Cass. civ. Sez. VI, Sent., 21-12-2011, n. 27937 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto depositato in data 3 febbraio 2010 la Corte di appello di Lecce rigettava la domanda di equa riparazione proposta da M.A. in relazione alla durata di un procedimento svoltosi davanti al Tribunale di Bari dal 6 maggio 2005 al 13 giugno 2007, condannandola alla refusione in favore del Ministero della Giustizia delle spese processuali. La Corte territoriale, in particolare, osservava che il procedimento, articolatosi in tre udienze, si era concluso, con declaratoria di cessazione della materia del contendere, in poco più di due anni, vale a dire entro un periodo inferiore allo standard di tre anni normalmente adottato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e comunque ragionevole, tenuto anche conto della gran mole di ricorsi analoghi pendenti presso lo stesso Ufficio.

1.1 – Per la cassazione di tale decreto propone ricorso la M., affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Ritenuto che:

il primo e il secondo motivo, con i quali si deduce violazione degli artt. 24 e 111 Cost.; della L. n. 89 del 2001, art. 2 e segg. nonchè motivazione e insufficiente e contraddittoria, sia per aver affermato che il processo si era articolato in tre udienze, essendosi al contrario, dopo alcuni rinvii d’ufficio, concluso in una sola udienza, sia per non aver considerato che la relativa semplicità della causa sono infondati;

non è consentito discostarsi, in maniera del tutto irragionevole, dagli standard elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, alla cui giurisprudenza, come prevede la stessa norma contenuta nella L. n. 89 del 2001, comma 2, art. 2 occorre conformarsi: la pretesa di considerare ragionevole una durata di pochi mesi contrasta con le decisioni della Cedu, che dichiara irricevibili le domanda inerenti a procedimenti di durata inferiori a tre anni;

la corte territoriale, invero, a prescindere dall’irrilevante riferimento al numero delle udienze, ha correttamente applicato il criterio fondato su una durata ragionevole non eccedente, anzi, inferiore in maniera significativa, quanto al primo grado di giudizio, a tre anni, standard certamente valido anche in relazione al giudizio presupposto in esame, in quanto la disciplina del processo del lavoro, applicabile a tali controversie, non comporta forme di organizzazione diverse, tali da differenziarne il corso in relazione all’oggetto del giudizio, e non impone quindi di fare riferimento a parametri diversi dagli standard comuni elaborati dalla Corte EDU e recepiti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, (cfr.

Cass. Sez. 1 30 ottobre 2009. n. 23047: 24 settembre 2009. n. 20546);

i termini di durata ragionevole non vanno valutati in senso atomistico, con riferimento cioè alla complessità specifica del singolo procedimento, ma anche su scala generale, tenendo quindi conto della domanda complessiva di giustizia in un determinato contesto nazionale, che rende comunque incomprimibili i tempi di definizione di una controversia anche se non caratterizzata da particolare complessità (Cass., 12 novembre 2010, n. 23012). il periodo di durata ragionevole risulta, pertanto, correttamente determinato;

il terzo motivo, relativo al regolamento delle spese processuali, con particolare riferimento ai "diritti", è fondato, avendo la corte territoriale, pur dovendosi prescindere dalla mancata indicazione delle singole voci (Cass., 30 ottobre 2005, n. 19269; Cass., 22 febbraio 2011, n. 4278), violato la tabella forense, nel senso che, avuto riguardo al valore della causa, e considerate – come dedotto dalla ricorrente senza che sul punto siano state sollevate eccezioni – le voci spettanti (Euro 45,00 per posizione; Euro 11,00 per disamina; Euro 45,00 per memoria difensiva; Euro 11,00 per costituzione in giudizio, 11,00 per formaz. fase; Euro 23,00 per part. udienza; Euro 45,00 per consultazione cliente) ammontano ad Euro191,00, e non ad Euro 900,00;

il decreto, quindi, va cassato in relazione al motivo accolto;

ricorrono i presupposti, non essendo necessarie ulteriori acquisizioni, per decidere la causa nel merito, liquidando le spese processuali del giudizio di merito in Euro 791,00 di cui Euro 191,00 per diritti; quanto al presente giudizio di legittimità, le spese vanno compensate per metà, in considerazione del limitato accoglimento del ricorso, per metà, e per il resto, liquidate come da dispositivo sulla base del disputatum, regolate sulla base della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo; accoglie il terzo.

Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio davanti alla corte d’appello in Euro 791,00, di cui Euro 191,00 per diritti.

Condanna l’amministrazione al pagamento, in ragione di metà, delle spese processuali del presente giudizio, compensate nel resto e liquidate, nella misura così ridotta, in Euro 250,00, di cui Euro 25,00 per spese, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge, con distrazione a favore dell’Avv. Oscar Lojodice.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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