T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 01-09-2011, n. 7105 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 10/8/07 la ricorrente ha presentato al Comune di Guidonia Montecelio una denuncia di inizio attività per la realizzazione di un marciapiede a servizio dell’attività artigianale (bar gelateria) da essa esercitata nello stesso Comune, in Piazza F. Baracca n. 17.

Con comunicazione del 19/9/07, il Comune di Guidonia aveva richiesto alla ricorrente di produrre della documentazione integrativa, puntualmente depositata in data 10/10/07.

Con nota del 3/12/08, il Comune di Guidonia Montecelio ha comunicato l’avvio del procedimento diretto all’annullamento in autotutela del titolo formatosi implicitamente a seguito della presentazione della DIA; la ricorrente ha partecipato al procedimento fornendo le proprie controdeduzioni.

Con il provvedimento impugnato, il Comune ha annullato il titolo edilizio formatosi a seguito di DIA, in quanto le opere sarebbero state realizzate su un’area utilizzata da lungo tempo per la pubblica viabilità, su un’area dotata di pubbliche infrastrutture e relative manutenzioni da parte del Comune.

Avverso detto provvedimento la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di impugnazione:

1. Violazione del principio del giusto procedimento ex artt. 7, 8 e 10 della L. 241/90.

2. Difetto di istruttoria e/o travisamento e falsità dei fatti.

3. Violazione di legge: non ricorrenza dei presupposti per procedersi all’annullamento in autotutela e/o difetto di motivazione.

Con i successivi motivi aggiunti ha impugnato l’ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi emessa in seguito all’annullamento in autotutela della DIA.

Avverso questo ultimo atto la ricorrente ha dedotto le censure di illegittimità derivata, di violazione dell’art. 37 del D.P.R. 380/01 e dell’art. 19 della L.R. n. 15/08 e di difetto di motivazione, oltre che di ingiustizia manifesta.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie nelle quali hanno meglio illustrato le loro tesi difensive.

All’udienza pubblica del 5 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Come meglio dedotto in narrativa, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’11 maggio 2009, con il quale il Comune di Guidonia Montecelio ha annullato in autotutela il titolo edilizio formatosi a seguito di DIA, presentata il 10 agosto 2007 ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. 380/01, per la realizzazione dell’ampliamento di un marciapiede sito in Piazza Francesco Baracca n. 17.

L’annullamento in autotutela è stato disposto dal Comune sulla base del presupposto costituito dall’assoggettamento a viabilità pubblica di parte dell’area utilizzata per la realizzazione del marciapiede, sito dotato di infrastrutture pubbliche e relative manutenzioni a carico dell’Ente.

Lamenta la ricorrente la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, il travisamento dei fatti – in quanto l’area di proprietà privata sulla quale è stato realizzato il marciapiede non sarebbe stata mai asservita alla pubblica viabilità essendo delimitata da oltre venti anni con vasi, ed utilizzata soltanto dalla clientela del bar gelateria – e la violazione dell’art. 21 novies della L. 241/90 nell’esercizio del potere di autotutela.

Il ricorso è fondato.

L’art. 21 nonies, l. 7 agosto 1990 n. 241 subordina l’annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo alla verifica della sussistenza di tre presupposti: l’esistenza di un pubblico interesse in tal senso, la circostanza che non sia trascorso un tempo irragionevole dall’adozione dell’atto da annullare e, infine, che siano opportunamente valutati l’interesse del destinatario e dei controinteressati. Lo stesso art. 21 nonies, al comma 2, prevede la possibilità della convalida, sussistendo ragioni di interesse pubblico, egualmente da esercitarsi entro un termine ragionevole. Pertanto, le disposizioni dell’art. 21 nonies sanciscono innanzitutto, quale presupposto dell’autotutela, la necessità di un concorrente interesse pubblico in stretta ed inderogabile connessione con il dovere di ripristino della legalità violata. L’esercizio del potere discrezionale di autotutela trova, poi, un limite positivamente tracciato dal ragionevole termine per l’adozione della relativa statuizione. Infine, sussiste l’obbligo di graduazione degli interessi in gioco, il che comporta, in primis, la definizione della soglia di quello pubblico all’annullamento, da porre successivamente a raffronto con quelli dei destinatari del provvedimento di autotutela e degli eventuali controinteressati. (T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 26 maggio 2011, n. 150).

