Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-06-2011) 29-07-2011, n. 30227

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza resa in data 19.7.2010 la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, sez. dist. di Gallarate, del 9.6.2008, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.R.P.L. in ordine al reato di cui all’art. 527 c.p..

Rilevava la Corte che dagli atti emergesse la prova del reato, sulla base delle dichiarazioni della teste M., che aveva trovato la vetrina del suo negozio di parrucchiera imbrattata di sperma il giorno (OMISSIS), ma che era maturata la prescrizione.

2) Ricorrono per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano ed il difensore dell’imputato.

2.1) Il PG denuncia la manifesta illogicità della motivazione per il mancato apprezzamento della insussistenza degli indizi di colpevolezza e per il travisamento della res iudicanda.

Originariamente la contestazione nei riguardi del R. riguardava due episodi posti in essere rispettivamente il (OMISSIS). Il Tribunale aveva assolto l’imputato dall’episodio del (OMISSIS) sulla base della testimonianza della M., secondo la quale quel giorno l’imputato si era limitato a mettersi le mani sui pantaloni all’altezza dei genitali senza compiere altre manovre. Quanto all’altro episodio, pur dando atto il Tribunale che il R. non era stato visto imbrattare il negozio di sperma, riteneva che la responsabilità dovesse desumersi in via logica dalle dichiarazioni della stessa M., secondo cui in più occasioni il R., e non altri, era stato visto masturbarsi davanti al negozio. La Corte di Appello, nel disattendere i motivi di appello dell’imputato, si limitava a prendere atto delle dichiarazioni della parrucchiera e sulla base delle stesse riteneva sussistente la prova del reato, che dichiarava prescritto.

Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità, assume il ricorrente che, pur in presenza della causa estintiva del rato, possa essere sottoposto, a scrutinio di legittimità una pronuncia di merito che ritenga come provato un fatto in assenza dei presupposti ex art. 192 c.p.p., comma 2. La prova a carico del R. viene desunta da presunti e generici comportamenti pregressi e quindi in violazione del principio codificato di gravità, precisione e concordanza degli indizi.

La Corte territoriale ha, poi, palesemente dimenticato che per l’episodio del (OMISSIS) l’imputato era stato mandato assolto con formula ampia dal Tribunale, facendo riferimento ad entrambi gli episodi come ancora attribuibili all’imputato ed anzi utilizzando l’episodio in ordine al quale era intervenuta pronuncia assolutoria per ritenere la responsabilità del R. anche per l’altro episodio.

2.2) Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Dopo aver ripercorso la vicenda processuale originata da una denuncia- querela presentata in data (OMISSIS), evidenzia che la Corte territoriale utilizza l’episodio del 5.12.2002, su cui era intervenuta assoluzione, per ritenere provato l’episodio del (OMISSIS). Deduce inoltre che i Giudici di merito hanno omesso di prendere in esame la perizia (secondo il perito le terapie assunte hanno come principale effetto collaterale l’impotenza).

3) I ricorsi sono fondati.

3.1) Palesemente la Corte territoriale, come evidenziano entrambi i ricorrenti, ha travisato, completamente, i limiti ed i contenuti della res iudicanda, ritenendo che fosse oggetto del suo esame anche l’episodio del (OMISSIS) su cui invece era intervenuta pronuncia assolutoria irrevocabile. Tanto emerge non solo dalla esposizione introduttiva, in cui si fa riferimento ad una condanna irrogata in primo grado per la contestazione originaria e ad un appello con cui è stata contestata la sussistenza della prova "dei reati ascritti", ma soprattutto dalle argomentazioni adoperate per ritenere provato il reato relativo all’episodio del (OMISSIS).

3.1.1) Va ricordato che, "in presenza di una (già avvenuta) causa di improcedibilità per prescrizione del reato è precluso alla Corte di cassazione un riesame del fatto finalizzato ad una eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione.

Il sindacato di legittimità circa la prospettata mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2 deve essere invece circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad un pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule ivi prescritte: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato, come sopra si è apprezzato, deve prevalere l’esigenza della definizione di processo (cfr. cass. sez. 5, 22.6.2005, Borda; Cass. sez. 4 n. 16466 del 6.3.2008). Ne deriva come corollario che, in presenza di una causa estintiva del reato, l’accertamento della evidenza della insussistenza del fatto o della mancata commissione dello stesso da parte dell’imputato o infine che il fatto non è previsto dalla legge come reato, deve avvenire, come precisato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, sulla base degli atti "dai quali la Corte di Cassazione sia in grado di desumere le suddette evidenze" e cioè unicamente "dalle sentenza impugnata e – se trattasi di sentenza di appello – dalla sentenza di primo grado" (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 6593 del 2008). Ne discende ulteriormente, da un lato, che non è consentito disporre la parziale rinnovazione del dibattimento (palesemente incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria della causa estintiva del reato) e, dall’altro, che non è possibile disporre l’annullamento della sentenza per vizi di motivazione relativi al mancato proscioglimento nel merito. Invero "all’applicazione di causa estintiva del reato è sottinteso il giudizio relativo all’inesistenza di prova evidente arca la non ricorrenza delle condizioni per un proscioglimento nel merito. In tal caso, pertanto, la decisione è insindacabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che un eventuale annullamento con rinvio imporrebbe la prosecuzione del giudizio, resa impossibile dall’obbligo di declaratoria della causa estintiva (cfr.

Cass. sez. 5 n. 13110 del 2008; Cass. sez. 4, 4.12.2002, Rocca; Cass. sez. 1, 22.10.1994, Boiani; Cass. Sez. Un. n. 1653 del 21.10.1992- Marino ed altri).

Tali principi sono stati ribaditi dalle sezioni unite, con la sentenza n. 35490 del 28.5.2009, con la quale è stato riaffermato che "In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la vantazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento". Le sezioni unite hanno ribadito, altresì, che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità, nè vizi di motivazione, nè nullità di ordine generale (cfr – sent. n. 35490/2009 cit.).

3.1.2) Tanto premesso, dalla stessa motivazione della sentenza impugnata risulta l’insussistenza anche del reato relativo all’episodio del (OMISSIS). La prova di tale reato viene desunta dalla Corte territoriale unicamente dalle dichiarazioni della teste M.. Ma, come da atto la medesima Corte di merito, in relazione a tale episodio, la teste si era limitata ad affermare di aver trovato la vetrina imbrattata di sperma, senza aver modo di vedere chi ne fosse stato l’autore. A parte il fatto che non risulta neppure se l’autore ignoto di tale imbrattamento si sia masturbato sul posto in modo da rendere configurabile il reato di cui all’art. 527 c.p., non vi sono elementi, neppure a carattere indiziario, che possano portare all’individuazione del R. come autore del gesto. Tali non sono certamente gli episodi "ulteriori". A prescindere dal fatto che si trattava di un solo altro episodio (quello del (OMISSIS)), è intervenuta sul punto pronuncia irrevocabile di insussistenza del fatto. Tale episodio quindi non può certamente essere utilizzato come circostanza indiziante in relazione all’episodio ancora sub iudice.

S’impone quindi l’annullamento della sentenza impugnata per insussistenza del fatto in relazione all’ulteriore episodio del (OMISSIS) (su quello del (OMISSIS) non è necessaria alcuna pronuncia, essendosi formato, come si è visto, già giudicato irrevocabile).

P.Q.M.

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata quanto al residuo reato relativo all’episodio del (OMISSIS) perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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