Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-05-2011) 29-07-2011, n. 30280

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. S.R. – all’epoca dei fatti Generale di Corpo d’armata dell’Esercito italiano e Comandante generale della Guardia di Finanza – e B.U. – all’epoca dei fatti Generale di Divisione della Guardia di Finanza – erano stati tratti a giudizio dinanzi al Tribunale militare di Roma per rispondere: lo S. di vari fatti di peculato militare aggravato e continuato (capi A, C, D, E, F), abuso nell’imbarco di merci aggravato (capo A), forzata consegna aggravata (capo B), abuso nell’imbarco di passeggeri aggravato (capi E e F); B. di concorso nei reati contestati ai capi A) e B).

1.1. Con sentenza in data 7 novembre 2009 il Tribunale militare li assolveva entrambi da tutti i reati con la formula il fatto non sussiste.

1.2. Proposta impugnazione dal Pubblico ministero, la Corte militare di appello di Roma, con sentenza del 13 maggio 2010:

– confermava l’assoluzione degli imputati dal reato di forzata consegna contestato al capo B) con riferimento alla vicenda indicata al capo A); dal reato continuato di peculato militare e di abuso nell’imbarco di passeggeri relativo ai fatti commessi il 17 e 21 febbraio 2005, contestati al capo E); dalle ipotesi di abuso nell’imbarco di merci e di passeggeri contestati nell’ambito dei capi A) e F);

– dichiarava invece S. e B. responsabili del reato di peculato militare aggravato contestato nell’ambito del capo A) e il solo S. responsabile anche dei reati di peculato militare aggravato contestati nell’ambito dei capi C), D) e F); riconosceva ad entrambi le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante di cui all’art. 48 c.p.m.p., u.p., valutate prevalenti sulle aggravanti;

– condannava per l’effetto S.R. alla pena di un anno e otto mesi di reclusione e B.R. alla pena di un anno di reclusione, sostituite le pene con la reclusione militare; nonchè, entrambi, alla pena accessoria dalla rimozione del grado; sospendeva condizionalmente le pene principali e accessorie e disponeva che non se ne facesse menzione nel certificato del casellario giudiziale.

2. I fatti di peculato, attribuiti agli imputati ex art. 215 c.p.m.p., nella sentenza di condanna della Corte militare di appello consistono:

– (Capo A) nell’essersi il Generale S. e il Generale B. – agendo quali Comandante Generale della Guardia di Finanza e Comandante del centro Aviazione della Guardia di Finanza di Pratica di Mare – appropriati il velivolo ATR 42 M.P. Maritime Patrol Surveyor Grifo 14, M.M. della Guardia di Finanza e le energie lavorative di piloti e specialisti componenti l’equipaggio di volo, distogliendoli dal pattugliamento marittimo costiero e disponendone per finalità personali e private, e in particolare disponendone per trasportare pesce fresco destinato ad essere consumato in un rinfresco offerto dal Generale S. a suoi ospiti privati, con lui in vacanza presso la Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo; in tal modo arrecando all’Amministrazione militare un danno pari al costo orario complessivo del velivolo, del carburante utilizzato per il volo di andata e ritorno Pratica di Mare-Verona, della diaria e indennità di volo corrisposta ai componenti l’equipaggio; con l’aggravante per entrambi del grado rivestito e per lo S. del concorso con inferiore; fatti realizzati il 26 agosto 2005;

– (Capo C) nell’essersi il Generale S. – agendo quale Comandante Generale della Guardia di Finanza e pur disponendo per le proprie esigenze sia di mezzi di servizio sia di personale militare addetto alla guida e alla sua tutela – appropriato il veicolo fuoristrada Land Rover Discovery della Guardia di Finanza, tg.

(OMISSIS), assegnato per esigenze tecniche al Laboratorio Cripto del Reparto tecnico del Quartier Generale della Guardia di Finanza, e le energie lavorative del conducente del veicolo, appuntato scelto C., distogliendoli dal servizio di istituto e disponendone per finalità personali e private e, in particolare, per trasportare gli ospiti personali del Generale S., e i loro bagagli, in occasione di escursioni, passeggiate e cene durante la vacanza, del Generale e dei suoi ospiti, presso la Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo; in tal modo arrecando all’Amministrazione militare un danno pari al costo del carburante utilizzato per la copertura di circa 2.142 chilometri e della diaria e indennità di missione isolata fuori sede corrisposta all’appuntato C.; con l’aggravante del grado rivestito; fatti realizzati dal 19 al 27 agosto 2005;

– (capo D) nell’essersi il Generale S. – agendo nelle medesime qualità e condizioni – appropriato il veicolo fuoristrada Land Rover Discovery della Guardia di Finanza, tg. (OMISSIS), assegnato per esigenze tecniche alla Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo, e le energie lavorative del conducente del veicolo, appuntato scelto M., distogliendoli dal servizio di istituto e disponendone per finalità personali e private e, in particolare, per trasportare dall’aeroporto di Verona a Predazzo le casse di pesce portate dall’aereo al capo A); in tal modo arrecando all’Amministrazione militare un danno pari al costo del carburante utilizzato per la copertura di circa 337 chilometri e della diaria e indennità di missione corrisposta all’appuntato M.; con l’aggravante del grado rivestito; fatti realizzati dal 19 al 27 agosto 2005;

– (capo F) nell’essersi il Generale S. – agendo come sopra – appropriato il velivolo ATR 42 MP Surveyor della Guardia di Finanza e le energie lavorative di piloti e specialisti componenti l’equipaggio di volo, distogliendoli dal pattugliamento marittimo costiero e disponendone per finalità personali e private, e in particolare disponendone per trasportare lo stesso Generale con i suoi ospiti e parenti da Pratica di Mare a Bolzano e da Bolzano a Pratica di Mare, in occasione di viaggi di andata e di ritorno della loro vacanza presso la foresteria della Scuola Alpina di Pedrazzo; con l’aggravante del grado rivestito; fatti realizzati il 20 e il 27 agosto 2005. 2.1. A premessa della decisione – dopo avere riassunto la sentenza di primo grado, i motivi dell’impugnazione del Pubblico ministero, le conclusioni delle parti – la Corte militare di appello respingeva l’eccezione relativa alla carenza di giurisdizione militare, prospettata dai difensori degli imputati sull’assunto che i fatti contestati integravano, semmai, un peculato d’uso e sarebbero stati perciò di competenza dell’Autorità giudiziaria ordinaria. La sentenza afferma che la nozione di uso momentaneo non s’attagliava alle situazioni descritte per plurime ragioni strutturali; la contestazione concerneva inoltre anche aspetti, definiti "appropriativi accessori" e ad effetto irreversibile, quali il rilevante consumo di carburante, i costi dei controlli tecnici, le indennità erogate al personale, economicamente importanti. Per conseguenza, a seguire la tesi difensiva in relazione all’uso momentaneo dei mezzi, inevitabilmente si sarebbero dovuti considerare partitamente anche tali diversi profili: con inevitabile moltiplicazione delle imputazioni e, attesa la sicura maggiore gravità di quelle comunque integranti i reati militari di peculato per appropriazione, con sicuro risultato di sfavore per gli imputati.

2.2. Nel merito, a giustificazione delle condanne, la sentenza rileva anzitutto – e in linea generale – che il Corpo della Guardia di Finanza non aveva in dotazione un aereo del quale il Comandante Generale potesse direttamente disporre per i suoi spostamenti, nè un mezzo simile era previsto per alcuno dei Comandanti delle Forze Armate (non prevedeva in particolare voli di Stato per tali cariche la Direttiva sul Trasporto aereo di Stato del 21.11.2000 all’epoca vigente e non consentivano l’uso personale dei mezzi aerei del corpo le altre disposizioni regolamentari).

2.3. Con riguardo al reato al capo F) – concernente l’impiego del mezzo aero da pattugliamento marittimo per il viaggio di andata del Generale S. con familiari parenti e ospiti al luogo del soggiorno estivo, e per il viaggio di ritorno -, si osserva poi in particolare:

– che l’imputato era in licenza ordinaria, libero da impegni di servizio, e s’era recato a trascorrere un normale periodo di vacanza con moglie, suoceri e amici, alloggiando nella foresteria della Scuola Alpina di Pedrazzo;

– che per il periodo in considerazione, dal 19 al 27 agosto 2005, il Generale S. aveva in uso la BMW X5 del Comando, con autista;

– che tale auto era giunta a Predazzo con a bordo il solo autista N., avendo il Generale disposto che per il viaggio suo e dei suoi ospiti fosse impiegato l’ATR 42 da Pattugliamento Marittimo in dotazione al Gruppo Esplorazione Aeromarittima di Pratica di Mare;

– che L’utilizzo del mezzo aereo da ricognizione per i viaggi di trasferimento della comitiva era del tutto arbitrario.

