T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 31-08-2011, n. 1293 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel ricorso in esame, il sig. B.C. espone di essere stato ricoverato con urgenza il 7 gennaio 2003 presso l’Ospedale di Desenzano, dove veniva riscontrato un "probabile melanoma retinico OD", per la urgente cura del quale gli veniva consigliato di rivolgersi all’ospedale Jules Gonin di Losanna.

Trasmessa la richiesta di emissione del modello E112 per la visita oculistica da effettuarsi a Losanna e visto il protrarsi del silenzio dell’Amministrazione, il sig. B. si recava a Losanna dove veniva riscontrata la necessità di trattare con urgenza il melanoma emorragico della coroide da cui lo stesso risultava affetto e venivano individuate come date possibili per il trattamento il 1012 febbraio per il primo intervento e il 2428 febbraio 2003 per la successiva irradiazione con fascio di protoni accelerati.

Nonostante il diniego comunicatogli con nota del 20 gennaio 2003, il sig. B. decideva di sottoporsi comunque alle suddette cure, secondo i tempi indicati, anticipando sia l’acconto richiestogli dall’ospedale, sia il successivo saldo (per un totale di 12.190,57 Euro).

In data 11 luglio 2003 lo stesso presentava, quindi, una richiesta di rimborso ai sensi dell’art. 7, comma 2 e 6, commi 9 e 10 del D.M. 3 novembre 1989.

Dopo una prima comunicazione interlocutoria del 30 dicembre 2003, in data 20 marzo 2004 perveniva la risposta negativa del Distretto socio sanitario n. 11, che si uniformava al negativo parere del Centro Regionale di Riferimento (fondato sull’esistenza di un idoneo centro oftalmologico presso l’Ospedale S. Marta di Catania), nonostante il parere positivo dell’apposita Commissione regionale.

Ritenendo illegittimo il diniego, lo stesso veniva impugnato, deducendo:

1. violazione dell’art. 3 della legge 23 ottobre 1985, n. 595 e degli artt. 6 e 7 del D.M. 3 novembre 1989 e degli artt. 1 e 2 del D.M. 30 agosto 1991. La prestazione medica necessaria non era affatto ottenibile "adeguatamente" in Italia: il D.M. 30 agosto 1991, infatti, indica il "trattamento conservativo delle neoformazioni della coroide con irradiazione protonica, quando non siano indicati altri trattamenti radianti" (e cioè la stessa terapia richiesta per il ricorrente) tra quelle non ottenibili adeguatamente in Italia. A nulla rileverebbe la successiva apertura del progetto sperimentale di adroterapia presso l’Istituto di Oftalmologia di Catania in assenza di un adeguamento del suddetto decreto. Inoltre, la procedura ordinaria prevista dalla norma non avrebbe potuto comunque essere seguita, dal momento che non esistevano nemmeno due strutture presso le quali essere inseriti in lista d’attesa per la patologia in questione.

La gravità della patologia e l’urgenza dell’intervento non avrebbero, comunque, giustificato la pretesa che il paziente si sottoponesse ad un trattamento sperimentale;

2. violazione degli artt. 36 della legge n. 241/90, eccesso di potere per illogica, incongrua, contradditoria motivazione ed insufficiente istruttoria. Il diniego censurato sarebbe illegittimo perché adottato pur in assenza di ogni contestazione circa la gravità delle condizioni di salute del richiedente e la particolare urgenza di intervenire e senza procedere ad un’adeguata istruttoria per verificare la tempestiva eseguibilità dell’intervento in Italia e conseguentemente indicare al paziente gli eventuali tempi di attesa presso l’unica struttura possibile individuata dal Centro regionale di riferimento.

Si sono costituite in giudizio sia la Regione Lombardia, che l’Azienda sanitaria intimata.

Quest’ultima ha, in primo luogo, eccepito la tardività del ricorso notificato il 19 maggio 2004, avverso la comunicazione ricevuta il 20 marzo 2004, tenuto conto anche della precedente comunicazione del 30 dicembre 2003.

