Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2011) 29-07-2011, n. 30286

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 aprile 2010 la Corte d’Appello di Bologna:

– ha ridotto da anni 4 e mesi 4 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa ad anni 3 e mesi 9 di reclusione ed Euro 37.400,00 di multa la pena inflitta col rito abbreviato dal G.U.P. di Bologna a P.I., siccome ritenuto penalmente responsabile dei seguenti reati, riuniti col vincolo della continuazione:

– reato di cui al capo A) della rubrica ( art. 416 cod. pen.: aver promosso e fatto parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di donne provenienti dall’est europeo e di immigrazione clandestina di donne straniere da avviare alla prostituzione);

– reato di cui al capo B) della rubrica ( L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, n. 8: favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di 15 donne identificate, nonchè di altre non meglio identificate; art. 600 bis cod. pen. induzione alla prostituzione di una persona minorenne, tale V.R.H., esclusa l’aggravante di cui alla L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 1);

– reato di cui al capo P) della rubrica (artt. 110 ed 81 cpv. cod. pen., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3 e 3 ter: avere, in concorso con altri soggetti da identificare, compiuto atti idonei a procurare l’ingresso in Italia di cinque donne identificate e di altre in corso di identificazione per destinarle alla prostituzione).

2. Con la medesima sentenza la Corte d’appello di Bologna:

– ha ridotto da anni 4 e mesi 8 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa ad anni 4 mesi 1 giorni 10 di reclusione ed Euro 17.400,00 di multa la pena inflitta col rito abbreviato dal G.U.P. di Bologna a R.F.F., siccome ritenuto responsabile dei seguenti reati, riuniti col vincolo della continuazione:

– reato di cui al capo A) della rubrica ( art. 416 cod. pen.: aver promosso e fatto parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di donne provenienti dall’est europeo e di immigrazione clandestina di donne straniere da avviare alla prostituzione);

– reato di cui al capo B) della rubrica ( L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, n. 8: favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di 15 donne identificate, nonchè di altre non meglio identificate; art. 600 bis cod. pen. induzione alla prostituzione di una ragazza minorenne, esclusa l’aggravante di cui alla L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 1);

– reato di cui al capo C) della rubrica (artt. 110 ed 81 cpv. cod. pen., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3 e 3 ter: avere, in concorso con altri soggetti, compiuto atti idonei a procurare l’ingresso in Italia di sei donne identificate e di altre in corso di identificazione per destinarle alla prostituzione);

– reato di cui al capo F) della rubrica (artt. 110, 81 cpv. cod. pen., L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, nn. 4, 5, 6, 7 ed 8, art. 4, nn. 1 e 7: aver favorito e sfruttato la prostituzione di tale B.S.N. e di altre donne non meglio identificate).

3. La Corte d’appello di Bologna è pervenuta a tale riduzione di pena per entrambi gli imputati avendo ritenute non provate nei loro confronti le condotte ad essi contestate al capo B) sub, della L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 4, 5, 6 e 7 ed avendo pertanto ritenuto la loro colpevolezza per detto reato, di cui al capo B), solo con riferimento alla residua violazione, di cui al n. 8 del citato articolo di legge (favoreggiamento e sfruttamento generico della prostituzione altrui) ed avendo, inoltre, escluso, per esso, l’aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 4, n. 1. 4.1 giudici di merito hanno ritenuto provata la penale responsabilità degli imputati anzidetti sulla base dell’attività di intercettazione telefonica svolta, dell’ulteriore attività di riscontro effettuata dalla p.g., nonchè sulle parziali ammissioni fatte da alcuni degli imputati.

5. Avverso detta sentenza della Corte d’Appello di Bologna ricorrono per cassazione P.I. e R.F.F. entrambi per il tramite dei loro difensori.

6. P.I. ha dedotto violazione di legge e motivazione carente e contraddittoria. in ordine al delitto sub B) (sfruttamento della minore V.R.H.), in quanto non era stato tenuto presente che egli aveva ignorato l’età minorile della donna anzidetta; e la sua consapevolezza in ordine a detta minore età della V. era stata desunta solo dalla circostanza che egli si era adoperato per far cessare il suo trattenimento presso il centro di permanenza di Bologna a fini espulsivi; non erano state tuttavia indicate sue condotte di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di persona minorenne.