2.4. In relazione al peculato al capo A) – concernente l’impiego dell’aero destinato a pattugliamento marittimo per il trasporto di pesce fresco da utilizzare nella cena di fine soggiorno offerta dal Generale ai suoi ospiti -, si evidenzia:

– che per l’acquisto del pesce, a spese del Generale, lo stesso aveva dato personalmente incarico, telefonico, a tale A.M., collaboratore di M.P., ristoratore e aggiudicatario della fornitura di catering per il Comando Generale, nonchè amico del Generale S., con il quale secondo il cuoco V. lo stesso generale aveva organizzato dei dettagli dell’ordinazione;

– che in base al fonogramma del 24.8.2005 n. 6257 del Comando Generale della Guardia di Finanza, Centrale Operativa, risultava essere stato disposto che l’aereo ATR 42 MP si alzasse in volo alle ore 10 del 26.8.2005 da Pratica di Mare diretto a Bolzano, per "trasferimento autorità", e che restasse a Bolzano sino al 27 agosto, per effettuare il volo di rientro a Roma dopo avere imbarcato il Generale S. e i suoi ospiti;

– che il volo doveva essere pilotato dal Maggiore Ve., il quale aveva però riferito che il contenuto del fonogramma del 24 agosto non gli era stato comunicato, mentre nella riunione del pomeriggio del 25 e nella mattinata del 26 agosto era stato informato che il volo avrebbe dovuto effettuare un viaggio di andata e ritorno in giornata, per il trasporto di "Autorità";

– che al momento della partenza il Maggiore Ve. aveva costatato che sull’aereo veniva imbarcato pesce e non v’era alcuna "Autorità" (nè passeggero); aveva cercato allora di contattare i suoi superiori, ritenendo non giustificabile quel trasporto e aveva investito del problema il suo superiore Maggiore Sp.;

– che era intervenuto il Generale B., il quale, raggiunti sul piazzale di volo il Maggiore Ve. e il Maggiore Sp., aveva parlato con i due e aveva quindi effettuato, allontanandosi, una chiamata con il suo telefono mobile; al ritorno aveva comunicato al Ve. che doveva andare, perchè il volo era attività "favorevole al Comandante Generale", proponendo di qualificare il volo come "addestrativo" – cosa che il Maresciallo Ve. aveva rifiutato pretendendo che ne fosse indicata la reale tipologia, di volo "operativo"; il generale B. per rassicurare il pilota s’era anche impegnato a formalizzare un ordine scritto di partenza, poi non emanato;

– che l’interlocutore telefonico del B. non poteva che essere stato lo stesso Generale S., il cui staff era in quel momento in ferie e che aveva personalmente organizzato con il M. la spedizione del pesce, anche perchè il Comandante Generale non poteva non essere informato di decisioni che personalmente lo riguardavano;

– che il Ve. aveva obbedito effettuando il volo, ma qualificandolo come "operativo" e atterrando, a causa delle condizioni metereologiche ritenute avverse, a Verona e rientrando a Pratica di Mare alle ore 13,40;

– che non era stato possibile stabilire con esattezza chi e quando avesse disposto che il volo doveva rientrare in giornata, sul punto le deposizioni dei membri dell’equipaggio e dello stesso Ve. risultando confuse; consentiva di formulare dei dubbi quanto dichiarato dal Tenente Colonnello P., Comandante interinale del Comando Operativo di Pratica di Mare, secondo cui egli aveva disposto che il volo per il rientro del Generale S. fosse effettuato direttamente la mattina del 27 agosto stante il mancato arrivo delle "Autorità", visto che i documenti di volo comprovavano che il mutamento di programma era avvenuto quando il volo con il carico di pesce era già rientrato a Pratica di Mare;

– che illuminava la vicenda la nota 24141 del 25.8.2005, a firma del Tenente Colonello Pi., "d’ordine" del suo superiore, che era il Generale B.i, con la quale il Comando Centro Aviazione della Guardia di Finanza di Pratica di Mare chiedeva al Comando della Brigata Aerea in sede di fare accedere senza formalità alle ore 9,45 nell’area aeroportuale, per l’imbarco su un veicolo del Corpo, il dott. D.M.P. con moglie: ovverosia colui che, intimo amico del Generale S. e testimone di nozze di suo figlio, era il ristoratore cui il Generale s’era personalmente rivolto per l’ordinazione del pesce, (trattando dapprima con lui e facendolo quindi parlare per i dettagli con il cuoco V., come da deposizione di costui, le cui incertezze consentivano di ritenere compatibile il momento della telefonata con quello della nota);

– che era plausibile dunque che la decisione di far rientrare il volo la sera stessa del 26 agosto fosse stata presa proprio nel corso della telefonata "riservata" fatta dal Generale B. a seguito delle rimostranze del Maresciallo Ve., che sosteneva di non avere mai saputo della precedente pianificazione del volo con pernottamento;

– che era comunque impossibile che il Maresciallo Ve., nonostante la sua fermezza, avesse potuto decidere da sè di far rientrare l’aereo la sera del 26 modificando di sua iniziativa il piano dell’operazione; ed era parimenti impossibile, comunque, che del mutamento del piano di volo rispetto alle disposizioni del 24 agosto, e del fatto che per il viaggio di ritorno del Comandante generale sarebbe stato inviato il giorno 27 altro aereo con altro orario (e diverso equipaggio), non fosse stato investito il Comando Generale, che secondo il Tenente Colonnello P. – reggente il Comando Operativo Aeronavale quel giorno – era sempre informato in tempo reale di ogni variazione circa i voli;

– che era stato per altro lo stesso Tenente Colonnello P., pur vago nel riportare la sequenza cronologica degli eventi e poco credibile allorquando aveva affermato che le nuove disposizioni erano state determinate dal fatto che le "autorità" non si erano presentate, ad affermare che lui si era in realtà limitato a dare disposizioni per la partenza del volo del 27 agosto, e che per il volo del 26 chi aveva deciso che doveva andare, aveva anche deciso che "andasse e tornasse";

– che alla luce del complesso degli elementi acquisiti era da escludere che si fosse organizzata la partenza del volo alle 10 della mattina del 26 agosto, prevedendone la sosta notturna a Bolzano, solo perchè il Generale S. avrebbe in un primo momento manifestato l’intenzione, poi revocata, di partire la mattina presto del 27 agosto alle ore 7; apparendo invece evidente che il volo programmato in partenza per la mattina del 26 agosto era destinato proprio a servire il banchetto del Generale, trasportando il pesce fresco per la tavola e probabilmente, secondo le originarie intenzioni, anche il ristoratore amico e fornitore del generale, con consorte.

2.5. Quanto alla specifica posizione del B., sempre in relazione al capo A), si evidenzia inoltre:

– che la circostanza che il Generale B. fosse il Comandante del Centro Aviazione, si occupasse quindi di attività logistica e non avesse competenza funzionale sui voli, dimostrava che il suo interessamento nella vicenda era personale e determinato dai suoi rapporti con il Generale S.;

– che la tesi dei difensori, che il Generale B. si sarebbe recato sul posto per salutare le "Autorità" che sarebbero dovute arrivare, era inverosimile, giacchè era impossibile che ciò avesse fatto senza neppure sapere di quali "Autorità" si trattasse e ignorando che non si erano presentate (era appunto il Generale B. il Capo Ufficio del Tenente Colonnello Pi., il quale aveva firmato, "d’ordine" del suo superiore, la richiesta d’ingresso senza formalità per i coniugi d.M. del 25 agosto); nè il Generale B. aveva mai dato personalmente una spiegazione dell’accaduto;

– che neppure era credibile, perciò, il Generale S., allorchè aveva affermato che non aveva parlato del trasporto del pesce con B., il quale non aveva con lui in questa vicenda nulla "da spartire" essendo in rapporto di "normale dipendenza":

tanto più alla luce del fatto che proprio il B. aveva preso posto il 27 agosto sul volo che doveva prelevare per il viaggio di ritorno il Comandante Generale e in più occasioni, come risultava dagli atti, aveva fatto parte del "seguito" del Generale S.;

– che del tutto irrilevanti in relazione al thema decidendum erano le osservazioni difensive sulle asserite contraddizioni in cui sarebbero incorsi i testi quanto a tipo di furgone usato per il trasporto del pesce, modalità e tempi del suo ingresso e della sua uscita dal comprensorio, provenienza dell’ordine d’imbarco, base reale della decisione di atterrare a Verona anzichè a Bolzano.

2.6. In relazione all’ipotesi di peculato al capo C) – concernente l’impiego del fuoristrada Land Rover Discovery della Guardia di Finanza, tg. (OMISSIS), per trasportare gli ospiti del Generale S. e i loro bagagli durante la vacanza dal 19 al 27 agosto – si osserva:

– che la disposizione di far giungere a Pedrazzo il fuoristrada oggetto di tale imputazione sub C) il riferimento all’imputazione sub B è evidentemente frutto di mero refuso, riferendosi tale capo al reato di violata consegna in relazione all’accesso in zona aeroportuale militare del M. e consorte, per il quale la Corte d’appello ha confermato l’assoluzione degli imputati risultava – in base al carteggio acquisito e alle dichiarazioni dell’autista C. – impartita dal Comandante Generale;

– che l’affermazione del Generale S., secondo cui tutto era stato organizzato dai suoi collaboratori, non era credibile poichè non poteva ammettersi che le disposizioni fossero state impartite a sua insaputa, ed era comunque irrilevante, perchè il Generale non aveva sollevato obiezioni e, come da lui stesso ammesso, aveva ampiamente utilizzato il mezzo assieme alla sua comitiva sin dall’arrivo a Bolzano;

– che il mezzo non era tra quelli in dotazione al Comando Generale, ma era assegnato al Laboratorio Cripto del Reparto Tecnico del Quartier Generale della Guardia di Finanza, privato così della possibilità di disporne per tutta la durata del soggiorno del Generale S. a Pedrazzo;

– che il Generale S. aveva già a disposizione, per le proprie esigenze, il fuoristrada MMW X5, semiblindato, e, se fosse stato realmente impegnato per servizio, avrebbe potuto usare il fuoristrada in dotazione della Scuola;

– che il fuoristrada fatto giungere da Roma serviva dunque per gli spostamenti della comitiva in vacanza ed era stato perciò illegittimamente impiegato al di fuori delle esigenze istituzionali.

