T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 01-09-2011, n. 4266 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– il Comune di Arpaia con delibera n. 10 in data 8 maggio 2008 ha dichiarato il dissesto finanziario e, quindi, con D.P.R. in data 10 ottobre 2008 è stato costituito, ai sensi degli artt. 244 e ss. del decreto legislativo n. 267/2000 l’Organo Straordinario di Liquidazione, nominando quale Commissario Straordinario Liquidatore la Dr.ssa S.P.;

– al fine di provvedere al risanamento della situazione deficitaria dell’Ente il Commissario Straordinario Liquidatore – tenuto conto della delibera consiliare n. 11 del 9 giugno 2010, con la quale è stato approvato il "piano di vendita degli immobili di proprietà comunale" – con propria deliberazione in data 21 luglio 2010 ha deliberato di "procedere alla alienazione degli immobili di proprietà comunale così come individuati nel piano di vendita e, quindi, approvare il bando di gara per la vendita di n. 60 lotti di immobili";

– a seguito delle rimostranze dei soggetti occupanti gli immobili destinati alla vendita, la Giunta municipale del Comune di Arpaia con delibera n. 89 del 7 settembre 2010 ha deliberato di "richiedere all’Organo Straordinario di Liquidazione di valutare per gli alloggi di via Corte, via Forche Caudine e via Sannitica la possibilità di privilegiare per l’acquisto gli attuali assegnatari/locatari in modo assoluto e temporaneo, al fine di evitare un’eventuale loro perdita dell’alloggio in assegnazione, adottando eventuali correttivi della procedura in atto";

– con il presente gravame la ricorrente, in qualità di occupante di uno degli alloggi di via Corte destinati all’alienazione, lamenta l’illegittimità della procedura di vendita deducendo i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 58, comma 1, del decreto legge n. 112/2008, dell’art. 255 del decreto legislativo n. 267/2000, nonché del decreto legislativo n. 85/2010. In particolare la ricorrente afferma che la delibera consiliare n. 11/2010 è illegittima in quanto il Comune di Arpaia è un ente dissestato e, quindi, nel caso in esame non può trovare applicazione la disciplina delle dismissioni posta dall’art. 58, comma 1, del decreto legge n. 112/2008, bensì quella posta dall’art. 255 del decreto legislativo n. 267/2000, con l’ulteriore conseguenza che il Consiglio comunale "non è l’organo deputato a formare il piano di vendita per l’alienazione dei beni comunali,… essendo competente, in sede di gestione separata, solo l’Organo Straordinario di Liquidazione". Inoltre la ricorrente lamenta la violazione del decreto legislativo n. 85/2010 evidenziando che gli alloggi di via Corte non sono di proprietà comunale, perché realizzati con fondi di provenienza regionale, e che in ogni caso non sono alienabili in quanto realizzati in base alla legge speciale sul terremoto in Campania; 2) violazione dell’art. 117, comma 3, cost., per illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, del decreto legge n. 112/2008. La ricorrente afferma che la delibera consiliare n. 11/2010 è illegittima anche perché l’art. 58, comma 2, del decreto legge n. 112/2008 è stato dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 340/2009, sicché è venuto meno il presupposto normativo su cui si fonda la predetta delibera; 3) violazione dell’art. 97 cost. e dell’art. 1 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per manifesta illogicità e travisamento dei fatti. La ricorrente afferma che un’ulteriore vizio della delibera consiliare n. 11/2010 è connesso ai dubbi benefici economici che deriverebbero dall’alienazione degli alloggi di via Corte, perché le entrate derivanti da tale alienazione andrebbero a costituire la massa attiva solo nella misura del 25%; 4) eccesso di potere; abuso di potere. La presente censura riguarda i criteri utilizzati dai tecnici comunali nel redigere la stima dei beni da dismettere. In particolare il ricorrente afferma che gli alloggi di via Corte avrebbero dovuto essere stimati secondo i canoni fissati dalle leggi n. 24/2003 e 560/1993; 5) violazione della legge n. 24/2003; eccesso di potere; abuso di potere; disparità di trattamento. La ricorrente lamenta che la delibera consiliare n. 11/2010 non prevede un titolo di preferenza per gli occupanti degli alloggi che siano titolari di un reddito familiare complessivo inferiore al limite fissato dal CIPE o ultrasessantacinquenni o portatori di handicap e non intendano acquistare gli alloggi stessi; 6) violazione delle leggi n. 24/2003 e 560/1993, nonché dei principi di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa. In particolare La ricorrente afferma che l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto munirsi dell’autorizzazione della Regione prima di avviare la procedura di dismissione degli alloggi di cui trattasi e che in ogni caso tale procedura è illegittima perché l’Amministrazione comunale non ha preventivamente notificato agli occupanti degli alloggi la propria intenzione di dismetterli e, quindi, gli occupanti non sono stati messi in condizione di esercitare il diritto di prelazione ad essi spettante;

