Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-06-2011) 29-07-2011, n. 30266

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, ha confermato la misura della custodia in carcere disposta con provvedimento del 26 novembre 2010 dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro nei confronti di L.M.E. per il reato contestato al capo 22 della imputazione provvisoria, qualificando il fatto come tentativo di violenza privata, aggravata dal metodo mafioso di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, anzichè come tentata estorsione aggravata.

Ad L.E. era stato contestato di avere, in concorso con il fratello B. e con B.M., tentato di costringere M.L., presidente del consiglio di amministrazione della casa protetta per anziani "Villa Sorriso", a favorire la ditta Naccarato, controllata dalla cosca Bruni, per i servizi funebri dei pazienti deceduti in quella struttura sanitaria.

Dall’ordinanza si apprende che i due fratelli L. avrebbero in diverse occasioni rappresentato a M.L. l’intenzione di B.M., conosciuto dal M. come "persona poco raccomandabile", di incontrarlo personalmente per discutere della faccenda, incontro sempre rifiutato ed evitato dalla persona offesa;

in particolare L.E. avrebbe detto a M. che ove avesse insistito nell’evitare di incontrare B. questi si "sarebbe offeso"; inoltre, sempre L.E. gli avrebbe fatto avere uno scritto riproducete l’avviso che avrebbe dovuto far affiggere in clinica per invitare i parenti dei degenti a rivolgersi, per i servizi di onoranze funebri, alla ditta Naccarato.

2. – Contro l’ordinanza del Tribunale il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza ha proposto ricorso per cassazione deducendo l’erronea applicazione della legge penale, per avere i giudici qualificato il fatto contestato all’imputato come un tentativo di violenza privata anzichè come un tentativo di estorsione, assumendo che l’avviso che l’indagato voleva far affiggere nella clinica costituisce un prodromo della pretesa e non certo l’atto dispositivo che si era tentato di estorcere. Secondo il ricorrente sussiste nella specie l’estorsione in quanto il gruppo Bruni, tramite i fratelli L., intendeva aumentare il portafogli clienti della impresa di onoranze funebri e per cogliere questo obiettivo minacciava l’amministratore della clinica per costringerlo a stipulare una convenzione con l’impresa Naccarato.

3. – L.E. ha depositato una memoria difensiva con cui chiede, argomentatamene, il rigetto del ricorso del pubblico ministero.

Motivi della decisione

4. – Il ricorso è infondato.

Sulla base dei fatti così come ricostruiti nell’ordinanza impugnata, appare corretta la qualificazione della condotta dell’indagato nel reato di tentata violenza privata, aggravata dal metodo mafioso di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

Correttamente i giudici hanno messo in evidenza come, di fronte alle minacce dirette a fare affiggere un invito agli utenti della Clinica Villa Sorriso di utilizzare i servizi funebri offerti dalla ditta Naccarato, non sussista un corrispondente e concreto danno patrimoniale ingiusto arrecato alle vittime di tali minacce, cioè agli amministratori di Villa Sorriso, ai quali è stato richiesto, in sostanza, una sorta di "sponsorizzazione illegale", con ricadute negative indirette sulle possibili ditte di servizi pubblici concorrenti, ma non nei confronti della casa di cura. Peraltro, come è stato rilevato nell’ordinanza, attraverso l’invito da affiggere non veniva realizzata alcuna coartazione nei confronti dei parenti dei pazienti della clinica, la cui libertà negoziale circa la scelta dell’agenzia funebre a cui rivolgersi non subiva condizionamenti.

Il delitto di estorsione si distingue da quello di violenza privata proprio per la presenza del danno patrimoniale che la vittima subisce ad opera dell’agente che si procura l’ingiusto profitto attraverso minacce o violenza (Sez. 1^, 3 novembre 2005, n. 5639, Calabrese;

Sez. 1^, 27 luglio 1997, n. 9958, Carelli). D’altra parte, allo stato degli atti non può neppure parlarsi di estorsione contrattuale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente o con altri soggetti, in quanto nel caso in esame è mancato proprio il rapporto negoziale e la conseguente lesione della volontà contrattuale (Sez. 6^, 5 febbraio 2001, n. 10463, Brancaccio; Sez. 6^, 14 novembre 2008, n. 46058, Russo).

5. – La tesi del pubblico ministero, secondo cui l’indagato, assieme al fratello e al Bruni, avrebbe tentato di costringere gli amministratori della Clinica Villa Sorriso a stipulare una vera e propria convenzione con la ditta Naccarato per la gestione dei servizi funerari, non ha trovato allo stato alcun riscontro.

Pertanto, all’infondatezza dei motivi proposti consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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