1.7. Con riferimento all’ipotesi al capo D) – concernente l’impiego del fuoristrada Land Rover Discovery della Guardia di Finanza, tg.

(OMISSIS) per trasportare dall’aeroporto di Verona a Predazzo le casse di pesce portate con l’aereo il 26 agosto;

– si rileva infine:

– che l’impiego del fuoristrada della Scuola Alpina di Pedrazzo contestato al capo D) anche in questo caso il riferimento al capo C) appare conseguenza di mero refuso, quello già evidenziato per il capo precedente, che ha evidentemente comportato uno "slittamento" nella individuazione dei capi non s’era risolto in un uso momentaneo, ma in un lungo viaggio di circa 377 chilometri;

– che l’impiego del mezzo non era dettato da alcuna ragione di servizio, ma serviva soltanto a far giungere a destinazione il carico di pesce del quale s’era già trattato al capo A).

3. Avverso detta decisione hanno proposto ricorso gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori – avvocati Massimo Letizia ed Elvira Svariati per B. e avvocato Francesca Renata Natale per S. – chiedendone l’annullamento.

4. Ricorso S..

4.1. Con il primo motivo si denunzia il difetto di giurisdizione della Autorità giudiziaria militare. Si afferma – richiamate C. cost. n. n. 448 del 1991 e n. 286 del 2008, nonchè Sez. 1, 28.3.1997, n. 2950 – che i fatti di peculato contestati come appropriativi costituirebbero al più peculato d’uso, ai sensi dell’art. 314 cod. pen., comma 2 e sarebbero per tale ragione di competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria. I mezzi di trasporto erano stati difatti usati e restituiti. Non v’era stata appropriazione nè dal punto di vista oggettivo nè da quello soggettivo. Le condotte contestate erano del tutto analoghe a quelle oggetto, appunto, di C. cost. n. 226 del 2008 (uso a fini privati di un’autovettura di servizio e del relativo autista). I cosiddetti "profili appropriativi accessori" non potevano avere valenza ai fini della configurabilità del peculato per appropriazione previsto dall’art. 215 c.p.m.p., giacchè quanto al consumo di carburante, costituivano aspetti necessariamente legati all’uso dei mezzi di trasporto e in esso assorbiti, quanto all’uso dell’energie lavorative integravano semmai fatti di abuso d’ufficio, non essendo concepibile l’appropriazione di persone e della loro attività (si cita Sez. 6, sent. n. 8494 del 1998).

4.2. Con il secondo motivo si denunziano violazione di legge, in relazione all’art. 314 cod. pen., alla direttiva 21.11.2000 e alla direttiva CENOP 1/97, e vizi di motivazione, con riguardo alla legittimità dell’uso del mezzo aereo.

Si afferma che il rilievo secondo cui il Comandante Generale della Guardia di Finanza poteva utilizzare i mezzi aerei del Corpo soltanto "in casi eccezionali" e per motivi attinenti a "specifici impegni di servizio", e non anche per qualsivoglia spostamento (avente anche latamente carattere istituzionale), sarebbe frutto dell’erronea considerazione della non pertinente direttiva 21.11.2000 sul trasporto aereo di Stato – riferentisi invece ai soggetti istituzionali che hanno diritto all’utilizzo di quei mezzi indipendentemente da specifiche esigenze di servizio -; della erronea considerazione della Circolare non più attuale 60000/310 del 29.3.1980; dell’omessa considerazione della disciplina pertinente, dettata dalla circolare CENOP 1/97 nella quale espressamente si prevede l’impiego di mezzi aerei per "agevolare l’esercizio dell’azione di comando", sulla base di valutazioni che tengano conto anche "dell’apporto indiretto all’attività operativa in chiave di deterrenza e dell’effetto immagine". Proprio sulla base di detta normativa la Corte dei conti aveva d’altra parte escluso una responsabilità erariale dell’imputato ritenendo sufficiente la sussistenza di un legame, anche parziale, con un’attività istituzionale di rappresentanza. La stessa Corte d’appello aveva, d’altra parte, escluso la configurabilità del reato al capo E) in relazione al viaggio aereo per raggiungere Passo Rolle ove era in corso la 55A edizione delle gare invernali di sci della Guardia di Finanza. Contraddittoriamente il medesimo collegamento ad attività rivestenti rilievo istituzionale era stato escluso per gli altri fatti sulla base di una lettura inspiegabilmente restrittiva della nozione di servizio.

4.3. Con il terzo motivo si denunziano vizi della motivazione in relazione alla ricostruzione della vicenda del trasporto del pesce, oggetto delle imputazioni "ai capi A), B) e D)".

Si sostiene che il volo del 26 agosto, originariamente destinato a imbarcare nella mattina del 27 il Generale per il suo rientro a Roma, s’era trasformato in un improprio trasporto merci solo a causa dell’ordine di rientro in giornata. Pur ammettendo che non era possibile individuare con certezza come, e da chi, fosse promanato detto ordine, del tutto contraddittoriamente ed arbitrariamente, sulla base di deposizioni apertamente riconosciute come inattendibili, confuse e incerte (in specie del Tenente Colonnello P.), la Corte d’appello aveva finito per attribuirne la responsabilità al Generale S..

4.4. Con successiva memoria, depositata in vista dell’udienza, la difesa del Generale S. riassume e sottolinea le doglianze articolate in ricorso: (a) a proposito dell’uso solo momentaneo dei mezzi indicati nei capi d’imputazione; della configurabilità, perciò, del solo peculato d’uso; della conseguente attribuzione della cognizione alla giurisdizione ordinaria; (b) a proposito della ritenuta non riferibilità dell’uso dei mezzi ad esigenze di servizio, da intendere in senso più lato; (c) a proposito dell’addebito alla stregua di peculato del volo per il trasporto di pesce, in realtà dipendente soltanto dalla duplicazione del volo, inopinatamente essendo stato fatto rientrare in giornata l’aero originariamente destinato al ritorno del Generale S., per ordine non dell’imputato.

5. Ricorso B..

5.1. Con il primo motivo si denunzia, analogamente all’altro ricorso, il difetto di giurisdizione militare, richiamandosi le pronunzie della Corte costituzionale in tema di art. 215 c.p.m.p. e L. 9 dicembre 1941, n. 1383, art. 3. 5.2. Con il secondo motivo si denunzia violazione della legge sostanziale per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente nell’uso dell’aereo il peculato per appropriazione, anzichè eventualmente mere condotte d’abuso d’ufficio (per la "distrazione") e di peculato d’uso (per l’impiego momentaneo). Si censura in particolare la nozione di appropriazione adottata nella sentenza impugnata sulla base di una asserita complessità delle operazioni materiali implicate dall’impiego del mezzo aereo, costituente in realtà elemento estraneo al precetto (alla condotta rilevante secondo tipo normativo). E si assume che nell’unico fatto attribuito al B., la contestazione riferita ad un comportamento temporalmente assolutamente delimitato aveva tale rilievo pervasivo da non potere non incidere anche sulla valenza giuridica dei fatti.

In nessun modo poteva poi ritenersi configurabile un peculato per appropriazione di energie lavorative.

5.3. Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge in relazione alla ritenuta configurabilità del peculato per appropriazione in relazione al reato al capo A), in considerazione dell’affermata appropriazione delle altre cose mobili (carburante, diarie del personale impiegato) il cui impiego sarebbe stato implicato dall’uso del mezzo aereo, sostenendosi non molto chiaramente che, invece, "in nessun modo le norme richiamate prescrivono che riguardo ad alcune cose mobili (che per il principio di stretta legalità dovrebbero essere anche specificamente indicate) l’uso (illecito) posto in essere dal pubblico ufficiale equivalga appropriazione quando (o a causa del fatto che) implichi "la contestuale appropriazione di altre cose mobili". Dal tenore della sentenza appariva per altro evidente che erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che l’uso di un apparato organizzativo complesso equivalesse ad appropriazione.

5.4. Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge con riferimento alla valorizzazione del D.P.C.M. 21 novembre 200 in luogo della Direttiva CENOP 1/97.