Occorre infatti considerare che la denuncia di inizio attività disciplinata dal T.U. in materia edilizia 6 giugno 2001 n. 380 è comunque assimilabile a un’istanza autorizzatoria, che, con il decorso del termine di legge, provoca la formazione di un provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza.

Pertanto, l’Amministrazione, dopo il decorso del termine di trenta giorni per la formazione del provvedimento tacito, non perde i propri poteri di autotutela che, nel caso di esercizio di un’attività di secondo grado (che si estrinseca in un annullamento d’ufficio o in una revoca), devono tuttavia essere esercitati nel rispetto del principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell’attività amministrativa (cfr. T.A.R. Emilia Romagna Sez. Parma 22/9/09 n. 676; Cons. Stato Sez. IV 12/3/09 n. 1474; Cons. Stato Sez. IV 25/11/08 n. 5811).

Nel caso di specie il provvedimento è stato adottato a distanza di circa un anno e mezzo dalla formazione del provvedimento implicito, termine non ragionevole per la sua eccessiva lunghezza considerata la tipologia di intervento, incidente a detta del Comune, su un’area asservita a viabilità pubblica; inoltre, il provvedimento non reca una puntuale motivazione sulle concrete ragioni di pubblico interesse all’annullamento (non riconducibili al mero ripristino della legalità) comparate con l’interesse privato alla conservazione dell’atto, tenuto conto dell’affidamento creatosi sulla legittimità del titolo per effetto del decorso del tempo.

Dalla semplice lettura dell’atto emerge in modo palese che nel disporre l’annullamento della DIA, il Comune ha del tutto omesso di considerare e valutare gli opposti interessi della società ricorrente, la cui posizione di vantaggio si era ormai consolidata per effetto del trascorrere del tempo.

Peraltro, le addotte ragioni di salvaguardia della viabilità pubblica, si scontrano con gli elementi fattuali provati in giudizio dalla ricorrente: l’area oggetto di intervento è – per espressa ammissione dell’Amministrazione – di proprietà privata e non comunale; risulta delimitata dalla ricorrente da oltre venti anni e durante questo lungo periodo di tempo è stata sempre utilizzata per fini privati; dalla relazione tecnica depositata in giudizio risulta che l’area non è soggetta a vincoli di viabilità pubblica (cfr. planimetria comunale di zonizzazione).

Nessuna prova è stata fornita in relazione all’esistenza di infrastrutture pubbliche sull’area in questione e delle relative manutenzioni a cura del Comune.

Ritiene dunque il Collegio che nel disporre l’annullamento della DIA il Comune avrebbe dovuto fornire un’idonea motivazione che rispettasse tutti i presupposti di cui all’art. 21 nonies della L. 241/90 per l’esercizio del potere di autotutela, fornendo altresì elementi certi sull’esistenza dell’uso pubblico dell’area, tenuto conto della sua natura privata.

L’annullamento del provvedimento impugnato con il ricorso principale comporta l’annullamento per illegittimità derivata dell’ordinanza dirigenziale n. 214/2010 del 1 giugno 2010 di demolizione delle opere, impugnata con i motivi aggiunti.

Detto atto, infatti, è stato adottato sulla base dell’unico presupposto costituito dall’annullamento della DIA e la caducazione del provvedimento presupposto comporta anche l’annullamento di quello consequenziale.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali sostenute dalla ricorrente che liquida in complessivi Euro 1.000,00 (mille/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *