Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 29-07-2011, n. 30294

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Tribunale di Roma in data 20.4.2010 D. F. veniva condannato alla pena di Euro 200 di ammenda per il reato di cui all’art. 660 cod. proc. pen., per avere recato molestia all’ex moglie, Cristina Urbani, con l’invio giorno e notte di sms a contenuto ingiurioso, in epoca compresa tra il 13.1.2004 ed il 2.11.2006.

L’affermazione di colpevolezza dell’imputato muoveva dal conclamato invio di messaggi il cui contenuto era stato trascritto, in orari anche notturni, che comportavano interferenza nella sfera psichica altrui.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto appello la difesa dell’imputato, convertito in ricorso per Cassazione ex art. 568 cod. proc. pen. attesa l’inappellabilità della sentenza di condanna alla pena della ammenda (art. 593 c.p.p., comma 3).

Con il gravame la difesa sostiene che, provenendo sia il messaggio telefonico che le e-mail da soggetto che la destinataria era in grado di riconoscere, ben avrebbe potuto la stessa cancellarli prima di aprirli, omettendone la lettura, così scongiurando qualsivoglia turbamento della sua quiete e della sua tranquillità psichica. Viene in proposito richiamato un arresto di questa Corte con cui è stato sottolineato che la e-mail non è paragonabile alle telefonate, poichè non comporta nessuna interazione tra il mittente ed il destinatario del messaggio di posta elettronica, nè alcuna intrusione diretta del primo nella sfera di attività del secondo. Di qui la ritenuta inidoneità degli sms e dei messaggi di posta a determinare il turbamento nell’offesa e quindi la ritenuta carenza degli elementi di fattispecie.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

Il tribunale di Roma ha accertato la colpevolezza dell’imputato sulla base di una solida prova documentale offerta dalla trascrizione degli SMS, risultati inviati dall’imputato alla ex moglie, U. C., anche in orari notturni, con evidente ripercussioni nella vita privata di costei. L’arresto giurisprudenziale citato dalla difesa del ricorrente a dimostrazione della non suscettibilità dei messaggi di posta elettronica a configurare il reato contestato non è pertinente al caso de quo. Va precisato che alla domanda se l’interpretazione estensiva della previsione della norma incriminatrice, circa la molestia o il disturbo recati "col mezzo del telefono", possa essere dilatata sino a comprendere l’invio di corrispondenza elettronica sgradita, che provochi turbamento o, quanto meno, fastidio, è stato risposto con una recente sentenza (Sez. 1, 2.24510, del 17.6.2010, D’Alessandro), sull’onda di una precedente pronuncia (Sez. 6A, 5 maggio 1978, n. 8759, Ciconi, massima n. 139560) che nella generica dizione di cui all’art. 660 c.p., col mezzo del telefono sono compresi anche la molestia e il disturbo recati con altri analoghi mezzi di comunicazione a distanza.

E’ stato aggiunto che particolare è la comunicazione effettuata con lo strumento della posta elettronica, poichè la modalità della comunicazione è asincrona, nel senso che l’azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento di testo (colla possibilità di allegare immagini, suoni o sequenze audiovisive), in una determinata locazione dalla memoria dell’elaboratore del gestore del servizio, accessibile dal destinatario; la comunicazione si perfeziona, se e quando il destinatario, connettendosi, a sua volta, all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio, di talchè tale forma di comunicazione non è stata ritenuta idonea a produrre intrusione della vita privata altrui, essendo assimilabile alla tradizionale corrispondenza epistolare in forma cartacea, inviata, recapitata e depositata nella cassetta (o casella) della posta sistemata presso l’abitazione del destinatario. L’invio di un messaggio di posta elettronica – esattamente proprio come una lettera spedita tramite il servizio postale – non comporta (a differenza della telefonata) nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario, nè intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo.

Per integrare la contravvenzione prevista e punita dall’art. 660 c.p., devono concorrere oltre all’evento immateriale – o psichico – del turbamento del soggetto passivo, gli ulteriori elementi circostanziali della condotta del soggetto attivo, tipizzati dalla norma incriminatrice: la pubblicità (o l’apertura al pubblico) del teatro dell’azione, ovvero l’utilizzazione del telefono come mezzo del reato. Ciò porta inevitabilmente a ritenere inclusi nella previsione della norma incriminatrice i messaggi di testo telefonici (Sez. 3A, 26 giugno 2004, n. 28680, Modena, massima n. 229464: "La disposizione di cui all’art. 660 c.p., punisce la molestia commessa col mezzo del telefono, e quindi anche la molestia posta in essere attraverso l’invio di "short messages system" (SMS), trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi"). Nell’occasione, il Collegio di legittimità, ribadendo che la molestia "commessa col mezzo epistolare, anche se idonea (..) a ledere la tranquillità privata della persona destinataria (..) non è punibile per se stessa", ai sensi dell’art. 660 c.p., ha argomentato che i messaggi di testo inviati col mezzo del telefono "non possono essere assimilati a – quelli – di tipo epistolare, in quanto il destinatario di essi è costretto, sia de auditu che de visu, a percepirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psichica, prima di poterne individuare il mittente, il quale in tal modo realizza l’obiettivo di recare disturbo al destinatario".

Il giudice a quo si è attenuto a tali principi giurisprudenziali, riconoscendo la portata in termini di molestia ai messaggini telefonici, a nulla rilevando che la destinataria potesse riconoscerli e quindi potesse non "aprirli", atteso che la ricezione era preceduto da un segnale che costituiva disturbo per la persona, soprattutto se ripetuto o se interveniva – come spesso avvenne – in piena notte. La sentenza, che ha fondato il giudizio di colpevolezza dell’imputato non in relazione ai messaggi e-mail, ma ai messaggi telefonici inviati, non sconta alcun deficit motivazione ed è stata frutto di corretto argomentare giuridico.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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