I medesimi vizi il ricorrente ha rilevato per il delitto sub D) (violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, commi 3 e 3 ter), in quanto la sentenza impugnata non aveva escluso che le donne rumene fossero entrate in Italia tramite documenti e visti regolari, si che erroneamente era stato ritenuto che l’esercizio della prostituzione per il periodo di tempo per il quale le stesse avevano legalmente soggiornato in Italia corrispondeva ad ingresso clandestino in Italia; inoltre non poteva dirsi con certezza che il suo interessamento all’ingresso delle donne corrispondesse a sfruttamento della loro prostituzione, potendo essere stato l’intento di prostituirsi esclusivo e proprio delle donne entrate in Italia;

quindi non poteva essergli contestato il delitto di avere commesso atti diretti a procurare l’illegale ingresso in Italia di tali donne, avendo esse fatto regolare ingresso nel territorio dello Stato.

Il ricorrente ha infine lamentato carenza di motivazione circa l’aumento di pena infittogli a titolo di continuazione, pur dopo l’esclusione di alcuni episodi riferiti al reato sub B) e l’eliminazione di un’aggravante, nonchè in ordine all’omessa concessione in suo favore delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti.

7. R.F.F. ha lamentato carenza di motivazione in ordine alla conferma della sanzione infittagli dal primo giudice per il reato sub C), essendo inadeguato quanto riferito al riguardo dalla Corte territoriale, essere stata cioè la pena inflitta dal giudice di prime cure del tutto equa.

Motivi della decisione

1. E’ inammissibile siccome manifestamente infondato il ricorso proposto da P.I..

Si osserva invero che la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato sia in ordine alla conoscenza, da parte sua, della minore età della donna da lui sfruttata, con riferimento al reato sub B) (è stato infatti accertato che il ricorrente aveva nella sua disponibilità il passaporto della donna, dal quale risultava con certezza che si trattasse di minorenne); sia in ordine alla sussistenza del reato sub D), in quanto l’essere le donne da lui sfruttate entrate in Italia con documento valido non escludeva che il loro ingresso fosse finalizzato ad una successiva permanenza illegale in Italia, essendo state dette donne avviate alla prostituzione dal ricorrente non appena messo piede in Italia, si che il loro ingresso in Italia non poteva dirsi avvenuto per intenti turistici (cfr., in termini, Cass. sez. 1 n. 42985 del 10/10/2007 dep. 21/11/2007, TURBATU, Rv. 238120).

Incensurabile nella presente sede, siccome conforme ai canoni della logica e della non contraddizione è poi la motivazione addotta dalla sentenza impugnata circa la determinazione della pena complessiva irrogatagli, i criteri usati per l’aumento della stessa a titolo di continuazione, nonchè la concessione delle attenuanti generiche.

Si osserva invero che la sentenza impugnata ha attentamente valutato il comportamento tenuto dal ricorrente, avendolo mandato assolto dalle ipotesi criminose di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 4, 5, 6 e 7 ed avendo pertanto proceduto ad una riduzione della pena nel complesso irrogatagli; preciso e ineccepibile è poi il calcolo delle pene irrogategli a titolo di continuazione (cfr. par. 18^ della sentenza impugnata); va infine rilevato che la sentenza impugnata ha concesso al ricorrente le attenuanti generiche, essendogli stata ridotta di un terzo la pena base infintagli per il più grave reato di cui al capo C).

2. E’ altresì inammissibile siccome manifestamente infondato il ricorso proposto da R.F.F..

Si osserva invero che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato in ordine alla pena infintagli, avendolo mandato assolto, unitamente all’altro imputato P., dalle ipotesi criminose di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 4, 5, 6 e 7 ed avendo pertanto proceduto ad una riduzione della pena complessiva irrogatagli, in tal modo mostrando di avere attentamente valutato la sua posizione processuale.

La Corte territoriale ha pertanto adempiuto all’obbligo su di essa gravante di motivare in concreto la determinazione della pena, avendo condiviso la valutazione del primo giudice che aveva indicato gli elementi ritenuti determinanti allo scopo, nell’ambito dei criteri offerti dall’art. 133 c.p. (cfr. in termini, Cass. 6^ 2.7.98 n. 9120), e avendo rilevato che la pena stessa era stata determinata praticamente nel minimo edittale.

3. Il ricorso proposto da P.I. e R.F.F. va pertanto dichiarato inammissibile, con loro condanna, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e, ciascuno al pagamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al pagamento delle somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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