Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-04-2011) 29-07-2011, n. 30264 Obbligo di presentazione alla P.G.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Nella notte volgente tra l’il e il 12 gennaio 2011 ufficiali di p.g. traevano in arresto V.C. in flagranza del reato di illecita detenzione per fini commerciali di complessivi quattro grammi di marijuana, perchè trovato in possesso: all’esito di perquisizione personale, di una bustina contenente gr. 1,5 di marijuana e della somma di Euro 185,00 composta da banconote di diverso taglio; all’esito di perquisizione domiciliare, di altra analoga bustina con gr. 2,4 di marijuana, di una bilancina di precisione, di 89 bustine di plastica raffiguranti una foglia di marijuana uguali alle due contenenti lo stupefacente caduto in sequestro, di una confezione di 230 grammi di bicarbonato, oggetti rinvenuti in locale del sottotetto dello stabile condominiale dell’abitazione del V., chiuso da una porta le cui chiavi erano in uso al prevenuto.

Il procedente p.m. presentava l’arrestato davanti al Tribunale di Salerno per la convalida dell’arresto e il coevo giudizio direttissimo ai sensi dell’art. 449 c.p.p.,comma 1.

Il Tribunale il 12.1.2011 convalidava l’arresto di p.g., eseguito nel rispetto dei presupposti di legge, ed applicava al V. per il reato ex art. 73 LS ascrittogli la misura cautelare dell’obbligo di presentazione quotidiana alla p.g., evidenziando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’imputato, desunti dalla univoca destinazione allo spaccio della marijuana rinvenuta in suo possesso (fatta palese dalla somma di denaro e dagli oggetti e strumenti in sua disponibilità, sintomatici di una stabile attività di smercio di droghe, verosimilmente non solo "leggere") e dalle stesse "dichiarazioni sostanzialmente confessorie del prevenuto", nonchè la sussistenza di esigenze cautelari connesse al pericolo di recidività criminosa efficamente tutelabili con l’applicata misura di cui all’art. 282 c.p.p..

2. Giudicando sull’istanza di riesame del V., il Tribunale di Salerno (sezione riesame) con l’ordinanza pronunciata il 28.1.2011, indicata in epigrafe, ha rigettato il gravame e confermato l’ordinanza cautelare coercitiva, ribadendo la sussistenza di un affidabile grave quadro indiziario e l’assenza di condizioni per revocare o rendere meno afflittiva l’applicata misura cautelare.

In particolare i giudici del riesame hanno, in primo luogo, ritenuto infondata la censura del V. sulla nullità dell’ordinanza cautelare, perchè mancante di un capo di imputazione con sommaria indicazione del fatto e delle norme di legge violate ( art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b), osservando come l’ordinanza cautelare impugnata sia integrata da un atto complesso da leggersi unitamente al decreto del p.m. di presentazione del V. per il giudizio direttissimo, recante sia la descrizione dell’accusa che il richiamo alle norme di legge violate dalla condotta del giudicabile, a prescindere dalla pacifica contestazione del fatto, a tutela della esigenze difensive del V., avvenuta nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto. In secondo luogo l’ordinanza del riesame ha ribadito la solidità del quadro indiziario con specifico riguardo alla sicura riconducibilità di rutta la sostanza stupefacente, del denaro e degli altri oggetti in sequestro alla persona del V. (che, per altro, "ha ammesso la titolarità degli oggetti rinvenuti"), elementi -tutti- che individuano tipici parametri della destinazione allo spaccio della marijuana, ed ha riaffermato la cogenza delle esigenze cautelari giustificanti la misura cautelare non custodiate applicata all’imputato.

3. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno ha proposto ricorso il difensore di V.C., che ha dedotto i seguenti due motivi di censura.

1. Violazione degli artt. 273 e 274 c.p.p. e carenza di motivazione.

Erronei debbono considerarsi i presupposti in base ai quali il Tribunale ha deciso di confermare il provvedimento coercitivo emesso nei confronti del V.. Per un verso non può ritenersi pacifica la disponibilità da parte dell’imputato di tutta la strumentazione reperita nella soffitta del suo stabile condominiale, trattandosi di locale accessibile ad una moltitudine di persone, sì che non può escludersi che tra costoro vi fosse "anche chi riforniva il V." di droga. Ciò che spiegherebbe l’identità della bustina di marijuana con quella trovata nella soffitta. Per altro verso l’accertamento della natura drogante della sostanza sequestrata è estemporaneo, non essendosi verificato l’effettivo indice di THC dello stupefacente. Unico dato che, tenuto conto della modesta quantità di marijuana sequestrata, consentirebbe di ritenere superata la soglia della sostanza minima detenibile per uso personale del possessore.

2. Violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b).

L’ordinanza impositiva della misura cautelare è nulla perchè non reca espressa indicazione della fattispecie criminosa contestata all’imputato. La giustificazione offerta dal Tribunale del riesame (ordinanza cautelare come atto composto ex art. 449 c.p.p.) non persuade. Perchè la giurisprudenza di legittimità è particolarmente rigorosa nell’interpretare la citata disposizione, considerando irrinunciabile l’enunciazione delle norme violate, che non possono ritenersi altrimenti integrate, come si sostiene nel provvedimento del riesame.

