T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 01-09-2011, n. 7103

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame il Sig. S. impugna, chiedendone l’annullamento, il decreto del 28.10.2003, asseritamente notificato nel 2006, con cui il Prefetto di Roma ha rigettato l’istanza di emersione di lavoro irregolare del ricorrente.

L’atto di diniego poggia sulla considerazione che l’istante risultava essere stato precedentemente espulso con decreto di estremi non precisati e che aveva fatto di nuovo ingresso nel territorio nazionale durante il periodo di interdizione, senza munirsi dell’apposita autorizzazione al rientro anticipato prescritta dall’art. 13 del d.lvo n. 286/98.

Il gravame è affidato ai seguenti motivi:

1) In via pregiudiziale: illegittimità costituzionale dell’art. 33 della legge n. 289/02 e dell’art. 1 comma 8 lett.a) del DL 195/2002 conv. in legge 222/2002 in relazione all’art. 3 della Cost.;

Sempre in via pregiudiziale: incostituzionalità della legge n. 289/02 in relazione all’art. 24 della Cost.; 2) In via principale: Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90; 3) Eccesso di potere e disparità di trattamento; 4) Violazione dell’art. 33 co. 4 della legge n. 189/2002;5) Eccesso di potere e manifesta illogicità della motivazione.

Non si è costituita in giudizio l’Amministrazione, ritualmente intimata.

Con ordinanza n. 1727 del 16/04/07 è stata respinta l’istanza di sospensiva.

Con ordinanza collegiale n. 133 del 22/01 sono stati disposti incombenti istruttori; reiterati con ordinanza n. 1203 del 18.7.2010; detti incombenti sono stati eseguiti in data 10.2.2011, depositando il provvedimento di espulsione del 13.11.1993 con accompagnamento coattivo alla frontiera e l’attestazione dell’avvenuta notificazione all’interessato in pari data.

Il ricorso è infondato.

Nel sistema normativo vigente prima della l. 30 luglio 2002, n. 189 la modalità abitualmente seguita per l’esecuzione dell’espulsione dal territorio dello Stato non era l’ accompagnamento alla frontiera, bensì l’intimazione ad uscirne nel termine stabilito (art. 13, comma 6, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286), essendo l’ accompagnamento previsto solo per il caso di espulsione per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di appartenenza a categorie soggette a misure di prevenzione ed anche per chi non avesse ottemperato all’ordine di lasciare il territorio italiano nel termine stabilito o vi fosse entrato sottraendosi ai controlli di frontiera, qualora fosse privo di documento d’identità e il prefetto ravvisasse il pericolo di sottrazione alla misura.

L’atto impugnato è stato adottato in applicazione dell’art. 1, comma 8, lett. a), d.l. n. 195 del 2002conv. dallal. n. 222 del 2002, che non consente la regolarizzazione degli stranieri già destinatari di un provvedimento di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera, norma che il ricorrente ritiene in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta Costituzionale chiedendo al Collegio di rimettere alla Corte la relativa questione.

La Corte Costituzionale, però, ha già affrontato la questione di costituzionalità della norma in esame relativamente ai profilo di contrasto evidenziati dal ricorrente, dell’indiscriminato accomunamento di tutti i casi di accompagnamento coattivo alla frontiera, ritenendola tuttavia infondata con sentenza n. 206 del 26.5.2006, evidenziando che nel sistema normativo anteriore al 2002 l’ accompagnamento alla frontiera non era correlato a lievi irregolarità amministrative ma alla situazione di coloro che avessero già dimostrato la pervicace volontà di rimanere in Italia in una posizione di irregolarità tale da sottrarli ad ogni normale controllo o di coloro che tale volontà lasciassero presumere all’esito di una valutazione dei singoli casi condotta sulla base di specifici elementi (sottrazione ai controlli di frontiera e mancanza di un documento d’identità). Secondo la Corte la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione. E tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli. Alla stregua di tali principi, secondo la Corte la scelta del legislatore di escludere la legalizzazione dei rapporti di lavoro dei cittadini extracomunitari colpiti da provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera non è manifestamente irragionevole e la disposizione censurata, tenuto conto del complesso degli interessi da tutelare, non incorre nel vizio del trattamento normativo eguale per situazioni sostanzialmente difformi.

Nella fattispecie in esame, legittimamente l’Amministrazione ha respinto l’istanza di emersione di lavoro irregolare presentata a favore del ricorrente dalla Sig.ra Gallotta ai sensi dell’art. 33, l. n. 189 del 2002, in quanto questo era stato destinatario di un decreto di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera, avente valore preclusivo al conseguimento del beneficio in esame, costuitendo l’atto di diniego in contestazione, per l’Amministrazione, un atto dovuto, che questa era tenuta ad adottare, trattandosi di attività vincolata, senza disporre di alcun margine di valutazione discrezionale in merito ad eventuali circostanze sopravvenute favorevoli o particolari situazioni personali dell’interessato.

Ne consegue che risulta influente l’omessa comunicazione di avvio del procedimento prevista dall’articolo 7 della legge 241, in quanto trattandosi di provvedimento di natura vincolata, l’interessato non avrebbe potuto giovarsi della partecipazione procedimentale, non potendo il motivo ostativo relativo all’espulsione con accompagnamento alla frontiera sopra indicata essere superato dalle osservazioni della ricorrente.

Il ricorso deve pertanto essere respinto.

Sussistono tuttavia motivi di equità l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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