– il Commissario Straordinario Liquidatore nei propri scritti difensivi ha innanzi tutto eccepito la inammissibilità del presente gravame, evidenziando che: a) l’art. 255, comma 9, del decreto legislativo n. 267/2000 attribuisce all’Organo Straordinario di Liquidazione (e non al Consiglio comunale) la competenza ad avviare le procedure per l’alienazione degli immobili di proprietà comunale; b) sulla scorta di tale disposizione, ha autonomamente deliberato di procedere all’alienazione degli immobili di cui trattasi con propria deliberazione in data 21 luglio 2010, che (sebbene prodotta in giudizio, in allegato alla memoria depositata 13 ottobre 2010) – non è stata ritualmente impugnata; c) nessun rilievo può assumere la delibera consiliare n. 11/2010, perché il Consiglio comunale può interferire con le procedure per l’alienazione degli immobili di proprietà comunale solo mediante l’assegnazione di proprie risorse finanziarie. Inoltre ha eccepito l’infondatezza delle censure dedotte dal ricorrente evidenziando, tra l’altro, che l’art. 255, comma 9, del decreto legislativo n. 267/2000, attraverso il rinvio alla disciplina posta dall’art. 3, comma 1bis, del decreto legge n. 310/1990, consente espressamente l’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica anche se costruiti con fondi statali o regionale e che nel caso in esame risulta inconferente il riferimento alla disciplina posta del decreto legislativo n. 85/2010 in materia di federalismo demaniale perché gli immobili di cui trattasi sono di proprietà comunale;

Motivi della decisione

– l’art. 58 del decreto legge n. 112/2008 disciplina le procedure di "ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali", prevedendo, al comma 1, che "per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera dell’organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione";

– in materia di enti locali dissestati, il decreto legislativo n. 267/2000, dopo aver previsto, all’art. 245, comma 2, che spetta all’organo straordinario di liquidazione provvedere "al ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge", al successivo art. 255, comma 9, introduce una speciale disciplina in materia di dismissioni disponendo che "ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l’organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell’ente, avviando, nel contempo, le procedure per l’alienazione di tali beni. Ai fini dell’alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall’art. 3 del decretolegge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403 e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi attribuite all’organo straordinario di liquidazione le facoltà ivi disciplinate. L’ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni….";

– in forza del rinvio alle disposizioni recate dall’art. 3 del decreto legge n. 310/1990 (in materia di "alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali"), alle procedure di dismissione di cui all’art. 255, comma 9, del decreto legislativo n. 267/2000 risultano applicabili sia il primo periodo del comma 1bis del predetto art. 3, secondo il quale "i comuni e le province possono altresì procedere all’alienazione del patrimonio di edilizia residenziale di loro proprietà, ancorché abbiano usufruito negli anni precedenti di contributo o finanziamento in conto capitale o in conto interessi dallo Stato o dalle regioni", sia il secondo periodo, secondo il quale "la cessione delle unità immobiliari deve avvenire con priorità assoluta per coloro che ne fanno uso legittimo, in base a contratto di affitto, di concessione o comodato";

CONSIDERATO, in via preliminare, che il presente gravame deve essere dichiarato in parte inammissibile, in ragione della omessa impugnazione della deliberazione in data 21 luglio 2010 – con la quale l’Organo Straordinario di Liquidazione ha autonomamente deliberato di "procedere alla alienazione degli immobili di proprietà comunale così come individuati nel piano di vendita e, quindi, approvare il bando di gara per la vendita di n. 60 lotti di immobili" – alla luce delle seguenti considerazioni:

– la procedura di alienazione degli alloggi di via Corte è stata correttamente avviata dall’Organo Straordinario di Liquidazione ai sensi della speciale disciplina posta dall’art. 255, comma 9, del decreto legislativo n. 267/2000, perché il Comune di Arpaia è un ente dissestato e, come evidenziato nella motivazione della predetta deliberazione in data 21 luglio 2010, "la procedura di vendita degli immobili è tesa a soddisfare le esigenze della massa passiva". Né rileva la circostanza che gli alloggi di cui trattasi siano stati realizzati con fondi di provenienza regionale, perché il primo periodo del comma 1bis dell’art. 3 del decreto legge n. 310/1990 consente espressamente ai comuni dissestati di "procedere all’alienazione del patrimonio di edilizia residenziale di loro proprietà, ancorché abbiano usufruito negli anni precedenti di contributo o finanziamento in conto capitale o in conto interessi dallo Stato o dalle regioni";

– la stessa ricorrente nel formulare il primo motivo ammette che – stante la disciplina posta dall’art. 255, comma 9, del decreto legislativo n. 267/2000 – il Consiglio comunale "non è l’organo deputato a formare il piano di vendita per l’alienazione dei beni comunali,… essendo competente, in sede di gestione separata, solo l’Organo Straordinario di Liquidazione". Ciononostante la ricorrente, neppure dopo il deposito della predetta deliberazione dell’Organo Straordinario di Liquidazione in data 21 luglio 2010, ha provveduto ad impugnare tale deliberazione;

– risulta quindi evidente che la ricorrente non ha alcun interesse all’annullamento degli atti impugnati con il presente gravame, perché la lesione del suo interesse ad impedire la vendita dell’immobile dallo stesso occupato o quantomeno a rideterminare il prezzo di vendita discende direttamente dalla predetta deliberazione del data 21 luglio 2010. Infatti nessun rilievo possono assumere la delibera consiliare n. 11/2010 e la successiva delibera della Giunta municipale n. 89/2010 perché, come correttamente evidenziato dall’Organo Straordinario di Liquidazione nelle sue difese, l’unico ruolo riconosciuto agli organi dell’ente locale nell’ambito della disciplina posta dall’art. 255, comma 9, del decreto legislativo n. 267/2000 consiste nella facoltà di evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili mediante l’assegnazione di proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Né a diverse conclusioni può condurre l’impugnazione del bando di gara, perché tale atto è meramente attuativo della decisione assunta dall’Organo Straordinario di Liquidazione con la predetta deliberazione in data 21 luglio 2010;

CONSIDERATO altresì che, quanto alle censure con cui la ricorrente lamenta di non essere stato in condizione di esercitare il diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile dallo stesso occupato, il presente gravame deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione. Infatti, secondo la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. un., 18 gennaio 2005, n. 844), la previsione dell’art. 3, comma 1- bis, d del decreto legge n. 310/1990 attribuisce agli utenti legittimi degli immobili posti in vendita dall’ente pubblico un diritto soggettivo perfetto di prelazione in ordine a tali immobili. Appartiene quindi alla giurisdizione del giudice ordinario – avanti al quale potrà essere riproposta con salvezza degli effetti sostanziali e processuali nel rispetto del termine di cui al co. 2 dell’art. 11 c.p.a. – la cognizione della controversia avente ad oggetto l’esercizio, in forza di prelazione, del diritto di concludere il contratto di acquisto di un immobile, condotto in locazione e posto in vendita dall’ente proprietario, indipendentemente dalla eventuale pregressa partecipazione del conduttore al procedimento amministrativo di alienazione dell’immobile stesso;

CONSIDERATO che, tenuto conto di quanto precede, le spese del presente giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, devono essere poste a carico della parte ricorrente;

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5092/2010, lo dichiara in parte inammissibile per carenza di interesse e in parte inammissibile per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia in parte devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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