4. Il ricorso, in buona sostanza generico ad onta della sua estensione, amplificata dalla inutile riproduzione di massime di decisioni di questa Corte regolatrice (che iura novit curia), è basato su doglianze manifestamente infondate.

1. L’addotta inosservanza del disposto dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b), è priva di consistenza per i motivi lucidamente segnalati dall’ordinanza impugnata. Non essendo revocabile in dubbio che la ratio ispiratrice della citata norma sia rappresentata dalla tutela del diritto di difesa dell’indagato o imputato, ben a ragione il Tribunale ha dedotto la tutelata pienezza del diritto di difesa del V. alla luce della dinamica evolutiva della sua vicenda processuale, culminata nella applicazione della misura cautelare non custodiale ex art. 282 c.p.p., che non può prescindere dalla tipologia della disciplina dettata dall’art. 449 c.p.p. in concreto applicata a seguito dell’avvenuto arresto in flagranza del V. in relazione ad un fatto che gli è stato puntualmente contestato fin dalla notifica del verbale di arresto ed è stato oggetto di esaustivo chiarimento nell’udienza di convalida dello stesso anche nei suoi profili giuridici, trattandosi per altro di contestazione di un titolo di reato di diffusa comune applicazione (L. Stup., art. 73, comma 1 e 1 bis). Va aggiunto, del resto, che -come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità- la previsione del contenuto minimo dell’ordinanza cautelare postulata dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b), è funzionale ad una esauriente informazione dell’indagato o imputato sul tenore delle accuse che gli sono mosse, onde consentirgli un pieno esercizio del diritto di difesa. Obiettivo che può e deve ritenersi raggiunto allorchè, come nel caso del V., i fatti addebitati siano indicati in modo tale che l’interessato ne abbia immediata e compiuta conoscenza. Di tal che ciò che rileva ai fini di una corretta contestazione dell’accusa è l’adeguata descrizione del fatto e non la mera indicazione delle disposizioni di legge che si assumono violate (cfr.: Cass. S.U. 14.7.1999 n. 16, Ruga, rv. 214004; Cass. S.U. 21.6.2000 n. 18, Franzo, rv. 216430; Cass. Sez. 1,23.1.2008 n. 7452, Zheng, rv.

238649: "Non è viziata da nullità l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere priva dell’indicazione delle norme di legge violate e della descrizione sommaria del fatto, qualora la carenza di detti elementi sia compensata dal giudice nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, con la precisazione dei motivi di quest’ultimo e la contestazione all’indagato dei reati ravvisati a suo carico").

2.1 rilievi attinenti alla asserita fragilità della piattaforma indiziaria coinvolgente il V. sono giuridicamente infondati ed impingono il merito fattuale della regiudicanda, sì da non poter essere apprezzati in questa sede.

L’attribuzione dell’intero compendio in sequestro (bustine con la droga, bustine per il confezionamento, denaro, bilancino di precisione, bicarbonato) al sicuro possesso del ricorrente è asseverata dalla peculiare disponibilità da parte del medesimo delle chiavi di accesso al locale condominiale, in cui è stata rinvenuta la strumentazione tipica di una diffusa attività di spaccio di droga (non a caso riferibile anche a sostanze diverse dalla sequestrata marijuana, come argomentano i giudici del riesame, alla luce del rinvenimento di sostanza di solito usata per "tagliare" droghe cd. pesanti). Alla concomitante sicura destinazione allo spaccio, desunta con logica coerenza dalla disponibilità della ridetta strumentazione, della marijuana sequestrata al V. non fa velo la lamentata carente verifica dell’effettivo coefficiente del principio attivo (in THC) della sostanza. Ogni problematica inerente all’eventuale esclusivo consumo personale della sostanza da parte del V. è, infatti, elisa dalla conclamata destinazione all’illecito commercio della sostanza reperita all’atto del suo arresto.

Non sottacendosi, per altro, che lo stesso imputato non soltanto non ha mai addotto un proprio personale consumo non terapeutico dello stupefacente, ma – come si rimarca nell’ordinanza impositiva della misura cautelare e nel provvedimento del riesame – ha reso sostanziale ammissione del fatto reato ascrittogli. E’ di tutta evidenza che in una siffatta situazione di detenzione di stupefacente per fini di vendita non ha rilevanza o comunque non si rende necessario accertare il superamento o meno della soglia quantitativa drogante, avuto riguardo alla natura legale della nozione di sostanza stupefacente che connota la vigente disciplina sanzionatoria (v. da ultimo: Cass. Sez. 4, 12.5.2010 n. 21814, Renna, rv. 247478; Cass. Sez. 5, 26.10.2005 n. 3354/11, Andolina, rv. 249748: "Il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope a fini di cessione a terzi è concretamente punibile pur quando non possa accertarsi se il principio attivo contenuto nella sostanza superi la cosiddetta soglia drogante").

L’inammissibilità del ricorso impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo fissare nella misura di Euro 1.000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *