Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-06-2011) 29-07-2011, n. 30234 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 6.04.2010 la Corte di Appello di Firenze confermava la condanna alla pena dell’arresto e dell’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a D.V. e a M.C. quali colpevoli di avere, in zona vincolata e senza titoli abilitativi, mutato la destinazione d’uso di un fabbricato di legno un magazzino/ricovero d’attrezzi ad abitazione mediante opere interne pavimentazione in parquet, apposizione di pedinato di legno alle pareti, creazione di una cucina e un bagno; in (OMISSIS).

I giudici d’appello, rilevato che il tribunale aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati – relativamente all’esecuzione delle fondazioni, del cordolo in cemento e delle tramezzature interne – per essere i reati estinti per intervenuti accertamenti di conformità in sanatoria e compatibilità paesaggistica, osservavano che la destinazione d’uso era non rientrava nell’ottenuta sanatoria.

Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando:

– violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del mutamento della destinazione d’uso della baracca perchè il bagno preesisteva all’intervento edilizio; il nulla osta n. (OMISSIS) dell’Ente Parco aveva espressamente escluso il mutamento della destinazione d’uso; il provvedimento comunale di accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica n. (OMISSIS) aveva espressamente richiamato le delibere dell’Ente Parco, donde la piena legittimità di tutte le opere realizzate;

– mancata assunzione di prova decisiva costituita dall’esame di P.A. responsabile del procedimento di sanatoria, il quale avrebbe potuto illuminare il giudicante sugli aspetti tecnici della vicenda.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Sull’asserita valenza dei sopraindicati provvedimenti di sanatoria a comprendere anche il mutamento della destinazione d’uso il ricorso non è puntuale perchè censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico dell’imputato e confutata ogni obiezione difensiva.

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno assolto l’obbligo della motivazione spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo infondati i rilievi dell’imputato secondo cui, nella specie, non sarebbe configurabile il ravvisato mutamento della destinazione d’uso.

Il giudizio è assolutamente corretto perchè, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la modifica di destinazione d’uso rilevante ai fini edilizi può aversi anche mediante la realizzazione di sole opere interne (quali, appunto, sono le realizzate opere murarie con la suddivisione in camere tra cui una cucina e l’installazione di ogni impianto accessorio), sicchè è indiscutibile, essendo inconferenti le contrarie ed erronee asserzioni sul punto, che sussista la ritenuta violazione per l’accertato mutamento di destinazione della baracca/magazzino a uso abitativo cfr. Cassazione Sezione n. 27713/2010 RV. 247919.

Quanto al secondo motivo, non è censurabile la motivazione della corte territoriale sulla ritenuta legittimità della revoca in primo grado della prova testimoniale ammessa d’ufficio stante che il tribunale aveva "accreditato agli imputati quanto di più favorevole dalla testimonianza sarebbe loro potuto venire e cioè che l’atto amministrativo sanante riguardasse proprio il manufatto oggetto delle imputazioni".

Il ricorrente contesta tale giudizio asserendo che la sanatoria avrebbe compreso anche il mutamento della destinazione d’uso e che l’architetto P. avrebbe potuto illuminare il giudicante sugli aspetti tecnici della fattispecie, sicchè sarebbe illegittima la revoca della prova già ammessa sol perchè il teste non si era mai presentato in udienza.

Tali doglianze non hanno fondamento alcuno perchè il provvedimento del tribunale, che non è affetto da nullità, costituisce espressione, implicita, del potere giudiziale di revoca, per superfluità, delle prove già ammesse che nel corso del dibattimento è più ampio di quello esercitarle all’inizio del dibattimento stesso, sicchè è legittima la decisione del giudice che nel corso del dibattimento esclude la deposizione di un teste già ammesso che avrebbe dovuto non già deporre su fatti, ma esprimere considerazioni giuridiche che non gli competevano.

L’inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Cassazione SU n. 32/2000, De Luca, RV. 217266.

Grava, quindi, sui ricorrenti l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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