Il D.P.C.M. citato dalla sentenza impugnata si riferiva esclusivamente al personale civile dello Stato e non anche al personale militare. La direttiva CENOP 1/97 costituisce invece autonoma e specifica fonte regolatrice le situazioni in esame ed essa prevede che "le unità aeree … possono essere altresì utilizzate per agevolare l’azione di Comando … la competenza a disporre l’impiego delle unità aeronavali in attività diverse … è attribuzione esclusiva del Comando Generale". Le decisioni concernenti l’impiego dei mezzi aerei affidata al Comando Generale avrebbe dunque carattere discrezionale e non sarebbe (neppure incidentalmente) censurabile per ragioni di merito. Al B., comandante del Centro Aviazione, non poteva in ogni caso addebitarsi di non avere sindacato la discrezionalità delle determinazioni assunte dal Comandante Generale. D’altronde la Disposizione 5.12.20032 del Comando Aeronavale prevedeva che "l’utilizzo di mezzi aeronavali in servizio non d’istituto debet essere sempre autorizzato da questo COGEGUARFI/ 3^ Reparto CENOP". E nè di tali fonti nè della deposizione del generale Poletti la Corte d’appello aveva tenuto alcuna considerazione.

5.5. Con il quinto, sesto e settimo motivo si denunziano vizi della motivazione in riferimento alla ricostruzione del ruolo assunto nella vicenda del 26 agosto dal Generale B..

Si assume:

(quinto motivo) che la Corte d’appello avrebbe parlato del rilievo decisivo della condotta del B. e del suo ruolo determinante in assenza di adeguati elementi di prova e travisando le risultanze processuali, in particolare le dichiarazioni del Maresciallo Sp. (credeva che il B. fosse arrivato casualmente), dello stesso Maresciallo Ve. (alle parole di S., che riferiva che Ve. non voleva fare il volo perchè non c’era l’autorità, aveva risposto "E quindi?", ma non ricordava cosa gli avesse effettivamente detto B. per superare le sue perplessità);

(sesto motivo) che prova della responsabilità sarebbe stata arbitrariamente tratta dalla circostanza che il B. aveva effettuato una telefonata – che nessuno aveva udito, che non si conosceva a chi fosse diretta, i cui contenuti effettivi erano ignoti – sulla base di mere illazioni;

(settimo motivo) che immotivatamente e illogicamente la Corte d’appello aveva ritenuto prive di rilievo tutte le questioni poste dalle difese nelle memorie e nelle conclusioni, pur avendo riconosciuto l’esistenza di certezze sul punto relativo alla provenienza dell’ordine che l’aereo rientrasse in giornata;

completamente pretermessa era stata inoltre la valutazione della deposizione del copilota O. (che tra l’altro aveva detto che quando era giunto B., il velivolo era stato già caricato).

5.6. Con l’ottavo motivo si denunziano violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo alla tesi sostenuta dalla sentenza impugnata, che il B. avrebbe impartito anche l’ordine di rientro dell’aereo per la stessa sera del 26 agosto. Dalla istruttoria espletata emergeva infatti inequivocabilmente che il volo di rientro del 26 agosto era stato già pianificato il giorno precedente, tanto dimostrando le dichiarazioni dei componenti l’equipaggio Me. e Z. (secondo cui dal giorno precedente sapevano che sarebbero rientrati in giornata), il P. essendo stato, per stesso riconoscimento della Corte d’appello, ambiguo e confuso; il rapporto cronologico del 26-27 giugno non offriva d’altra parte alcuna conferma alla tesi della Corte d’appello e non nominava il B.; e le dichiarazioni dei redattori di tale rapporto escludevano contatti con il B.. L’attribuzione al B. della responsabilità per tale ordine era dunque sguarnita di prova, era basata su supposizioni e violava il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

5.7. Con il nono motivo si denunziano violazione di legge e vizi di motivazione sotto il profilo della attribuzione al B. di una condotta rilevante ai sensi dell’art. 110 cod. pen.: nè la telefonata nè altro comportamento del B. potevano considerarsi penalmente rilevanti; la Corte d’appello a più riprese aveva osservato che la realizzazione del reato doveva farsi risalire alla sola volontà del Generale S.; il contributo di un altro ufficiale, per di più privo di potere di comando, non era necessario.

Sotto diverso profilo si deduce da ultimo che era in ogni caso contraddittoria e illogica la giustificazione del diniego dell’attenuante dell’art. 59 c.p.m.p.: l’affermazione che il B. avrebbe agito spontaneamente e d’iniziativa appariva in contrasto con quanto prima osservato a proposito della telefonata e con le osservazioni della stessa Corte sul fatto che non era possibile attribuire al B. una partecipazione anche alla pregressa fase dell’organizzazione del volo.

Motivi della decisione

(1 – Censure comuni ai due ricorsi).

1. Entrambi i ricorrenti hanno reiterato, con il primo motivo di ricorso, l’eccezione concernente il difetto della giurisdizione militare, a favore di quella ordinaria, sul presupposto che i peculati contestati erano da qualificare, alla stregua dell’art. 314 c.p., comma 2, come di mero uso, non comportando le condotte contestate stabile appropriazione dei mezzi impiegati.

Le censure sono in parte fondate, anche se, non potendo essere accolte per tutti i profili appropriativi addebitati, non paiono – come già ventilava la Corte militare di appello – di risolutivo vantaggio per gli imputati. Essendo la questione così insistentemente prospettata rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado, la Corte non può tuttavia esimersi dall’affrontarla.

1.1. Nel caso in esame, sono state contestate agli imputati nell’ambito dei capi A), C), D) e F) ipotesi di peculato concernenti:

– (I) l’indebito impiego ad uso personale di velivoli militari destinati al pattugliamento marittimo (capo A, relativo al volo di andata e ritorno Pratica di Mare – Verona del velivolo ATR 42 Maritime Patrol Surveyor Grifo 14, M.M., per il trasporto del pesce per la cena di fine soggiorno a Pedrazzo; capo F, relativo ai viaggi di andata e ritorno Pratica di Mare – Bolzano del 20 agosto 2005 e Bolzano – Pratica di Mare del 27 agosto 2005, per il trasporto del Generale S. e dei suoi ospiti nel e dal luogo di vacanza presso la Scuola Alpina di Pedrazzo), nonchè di veicoli fuoristrada dell’amministrazione militare (capo C, relativo all’uso dal 19 al 27 agosto 2005 del fuoristrada Land Rover Discovery assegnato al Laboratorio Cripto del Reparto tecnico del Quartier Generale della Guardia di Finanza; capo D, relativo all’uso il 27 agosto 2005 del fuoristrada Land Rover Discovery assegnato alla Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo);

(2) il connesso consumo del carburante fornito dall’amministrazione militare per l’uso dei mezzi di trasporto, di aria (capo A, per il viaggio Pratica di Mare – Verona; capo F, per i due viaggi Pratica di Mare – Bolzano) e di terra (capo C, consumo di carburante per coprire circa 2.142 chilometri; capo D, consumo per circa 337 chilometri);

(3) l’impiego a fini privati di personale dell’amministrazione militare utilizzato come pilota ed equipaggio dei velivoli (capi A e F, viaggio a.r. Pratica di Mare – Verona e due viaggi a.r. Pratica di Mare – Bolzano) e per condurre, comandato in "missione" fuori sede, gli automezzi indebitamente usati (capo C, relativamente alla diaria e indennità di missione isolata fuori sede per l’appuntato C. dal 20 al 27 agosto; capo D, relativamente a diaria e indennità di missione corrisposta all’appuntato M. per andare a prelevare a Verona, con il fuoristrada al capo D, il pesce trasportato con il velivolo al capo A).

La Corte militare di appello ha ritenuto che tutte codeste condotte integrassero fatti di peculato militare ai sensi dell’art. 215 c.p.m.p., non già di peculato d’uso secondo quanto sostenuto dalle difese, affermando che: la nozione di uso momentaneo non s’attagliava alle situazioni descritte; per muovere un aereo occorreva disporre di una organizzazione e di un apparato complessi; l’addebito riguardava inoltre non soltanto la materiale utilizzazione del velivolo e degli automezzi, ma anche il consumo del carburante, le energie lavorative e le diarie del personale impiegato; siffatti aspetti "appropriativi accessori", erano nel caso in esame di portata tanto vasta da non potere essere obliterati.

1.2. Le considerazioni della Corte di appello peccano tuttavia per eccessiva semplificazione.

Non può negarsi che per muovere un aereo occorre muovere con esso un’organizzazione e un apparato complessi e costosi; e la Corte di appello ha altresì evidenziato che i velivoli militari, equipaggiati per il pattugliamento marittimo, avevano dovuto persino essere disallestiti – per adattarli ai diversi impieghi a servizio del Generale S. – e poi riallestiti. Codesti aspetti, ritenuti inequivocamente sintomatici di un comportamento appropriativo, non bastano tuttavia ad escludere che la signoria di fatto che – secondo l’impostazione accusatoria recepita nella sentenza impugnata – il Comandante Generale pretendeva di esercitare a titolo personale sui beni dell’amministrazione ad altro scopo destinati, fosse destinata ad un uso temporalmente limitato, e in tale uso si sia conclusa.

I valori economici riferibili alle cospicue quantità di carburante consumato (definitivamente) e alla importanza e durata delle prestazioni lavorative erogate per rendere possibili i viaggi, oggetto di specifica contestazione, plausibilmente sono stati per altro considerati di una tale consistenza, da non potere non essere singolarmente apprezzati.

Sul punto le contestazioni difensive sono affatto generiche e, pur non risultando riformulata in sede penale una precisa quantificazione del valore di siffatte appropriazioni o distrazioni (della necessità di distinguere si dirà più avanti), nulla consente di ritenerle di per sè stesse insignificanti a fini penali: i dati tecnici comunemente noti e i costi ufficiali, riferibili ai livelli di consumo e al combustibile, sviluppati in rapporto al tipo di mezzi e ai percorsi effettuati, nonchè le altrettanto facilmente apprezzabili entità dei compensi erogabili al personale impiegato, giustificano anzi la considerazione della obiettiva rilevanza della locupletazione e del corrispondente danno dell’amministrazione.

Correttamente, dunque, nelle situazioni considerate si è escluso che il consumo di carburante e l’impiego di personale dell’amministrazione a proprio personale profitto andassero relegati a profili meramente famulativi del peculato concernente i mezzi di trasporto alla cui movimentazione erano serviti.

La negazione dell’irrilevanza di detti aspetti, non può però determinare una sorta di assorbimento all’inverso dell’uso temporaneo dei mezzi nel titolo a cui andrebbe riferito il consumo per uso privato del carburante, nè, tanto meno, la considerazione a titolo di appropriazione della condotta di impiego a proprio personale servizio di personale dell’amministrazione.

L’autonomia dei fatti-reato emerge d’altronde, prima ancora che ai fini della corretta loro qualificazione giuridica, sul piano fattuale: diverse naturalisticamente e separate sono difatti le condotte di appropriazione dei mezzi di trasporto, di appropriazione del carburante, di impiego del personale che deve condurlo. La loro connessione dipende nelle fattispecie concrete da necessità occasionali o contingenti (evidentemente legate alla qualità dell’agente piuttosto che alla natura delle condotte stesse) e comunque di puro fatto; non già dalla configurazione delle fattispecie astratte nè dalla esistenza di un rapporto tipico da mezzo a fine, assolutamente o relativamente necessario, tra le condotte e dipendente dalla loro fisionomia strutturale. Sicchè non è possibile parlare di progressione criminosa necessaria o di antefatto o postfatto non punibile (cui pare accennare la difesa B.) nè, tantomeno, di assorbimento o di consunzione dell’uno comportamento illecito nell’altro (come sembra sostenere la difesa S.).

1.3. Tanto precisato in ordine alla individuazione dei fatti, in relazione alla loro qualificazione alla stregua di peculato militare o di reati comuni, occorre anzitutto ricordare che già con la sentenza n. 4 del 1974 (illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 283 del 1970, art. 5, lett. c e della L. n. 282 del 1970, art. 5, lett. c, nella parte in cui non prevedono l’applicazione negli stessi termini e alle stesse condizioni per le quali il beneficio dell’amnistia è stato accordato al delitto di peculato comune previsto dall’art. 314 cod. pen.) la Corte costituzionale aveva osservato che tra i delitti di peculato comune (all’epoca previsto sia nella forma dell’appropriazione sia in quella della distrazione) e di peculato militare sussiste una sostanziale identità strutturale, avendo essi in comune l’elemento materiale e l’elemento psicologico ed identici essendo sia il loro contenuto (in entrambi offensivo dello stesso bene protetto: denaro o cose mobili appartenente allo Stato) sia l’azione tipica delle due condotte criminose (concretantesi nell’appropriazione o distrazione di beni da parte di soggetti attivi aventi una specifica qualifica).

Ciò nonostante, il legislatore, intervenendo con la L. 26 aprile 1990, n. 86, in tema di delitti (comuni) dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, aveva riscritto soltanto l’art. 314 cod. pen.: da un lato eliminando il peculato per distrazione e facendo confluire le condotte prima riconducibili a tale titolo nell’ipotesi del rimodulato reato di abuso d’ufficio (ex art. 323 cod. pen.); dall’altro introducendo, nel secondo comma di tale norma, la fattispecie meno grave del peculato così detto d’uso (configurabile allorchè il pubblico ufficiale, che s’appropria la cosa mobile altrui della quale ha per ragione del suo ufficio il possesso o comunque la disponibilità, "ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo è stata immediatamente restituita"). Mentre aveva lasciato inalterate sia la fattispecie del peculato militare, previsto dall’art. 215 c.p.m.p., sia, per la parte corrispondente, relativa al peculato del militare della Guardia di Finanza, quella L. 9 dicembre 1941, n. 1283, art. 3.

Attesa la sostanziale identità tra le fattispecie del peculato comune e del peculato militare, era dunque scontata la considerazione della assoluta irrazionalità del mancato adeguamento delle figure di peculato militare al peculato comune, dapprima stigmatizzata da C. cost., sent. n. 473 del 1990; quindi posta a base delle sentenze d’illegittimità costituzionale n. 448 del 1991 (illegittimità costituzionale, dell’art. 215 c.p.m.p. limitatamente alle parole "ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri") e L. n. 286 del 2008 (illegittimità costituzionale della L. n. 1383 del 1941, art. 3 e dell’art. 215 c.p.m.p., nella parte in cui si riferiscono anche al militare che ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e, dopo l’uso momentaneo, l’ha immediatamente restituita). Con l’effetto – come entrambe le decisioni espressamente sottolineano – di produrre l’applicazione, ex art. 16 cod. pen., delle norme del codice penale comune alla materia già regolata dalle proposizioni normative dichiarate incostituzionali.

Gli interventi della Corte costituzionale hanno in concreto reso applicabili:

– da un lato, la fattispecie del delitto di abuso in atti d’ufficio di cui all’art. 323 cod. pen., alle ipotesi – espunte dall’art. 215 c.p.m.p. con la sentenza n. 448 del 1991 – di "destinazione indebita" ad opera del militare, senza appropriazione, "di risorse pubbliche" al di fuori dei fini istituzionali dell’ente";

– dall’altro, il capoverso dell’art. 314 cod. pen., alla condotta – espunta dall’art. 215 c.p.m.p. con la sentenza n. 286 del 2008 – del militare che, pur appropriandosi di un bene infungibile, ha agito al solo scopo di farne uso momentaneo e, dopo siffatto uso momentaneo, l’ha immediatamente restituito.

1.3. Tornando ai fatti oggetto di ricorso, non è da dubitare che, stando alle stesse imputazioni e a quanto ritenuto pacificamente assodato dai giudici di merito, gli aerei e gli automezzi militari, indicati ai capi A), C), D) e F), subito dopo l’uso di essi fatto a servizio privato del Generale S., siano stati "restituiti" all’amministrazione militare, per il reimpiego ai fini istituzionali cui erano destinati. Una diversa intenzione degli imputati neppure è ipotizzata e comunque non risulta avvalorata dalla sentenza impugnata. L’appropriazione dei mezzi di trasporto, predicata nella stessa contestazione come temporalmente delimitata, può perciò considerarsi destinata ad un uso "momentaneo", secondo il significato assegnato dalla giurisprudenza al termine adoperato dal legislatore nel secondo comma dell’art. 314 cod. pen..

Consolidato è difatti l’orientamento, che l’aggettivo "momentaneo" che distingue l’uso della cosa oggetto d’appropriazione nella fattispecie del peculato d’uso, non sta a significare istantaneo, bensì temporaneo. Perchè possa configurarsi la minore ipotesi del peculato d’uso occorre, ed è sufficiente, che, appropriandosi il bene – comportandosi cioè come se ne fosse proprietario e contemporaneamente escludendo così la signoria del vero proprietario -, l’agente intendesse farne, e ne abbia fatto, uso uti dominus per un tempo limitato, subito dopo restituendola (tra molte: Sez. 6, sent. 10/03/1997, Federighi, Rv. 207594; Sez. 6, sent. n. 9216 del 01/02/2005, Triolo; Sez. 6, sent. n. 25541 del 21/05/2009, Cenname, Rv. 244287).

Insomma, ove la condotta appropriativa, idonea a compromettere, anche se in misura più contenuta, la funzionalità della pubblica amministrazione, non sia tale da comportare nè la definitiva apprensione (impropriazione) del bene, nè la definitiva sottrazione dello stesso alla sua destinazione istituzionale (espropriazione), il fatto è da qualificare ai sensi del capoverso dell’art. 314 cod. pen..

Per conseguenza, le condotte appropriative contestate, per la parte in cui sono riferite all’uso – uti dominus ma temporalmente limitato, al più, a otto giorni – dei mezzi di trasporto, aerei e terrestri, poi resi, non possono che essere qualificate ai sensi dell’art. 314 c.p., comma 2, e, integrando un reato comune, sono di "competenza" del giudice ordinario e non di quello militare.

1.4. Parimenti di competenza del giudice ordinario appaiono le condotte relative all’impiego a fini privati del personale dell’amministrazione militare, trattandosi di fatti da qualificare ai sensi dell’art. 323 cod. pen..

La categoria della "appropriazione" – cui, dopo la L. del 1990 e la sentenza n. 448 del 1991, esclusivamente si riferiscono sia il peculato militare sia il peculato comune – non può attagliarsi all’utilizzazione a fini privati del pubblico ufficiale delle attività lavorative dei dipendenti dell’amministrazione sottoposti a vincolo di subordinazione gerarchica.

