Cass. civ. Sez. VI, Sent., 21-12-2011, n. 27936 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto depositato in data 29 aprile 2010 la Corte di appello di Lecce condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di S.V. della somma di Euro 7.000,00, a titolo di indennizzo del danno non patrimoniale, in conseguenza del superamento del termine di ragionevole durata di un processo (introdotto nel giugno 1997 e ancora pendente) relativo a una vertenza in materia di lavoro.

La Corte territoriale, in particolare, individuava, tenuto conto della sua complessità, in anni sette la durata non ragionevole del procedimento.

1.1 – Per la cassazione di tale decreto, con il quale veniva disposta anche la compensazione delle spese processuali, propone ricorso lo S., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Ritenuto che:

nei due motivi, sostanzialmente sovrapponibili, e, quindi, da esaminarsi congiuntamente, si deduce violazione dell’art. 6, p.1 della convenzione Europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001, in relazione all’omessa liquidazione dell’indennizzo con riferimento all’intera durata del giudizio presupposto e al criterio di liquidazione; non viene contestata, sotto il profilo motivaziona- le, la determinazione del periodo di durata non ragionevole del processo come effettuata dalla corte territoriale in relazione alla concreta complessità del caso;

la pretesa di ottenere la liquidazione del pregiudizio in relazione all’intera durata del giudizio presupposto contrasta con il consolidato principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui "in tema di diritto ad un’equa riparazione in caso di violazione del termine di durata raqionevole del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’indennizzo non deve essere correlato alla durata dell’intero processo, bensì solo al segmento temporale eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o irragionevole, in base a quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, di detta legge, conformemente al principio enunciato dall’art. 111 Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza. Questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata ordinario e ragionevole, non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001, a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97, e non si pone, quindi, in contrasto con l’art. 6, par. 1, della Convezione europea dei diritti dell’uomo" (Cass., 13 ottobre 2010, n. 21184; Cass., 14/02/2008 n. 3716);

il criterio adottato ai fini della liquidazione (euro mille per anno di ritardo) è commisurato, per eccesso, allo standard normalmente utilizzato in casi consimili, sulla base dei dati emergenti dalla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo. Considerato, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato, in quanto infondato, con condanna dello S. al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, relative al presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1000,00, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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