Nel merito l’Amministrazione ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, in quanto il paziente non avrebbe comprovato la sussistenza della gravità ed urgenza della prestazione o comunque l’impossibilità di ottenere un’adeguata prestazione in Italia, anche in considerazione della genericità delle deduzioni in ordine alla pretesa "inadeguatezza del centro di Catania". Inoltre la sintetica motivazione posta a base dei provvedimenti impugnati sarebbe di per sé sufficiente, considerato che il paziente non ha mai avanzato alcuna richiesta e non può quindi dimostrare l’assenza della possibilità di un tempestivo intervento nell’unica struttura nazionale disponibile.

Parte ricorrente, per converso, ha ribadito come l’esistenza del centro sperimentale di Catania non avrebbe potuto essere addotta come giustificazione al diniego, in assenza della previa modifica del D.M. del 30.08.1991 che aveva provveduto ad inserire il trattamento necessario per l’odierno ricorrente tra quelli non ottenibili in territorio italiano. Più precisamente il centro siciliano, proprio per la sua natura sperimentale, non avrebbe potuto essere inserito tra i "servizi di alta specialità".

Inoltre l’urgenza sarebbe stata ampiamente comprovata dalla copiosa documentazione medica prodotta.

Proprio l’alta specialità della prestazione richiesta, impossibile da garantire in territorio italiano, sarebbe stato, quindi, elemento sufficiente a consentire il ricorso in via d’urgenza alla struttura ospedaliera estera, rendendo superflua la previa "attivazione, prima di recarsi all’estero, delle procedure per ottenere l’autorizzazione al trasferimento per cure".

La Regione ha in primo luogo eccepito la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario e nella specie del giudice del Lavoro, giacchè trattasi di questioni inerenti il diritto fondamentale alla salute, nonché la tardività del ricorso.

In ogni caso, essa ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, dato il mero ruolo di programmazione e controllo sull’attività amministrativosanitaria svolto dalle ASL che le sarebbe riservato in materia di assistenza sanitaria indiretta ed evidenziato come il rimborso potrebbe essere, semmai, meramente parziale.

Con apposita memoria di replica, parte ricorrente ha, dapprima, sostenuto la tempestività del proprio ricorso ed evidenziato come, in ogni caso, il provvedimento impugnato sarebbe del tutto autonomo rispetto al precedente provvedimento di diniego di autorizzazione preventiva di cure all’estero.

Il ricorrente ha, quindi, aderito alla tesi della carenza di legittimazione passiva della Regione, peraltro evidenziando come la notifica del ricorso nei confronti della stessa fosse avvenuta solo "in quanto occorrer possa", mentre ha respinto la tesi della carenza di giurisdizione del giudice amministrativo. A tal fine esso ha richiamato le sentenze del TAR Milano, n. 351/2011 e TAR Valle d’Aosta n. 4/2011 che, nonostante la pronuncia della Corte di Cassazione, ss.uu. 2867/2009 hanno negato che, a fronte della domanda di rimborso delle spese sostenute per l’erogazione di cure all’estero, la posizione giuridica soggettiva vantata dall’utente sia di diritto soggettivo e non anche di interesse legittimo: ciò in considerazione della discrezionalità che caratterizzerebbe l’attività dell’Amministrazione.

Alla pubblica udienza del 14 luglio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente rigettata, in rito, l’eccezione di tardività del ricorso dedotta dall’Azienda sanitaria resistente (e genericamente ripresa dalla Regione), dal momento che lo stesso risulta essere stato notificato il sessantesimo giorno dal ricevimento del provvedimento di diniego censurato (avvenuto il 20 marzo 2004); ciò anche pur senza considerare che la data da assumere come riferimento utile alla verifica della tempestività della notifica sarebbe comunque quella dell’avvenuta consegna all’ufficio postale per la trasmissione (coincidente con il 17 maggio 2004) e non anche quella del ricevimento della notifica da parte del destinatario.

Né i termini per l’impugnazione possono essere fatti decorrere dalla comunicazione datata 30 dicembre 2003, evidentemente interlocutoria, dal momento che nella stessa si dà semplicemente atto del fatto che l’Amministrazione era in attesa di ricevere i necessari pareri previsti dalla norma: se ne deve escludere, quindi, ogni contenuto immediatamente lesivo.

Alle stesse conclusioni non sembrerebbe possibile addivenire, invece, in ordine all’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso quale conseguenza della mancata, tempestiva, impugnazione dell’originario diniego di autorizzazione a recarsi all’estero per sottoporsi a visita e cure, comunicato il 20 gennaio 2003. Nonostante l’evidente lesività di tale provvedimento negativo, risultano, infatti, essere stati impugnati, ancorchè tardivamente, solo i pareri rilasciati dall’apposita Commissione che sono stati posti alla base del diniego.

Se, quindi, si dovesse ritenere che la questione posta al vaglio del giudice inerisse ad una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, leso per effetto della violazione del corretto iter procedimentale cui la legge subordina la concessione del rimborso delle spese mediche sostenute all’estero in condizioni di necessità e d’urgenza, il ricorso dovrebbe essere necessariamente dichiarato inammissibile. La mancata censura dell’originario diniego di autorizzazione, infatti, renderebbe inammissibile l’impugnazione dei successivi provvedimenti con cui è stato rigettato il rimborso, controvertendosi attorno ad un’inammissibile domanda di rimborso, formulata pur in presenza di un esplicito diniego di autorizzazione antecedente alle cure cui il soggetto si è volontariamente sottoposto pur a fronte del parere negativo dell’Amministrazione sanitaria.

Nel caso di specie, però, la situazione giuridica soggettiva fatta valere deve essere più propriamente qualificata come di diritto soggettivo.

Non può essere, infatti, posta in dubbio l’esistenza di un diritto del paziente a vedersi riconosciuto il trattamento medico a lui consigliato dal medico curante quando, come nel caso di specie, questo trattamento non è assicurato da strutture mediche nazionali e non è in discussione la specialità della cura prescritta.Si deve puntualizzare, al riguardo, che non integra il requisito previsto dalle norme richiamate la circostanza che, in via sperimentale e "di avviamento", il trattamento consigliato fosse disponibile presso il Centro Oftalmologico di Catania. Ciò se non si vuol sostenere che una fase sperimentale al primo avvio costituisca idonea garanzia per il malato di ricevere un trattamento pari a quello di Istituti specializzati che assicurano ordinariamente la terapia di cui trattasi (in tal senso Cons. Stato Sez. V, 07042006, n. 1902).

Nel caso di specie non si discute, quindi, dell’idoneità del servizio sanitario nazionale ad assicurare la prestazione richiesta dall’odierno ricorrente, quanto dell’eventuale illegittimità del diniego del diritto al rimborso delle spese sostenute per ottenere all’estero il "trattamento conservativo delle neoformazioni della coroide con irradiazione protonica, quando non siano indicati altri trattamenti radianti", classificato dal D.M. 30 agosto 1991 tra le prestazioni non ottenibili adeguatamente in Italia.

La qualificazione della pretesa come di diritto soggettivo esclude, pertanto, ogni eventuale profilo di decadenza dall’impugnazione del provvedimento, ma comporta, per converso, la necessità di declinare la giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario.

Fermo restando, quindi, il variegato e non sempre uniforme quadro dei precedenti giurisprudenziali aventi ad oggetto la giurisdizione in ordine alle domande di rimborso di spese mediche sostenute all’estero (cfr, da ultimo, la sentenza di questo Tribunale 17 gennaio 2011, n. 57 che dei diversi orientamenti dà ampio conto), nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativa pare essere esclusa dall’oggettiva circostanza dell’inclusione del trattamento in questione nell’elenco di quelli non adeguatamente assicurati dal servizio sanitario nazionale, con conseguente assenza di ogni profilo di discrezionalità amministrativa circa la valutazione della sussistenza dei presupposti di legge per il rimborso stesso.

Proprio l’incertezza giurisprudenziale di cui si è dato conto giustifica, conseguentemente, la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria.

Assegna al ricorrente il termine di tre mesi dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza per riassumere la causa avanti al giudice fornito di giurisdizione.

Compensa per intero le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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