Secondo principi condivisi, la condotta d’appropriazione si realizza quando colui che ha il possesso o detiene il bene esercitata su di esso un potere di fatto incompatibile ed eccedente il suo titolo, comportandosi come se ne fosse proprietario ed escludendo il vero proprietario. Codesta assunzione unilaterale di una signoria di fatto, nella quale consiste la interversione del possesso, è integrata dunque da due aspetti: l’uno positivo, l’altro negativo. Il primo, definito, come accennato, "impropriazione", si concreta nella creazione di un rapporto di fatto con la cosa e comporta un trasferimento di elementi patrimoniali ed una locupletazione dell’agente a detrimento del soggetto passivo; il secondo consiste nella "espropriazione", vale a dire nell’esclusione, del vero proprietario dal rapporto con la cosa (Sez. 6, sent. n. 10543 del 07/06/2000, Baldassarre).

Sicchè, come questa Corte ha più volte riconosciuto, "non è … ipotizzatile l’appropriazione di energia umana, essendo incontestabile che questa e, quindi, l’uomo che la produce non è una "cosa mobile" e non se ne può perciò immaginare il possesso o la disponibilità da parte dell’agente" (cfr. tra molte e da ultimo Sez. 6, sent. n. 35150 del 09/06/2010, Fantino, Rv. 249368, che puntualmente evidenzia come la bontà di tale tesi – che non ignora precedenti soluzioni in senso contrario – è confermata, nel sistema positivo, dall’apposita previsione della L. 1 aprile 1981, n. 121, art. 78, nonchè dai due progetti – n. 1250/85 e n. 2709/85 – presentati nel corso dei lavori preparatori alla legge di riforma del 1990, volti alla previsione di autonome incriminazioni delle condotte di sfruttamento dell’attività lavorativa prestata da un subalterno).

Inoltre, quale che sia il potere gerarchico esercitato sul lavoratore per costringerlo ad asservirsi al volere del superiore anzichè ad agire nell’interesse dell’amministrazione, deve quantomeno decisamente escludersi che possa in relazione ad esso determinarsi quell’effetto "espropriativo" che parimenti è richiesto per la realizzazione dell’appropriazione: salvo ovviamente che si produca una riduzione in schiavitù; ma ricorrerebbe in codesto caso altro delitto, quello dell’art. 600 cod. pen..

Mediante l’utilizzo a proprio vantaggio delle prestazioni lavorative di dipendenti dell’amministrazione a lui subordinati, il pubblico ufficiale realizza invece senz’altro una "destinazione indebita di risorse pubbliche al di fuori dei fini istituzionali dell’ente". Come ricordava già C. cost. n. 448 del 1991, questa è una ipotesi di "distrazione" che, pur dopo l’abolizione della figura del peculato per distrazione, non è in radice decriminalizzata, perchè laddove comporta "un’illecita utilizzazione dei poteri di ufficio (e quindi un abuso)" e procura "all’agente o a terzi un vantaggio (o un danno) qualificabile come ingiusto", è idonea ad integrare il delitto configurato dall’art. 323 cod. pen..

Anche per le condotte così qualificate, deve per conseguenza riconoscersi che la cognizione spettava al giudice ordinario.

1.5. Non è possibile invece dare qualificazione diversa da quella ex art. 215 c.p.m.p., al consumo, durante l’utilizzazione dei mezzi di trasporto, del carburante erogato dall’amministrazione.

Si è già detto che il danno patrimoniale arrecato all’Amministrazione, derivante da codesto consumo, benchè non determinato nel suo effettivo valore monetario nel capo d’imputazione e nelle sentenze di merito penali (emergono tuttavia riferimenti a calcoli effettuati nel giudizio contabile), è stato oggetto di specifica contestazione ed è stato plausibilmente – attesi i dati di fatto non confutati posti a base di tale valutazione – considerato cospicuo.

L’autonoma rilevanza di codeste appropriazioni e la circostanza, pacifica, che il carburante è stato "consumato", impediscono dunque di ritenere le condotte che si riferiscono alla sua utilizzazione assorbite nel peculato d’uso, o altrimenti qualificabili a diverso titolo.

1.6. In conclusione, deve dichiararsi che spettava al giudice militare la sola cognizione sulle condotte di peculato concernenti l’appropriazione del carburante impiegato per l’uso dei veicoli indicati ai capi A), C), D) e F).

Il relazione invece alle condotte, pure contestate nell’ambito dei capi A), C), D) e F), di appropriazione dei mezzi di trasporto, da qualificarsi come peculato d’uso ai sensi dell’art. 314 c.p., comma 2, e di impiego indebito del personale militare, da qualificarsi ai sensi dell’art. 323 cod. pen., la cognizione spettava, separatamente, al giudice ordinario. Ai sensi dell’art. 13 c.p.p., comma 2, fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera difatti soltanto quando il reato comune è, in base ai criteri dell’art. 16 c.p.p., comma 3, più grave di quello militare.

Entrambe le sentenze militari di merito devono per conseguenza essere annullate senza rinvio limitatamente ai fatti, come sopra qualificati, riguardanti l’impiego dei velivoli e degli autoveicoli nonchè l’impiego del personale militare, trattandosi di fatti appartenenti alla giurisdizione ordinaria, e gli atti devono essere trasmessi al Procuratore della Repubblica di Roma per quanto di sua competenza.

2. Restano da esaminare le ulteriori censure dei ricorrenti, che vanno, come detto, riferite alle sole condotte relative al consumo del carburante fornito dall’amministrazione militare.

Trattandosi di carburante utilizzato per far muovere i mezzi di trasporto dell’amministrazione impiegati dal Generale S. per e durante il soggiorno estivo, suo e dei suoi familiari e amici, a Predazzo, non può tuttavia non essere considerato l’impiego di detti mezzi; dal carattere abusivo di questo evidentemente dipendendo l’illegittimità dei consumi ad esso collegati. Con l’ovvia precisazione che le considerazioni che seguono non vincolano sotto alcun aspetto gli eventuali giudizi, del tutto autonomi (cfr., in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 17050 del 11/04/2006, Maddaloni), che potrebbero essere instaurati dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria per i fatti cui si riferisce l’annullamento senza rinvio.

3. Con il secondo motivo di ricorso la difesa del Generale S. sostiene che erroneamente, travisando le fonti regolamentari vigenti e omettendo di considerare la direttiva CENOP 1/97, la Corte di appello aveva affermato che l’imputato non aveva il diritto di utilizzare gli aerei del Corpo se non in casi eccezionali e per specifici impegni di servizio. Argomenti in parte analoghi sono sviluppati nell’ambito del quarto motivo del ricorso B..

3.1. Le tesi relativa alla legittimità dell’uso dei velivoli militari impiegati dal Generale S. nelle occasioni e ai fini descritti ai capi A) e F), e alla insindacabilità di tale uso, sono prive di fondamento.

La Corte militare di appello ha diffusamente illustrato le ragioni per le quali doveva escludersi, da un lato che il Comandante Generale della Guardia di Finanza potesse direttamente disporre di un aero del Corpo per i suoi spostamenti; dall’altro che il soggiorno del Comandante Generale della Guardia di Finanza a Predazzo, con moglie ed amici, avesse, o fosse anche solo indirettamente collegato, a compiti istituzionali.

In relazione al primo aspetto la sentenza impugnata correttamente ricorda e puntualizza:

– che il Corpo aveva in dotazione soltanto mezzi da impiegare per servizi tecnici d’istituto;

– che il velivolo ATR 42 M.P. M.M. 52166 utilizzato dal Generale, era in particolare assegnato al Gruppo Esplorazione Aeromarittima della Guardia di Finanza di Pratica di Mare ed era equipaggiato con allestimenti tecnici, funzionali al pattugliamento costiero, che occorreva smontare, cambiando altresì l’assetto dei sedili, per adibirlo al trasporto passeggeri;

– che al Comandante Generale della Guardia di Finanza era consentito utilizzare mezzi aerei del Corpo esclusivamente per impegni correlati a ragioni di servizio;

– che in questo senso andavano lette pure le circolari in atti che, inserite nel quadro generale delle disposizioni sul Trasporto aereo di Stato, regolavano l’accesso a bordo dei mezzi aerei di persone estranee all’Amministrazione, "pur sempre in concomitanza dell’impiego di tali mezzi per ragioni strettamente di servizio e in presenza di situazioni che, non pregiudicando le prioritarie esigenze del servizio, siano riferibili ad attività istituzionali o ad esigenze di immagine del Corpo" (Circolare n. 60000/310 del 29.3.1980 e successive modifiche);

– che il Comando Generale aveva dal suo canto in dotazione un consistente parco vetture "di servizio" destinate al soddisfacimento delle esigenze di spostamento del Comandante Generale: Una BMW 745 blindata; due BMW 330 semiblindate; una BMW X5 fuoristrada semiblindata di grandi dimensioni;

– che quest’ultimo mezzo risultava in particolare a disposizione del Comandante S., ed era stato in effetti da lui utilizzato, nel periodo che andava dal 20 al 27 agosto del 2005;

– che l’uso dell’aereo ATR 42 non solo non rispondeva a ragioni istituzionali, ma era stato realizzato addirittura in periodo (estivo) "cruciale per i controlli costieri", distogliendo il velivolo dall’impiego cui era destinato in vista sia della sicurezza della navigazione sia della prevenzione dei reati e lo sbarco di "clandestini".

In relazione al secondo aspetto altrettanto esaurientemente si evidenzia;

– che l’imputato era in quel periodo in licenza ordinaria, libero da impegni di servizio, e trascorreva un periodo di vacanza con moglie, suoceri e amici (Generale Am. e moglie) nella Scuola Alpina di Pedrazzo;

– che non emergeva dagli atti la coincidenza di alcuna specifica, eccezionale e pressante esigenza istituzionale, e che dalle dichiarazioni testimoniali (testi V., C. e N.) risultava una normale attività vacanziera del Generale e della sua comitiva;

– che le prospettazioni difensive sulle ragioni di servizio del soggiorno erano evanescenti, non comprovate e in contrasto con i dati acquisiti, intrinsecamente inverosimili.

Le conclusioni raggiunte, che il Comandante Generale trascorreva semplicemente una vacanza estiva e che nessuna ragione di comando o di prestigio del Corpo giustificava l’uso di un aereo da pattugliamento marittimo, distolto – in periodo estivo e dunque di massima allerta – dall’impiego funzionale, per accompagnare la comitiva in montagna e per rifornire di pesce freso il desco del Generale e dei suoi ospiti, sono dunque coerenti con i dati fattuali acquisiti – neppure specificamente contestati -; sono logicamente esposte; sono del tutto plausibili.

Irrilevante è, di contro, l’evocazione ad opera delle difese della circolare CENOP 1/97, che secondo quanto riconoscono gli stessi ricorrenti si limita a prevedere che "le unità aeree … possono essere altresì utilizzate per agevolare l’azione di Comando … la competenza a disporre l’impiego delle unità aeronavali in attività diverse … è attribuzione esclusiva del Comando Generale". Nel caso in esame non risulta alcuna azione di comando, alcuna esigenza funzionale, alcun profilo di prestigio – oggettivo – del Corpo; e neppure è prospettato qualche altro – anche indiretto – profilo istituzionale.

3.2. Peraltro, una fonte regolamentare non può, in nessun caso, valere ad escludere, o ad eludere, l’applicazione di principi di rango superiore, che discendono direttamente dalla Carta costituzionale e che impongono, unitamente al rispetto della riserva di legge, imparzialità e buon andamento nell’organizzazione dei pubblici uffici d’ogni tipo, che anche l’ordinamento delle forze armate si informi allo spirito democratico della Repubblica.

Orbene: conseguenza diretta dei principi di legalità, imparzialità, buon andamento, è che gli atti che promanano, soggettivamente, da un organo amministrativo, pur di vertice, e che hanno, oggettivamente, natura amministrativa, siano sindacabili, anche quelli così detti d’alta o d’altissima amministrazione (per la considerazione che gli atti di gestione della cosa pubblica, sono soggetti, a differenza di quelli politici, a sindacato da parte del giudice, anche se inquadrabili tra quelli di alta amministrazione, posto che tali atti non sono liberi nella scelta dei fini ma legati, pur nell’ampia discrezionalità che li caratterizza, ai fini posti dalla legge, cfr. tra molte, Sez. U civili, sent. n. 1170 del 13/11/2000, Rv. 541592).

Spettando altresì al giudice penale il sindacato incidentale di legittimità, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 4, allegato E. Soltanto gli atti "politici" si sottraggono a sindacato, ma alla loro individuazione concorrono due requisiti, l’uno soggettivo e l’altro oggettivo, occorrendo: da un lato, che si tratti di atto o provvedimento emanato dall’autorità amministrativa cui compete la funzione di indirizzo politico e di direzione al massimo livello della cosa pubblica esercitata; dall’altro che si tratti di atto o provvedimento emanato "nell’esercizio di potere politico" anzichè nell’esercizio di attività meramente amministrativa (tra molte Cons. Stato, sent. n. 217 del 29/02/1996); requisiti entrambi evidentemente insussistenti nel caso in esame.

Condizione essenziale d’ogni moderna democrazia è quindi che nessuna prerogativa connessa ad una carica può prescindere dalla sussistenza di un nesso funzionale, oggettivo, e risolversi in un privilegio ad personam.

3.3. Giustamente, perciò, la Corte militare di appello ha ritenuto abusivo l’uso fatto dal Comandante Generale della Guardia di Finanza degli aerei del corpo, descritto ai capi A) e F), e, per quanto interessa in questa sede, costitutivo di indebita appropriazione l’impiego del carburante fornito dall’amministrazione per farli muovere a proprio personale servizio.

Nè v’è alcuna contraddizione tra la considerazione alla stregua di peculato di tale consumo e l’assoluzione per il viaggio a Passo Rolle del febbraio dello stesso anno, oggetto dell’imputazione originariamente contestata al capo E), una volta riconosciuto che, limitatamente a detto episodio, la finalizzazione del volo non era scevra da profili istituzionali, essendo stato l’aereo impiegato per accompagnare il Comandante Generale ad assistere alla 55A edizione delle gare invernali di sci della Guardia di Finanza.

D’altronde, se anche tale destinazione fosse stato erroneamente sopravvalutata sotto il profilo funzionale, l’avere largheggiato in quella assoluzione non basterebbe ad escludere la correttezza delle diverse valutazioni in relazione agli altri voli, privi di qualsivoglia oggettiva riferibilità al munus.

(2 – Ricorso S., ulteriori motivi).

4. Il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Generale S. intende denunziare vizi della motivazione (contraddittorietà e manifesta illogicità) "con precipuo riferimento al noto trasporto del pesce di cui ai capi A), B) e D)".

Le censure sono per più versi inammissibili.

4.1. Anzitutto, gli imputati sono stati assolti dal capo B). Per la parte in cui è riferito a tale capo, il motivo è dunque privo di oggetto.

4.2. Quanto al resto, le doglianze s’incentrano sulla ricostruzione della vicenda. Ma questa risulta più che esaurientemente scandagliata e verificata dai giudici del merito, e la motivazione si appalesa adeguata, sorretta come è da elementi di prova di pregnante valenza, che non lasciano spazio a dubbi di sorta sugli aspetti rilevanti ai fini della responsabilità del ricorrente. Mentre il ricorso finisce per prospettare tesi alternative ipotetiche e di puro fatto, ripetendo argomenti già confutati, che appaiono, già soltanto per questo, improponibili in questa sede.

Neppure risultano, in particolare, considerati nel ricorso gli argomenti – pienamente logici in fatto e corretti in diritto, che assumono ruolo centrale nella motivazione della sentenza impugnata – secondo cui la tesi che il trasporto era stato curato e organizzato dai collaboratori del Generale era da un lato inverosimile, non potendosi ritenere che il Generale fosse in loro "balia", senza possibilità di dare indicazioni sui mezzi da usare, dall’altro irrilevante, perchè l’avere acconsentito a fruire del mezzo in assenza delle condizioni che ne legittimavano l’impiego avrebbe comportato comunque un concorso nel fatto illecito.

Le tesi difensive prospettate in via alternativa, non soltanto sono del tutto ipotetiche, ma riposano sull’erroneo assunto che la natura illegittima dell’impiego del mezzo aereo militare per trasportare pesce per la cena di fine soggiorno del Comandante Generale sarebbe dipeso esclusivamente dalla circostanza che di tale volo, assertivamente destinato ad imbarcare il giorno 27 agosto il Generale e "i suoi accompagnatori", venne ordinato, "inopinatamente" e da ignoti, il rientro in serata.

Con ciò, da un lato trascurando il fatto che abusivo era comunque da ritenere l’impiego del velivolo militare per trasportare la comitiva di ritorno dalla vacanza; dall’altro, e per quanto maggiormente rileva ai fini del consumo del carburante in relazione al viaggio di andata e ritorno del 26 agosto, del tutto illogicamente presupponendo, come osservato dalla Corte di appello, che la sola asserzione che il Generale aveva espresso il desiderio di partire la mattina del 27 agosto di buon ora bastava a giustificare il fatto che l’aero militare completo di equipaggio si alzasse in volo per Bolzano (o Verona, fa poca differenza) la mattina precedente, del giorno 26 agosto, e si fermasse, quindi, pomeriggio e notte nell’aeroporto di destinazione, completo di equipaggio in trasferta: quasi che invece del volo di un aero si parlasse del viaggio di una tradotta. Senza considerare, inoltre, che puntualmente la Corte aveva richiamato, oltre alle dichiarazioni del Tenente Colonnello P., – criticate in ricorso perchè allusive e non del tutto esplicite, ma plausibilmente ritenute assolutamente inequivoche, quanto a significato sostanziale, in ordine al fatto che chi aveva deciso, e aveva interesse, al volo, aveva anche deciso che andasse e tornasse – ulteriori dati documentali e testimoniali a conferma del fatto che era stato proprio il Comandante Generale a organizzare personalmente la sua cena a base di pesce fresco (elargito dal M.) e che soltanto lui, nel Corpo, aveva interesse, a fronte delle rimostranze del pilota a trattenersi e a pernottare fuori sede, a che il volo venisse comunque effettuato in tempo per l’allestimento del banchetto.

