloro che hanno comunque una fonte di sostentamento, costituita dalla presenza di un obbligato agli alimenti e chi tale fonte non ha. Equiparare le due situazioni, infatti, potrebbe comportare un vulnus agli stessi principi generali e livelli essenziali per l’accesso ai servizi sociali, potendo determinare in concreto una riduzione delle risorse da destinare ai soggetti più bisognevoli, perché sprovvisti di una rete di sostegno economico familiare (cfr in tal senso Consiglio di Stato, n. 1607/2011).

Né, nel caso di specie, la fattispecie risulta riconducibile all’eccezione alla regola ora esposta, contenuta nell’art. 3, comma 2 ter del d. lgs. 109/98, in ragione del quale deve essere considerato il solo reddito dell’assistito, ma con riferimento esclusivamente alle prestazioni erogate a domicilio o in ambiente residenziale rivolte a persone con handicap permanente grave o a soggetti ultra sessantacinquenni non autosufficienti, purchè specificamente certificati. L’odierno ricorrente e fruitore del servizio non rientra, infatti, in tali categorie.

Per quanto attiene, infine, alla mancata attivazione del Comune per ottenere i fondi regionali, dedotta con l’ultima censura, appare necessario ricordare come la Giunta regionale abbia istituito un sistema di aiuto a soggetti interessati del tutto diverso, che non pone oneri a carico del Comune, ma il cui operare, attraverso il sistema del voucher socio assistenziale, presuppone l’attivarsi diretto del soggetto interessato.

Ne deriva il rigetto del ricorso, anche in considerazione del fatto che non appare ravvisabile alcuna violazione degli obblighi costituzionalmente imposti alle istituzioni preposte a garantire i servizi sociali in questione.

Sussistono, peraltro, giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio, attesa la particolare natura della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la integrale compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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