4.3. In relazione al fatto particolare contestato al capo D), concernente l’impiego di un ulteriore e diverso fuoristrada, quello destinato a servizio della scuola alpina, per prelevare il pesce a Verona e portarlo in tempo per la cena a Predazzo, non vengono invece mossi rilievi specifici.

E’ perciò sufficiente evidenziare che neppure l’impiego di tale mezzo, e il connesso consumo di carburante dell’amministrazione, per l’ultima – ma non esigua – tratta del trasporto del pesce destinato ad una cena privata, trovava alcuna giustificazione funzionale.

5. Nessuna specifica contestazione è mossa in ricorso neppure in relazione ai fatti al capo C), relativo all’impiego di fuoristrada del corpo dal 19 agosto (il mezzo era partito il giorno prima per accogliere la comitiva al suo arrivo) e per tutta la durata del soggiorno a Pedrazzo. Anche la memoria è su tale impiego del tutto generica, limitandosi nella sostanza a ripetere l’opinione che occorreva accogliere una nozione più ampia delle esigenze di servizio, ma senza indicare quali fossero nella situazione in esame tali, pur minime, esigenze di servizio delle quali sarebbe stata omessa la considerazione.

Basterà dunque ricordare quanto si è già detto al punto 3, sul fatto che con estremo scrupolo la Corte di appello ha evidenziato come dagli elementi acquisiti risultasse che la vettura Land Rover Discovery, del Laboratorio Cripto del Reparto tecnico del Quartier Generale, era stata indebitamente utilizzata, per un percorso di circa 2.142 chilometri, coperto con carburante dell’amministrazione, per il trasporto della comitiva che accompagnava il Generale, e in funzione di appoggio e supporto, per escursioni turistiche del gruppo e spostamenti vari, mentre il Generale fruiva già, a titolo personale, di altra vettura con altro autista.

5. L’affermazione di responsabilità del Generale S.R. per il reato di peculato militare concernente l’appropriazione del carburante dell’amministrazione consumato nei viaggi e trasporti contestati ai capi A), C) D) e F), appare dunque pienamente giustificata.

L’annullamento senza rinvio in relazione al peculato d’uso dei mezzi di trasporto e all’abusiva utilizzazione a privato profitto del personale militare, contestati nell’ambito dei medesimi capi, comporta tuttavia che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte militare di appello per nuova determinazione della pena in relazione alle appropriazioni del carburante, le sole che residuano riferibili all’art. 215 c.p.m.p..

(3 – Ricorso B., ulteriori motivi).

6. Appare invece fondato il nucleo delle censure rivolte nel ricorso B. alla motivazione della sentenza impugnata in punto di sua partecipazione concorsuale alla condotta appropriativa posta in essere dal Generale S. nell’ambito della contestazione al capo A).

6.1. La Corte militare di appello ha differenziato la posizione del Generale B. rispetto a quella degli altri ufficiali che erano intervenuti in aeroporto o avevano emanato disposizioni esecutive per i voli oggetto di contestazione (dal maggiore S. che pure aveva tentato di convincere il subordinato Ve., rivoltosi poi al Generale B.; al Tenente Colonnello P., Comandante interinale del Comando Operativo Aeronavale di Pratica di Mare dal quale dipendeva il Gruppo Esplorazione Marittima, che aveva pacificamente dato l’ordine di volo per il 27 agosto) sostanzialmente rilevando:

– che il Generale B. era il Comandante del Centro Aviazione, che svolgeva attività logistica e non aveva competenza sulle questioni di trasporto;

– che era, "ciò nonostante" e "pur potendo astenersene", intervenuto per porre fine alle rimostranze del pilota, Maggiore Ve., il quale si rifiutava di far volare l’aero di ricognizione per trasportare un carico di pesce; che il suo intervento era stato determinante per superare l’ostruzionismo del pilota; che gli aveva detto che doveva andare perchè il volo era attività "favorevole al Comandante Generale"; che gli aveva addirittura proposto di qualificare il volo come "addestrativo" (proposta rifiutata dal Ve.) e s’era impegnato a formalizzare l’ordine per iscritto, cosa che non avrebbe potuto certamente fare se non avesse avuto disposizioni superiori, e comunque non aveva poi fatto;

– che aveva indotto il pilota Ve. a partire dopo avere fatto una telefonata "riservata" che non poteva che essere intercorsa con il Generale S.: circostanza questa che confermava il collegamento tra i due (il B. aveva accompagnato il Generale anche in altre occasioni ed era a bordo dell’aereo decollato il 27 agosto per il viaggio di ritorno) e il carattere personale del suo interessamento alla vicenda.

6.2. La stessa Corte di appello riconosce in tal modo che il B. aveva ricevuto "disposizioni superiori": la qual cosa in qualche modo bilancia e rende obiettivamente di per sè equivoco il fatto della telefonata riservata con il Generale S.. A giustificare la condanna per concorso in peculato del Generale B., non è sufficiente dunque il solo fatto che abbia telefonato per avere istruzioni al Comandante Generale, nè la mera efficacia causale del suo intervento, che non basterebbe d’altronde a distinguere la sua posizione da quella degli altri Comandanti che avevano comunque autorizzato o consentito il prelievo e l’uso personale ad opera del Comandante Generale di beni del Corpo destinati ad altri scopi. A dimostrare che l’"interessamento" del Generale B. nella vicenda, e il suo comparire sul piazzale di volo alle rimostranze del pilota, era stato determinato da ragioni private e dai suoi rapporti personali con il Generale S., del quale si sarebbe deliberatamente prestato a fungere da longa manus, era invece, secondo la Corte di appello militare, anzitutto la circostanza che il Generale B. fosse il Comandante del Centro Aviazione, e non avesse perciò competenza funzionale su i voli. Era in altri termini la sua estraneità alla linea gerarchica degli ufficiali che si sarebbero dovuti occupare della vicenda, in cui era "ciò nonostante" intervenuto, che dimostrava la sua libera scelta di intromettersi a favore del Generale S. inducendo il maggiore Ve. a partire.

6.3. Così argomentando, la Corte militare di appello non spiega tuttavia come la affermata estraneità del Generale B. alla catena di comando fosse compatibile con la rimodulazione della struttura organizzativa dei Comandi e Reparti e dei Ruoli Aeronavali della Guardia di Finanza (determinazione prot 2600/310 del 28.3.2001), che vede sia il Comando Operativo Aeronavale sia il Centro Aviazione retti da un Colonnello, ed entrambi dipendenti in linea gerarchica dal Comando Aeronavale, retto da un Generale. Nè spiega, la Corte di appello, su quale base fattuale fosse stata individuata la assenza di "competenze" del B., anche soltanto per quel giorno: nonostante la sentenza di primo grado (non specificamente smentita in relazione a tali aspetti) riferisse che il capitano O., coopilota del giorno 26, aveva dichiarato che B. quel giorno "comandava in assenza di Mi." (pag.

19); il Maggiore Ve. che "nella … base c’era il Comando aeronavale della Guardia di Finanza e in quel momento il comando lo aveva B." (pag. 24); il Tenente Colonnello P. "che quel giorno lui P. era il Comandante operativo" (p. 25); e nonostante analoga qualifica, di "Comandante provvisorio del Comando Aeronavale", risultasse dalla sentenza della Corte dei Conti in data 16.4.2009, prodotta in primo grado dalle difese. E neppure prende in menoma considerazione la memoria redatta nell’interesse del B. (pag. 190 proc. di primo grado), secondo cui il 26 agosto 2005 il Generale B. sostituiva temporaneamente il Comandante del Comando Aeronavale Generale Mi.Sa., assente per licenza.

L’esistenza di dati non esaminati e non smentiti, che apparentemente contraddicono l’assunto concernente il carattere non gerarchicamente vincolato dell’intervento del B. e la sua libera adesione, perciò, agli scopi personali illeciti perseguiti dal Comandante Generale, rende la motivazione non esauriente e priva di base adeguata in relazione ad aspetto che è decisivo per la tenuta logica dell’intero discorso giustificativo.

6.4. In relazione alla posizione di B.U. la sentenza impugnata deve per conseguenza essere annullata anche per quanto concerne il suo concorso nel peculato del carburante utilizzato per il viaggio aereo al capo A), con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte militare di appello.

Sono allo stato assorbite, ma non precluse, le censure gradate.

P.Q.M.

Qualificati i fatti di peculato di cui ai capi A), C), D) e F) riguardanti l’impiego dei velivoli e degli autoveicoli come violazione dell’art. 314 c.p., comma 2, e quelli riguardanti l’impiego del personale come violazione dell’art. 323 cod. pen., annulla senza rinvio in tale parte la sentenza impugnata nonchè la sentenza in data 7 ottobre 2009 del Tribunale militare di Roma, e dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica di Roma per quanto di competenza.

Annulla la sentenza impugnata, quanto ai fatti di peculato militare riguardanti il carburante, nei confronti di B.U. e, limitatamente alla determinazione della pena, nei confronti di S.R., e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte militare di appello. Rigetta nel resto il ricorso dello S..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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