Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 29-07-2011, n. 30325 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 16.6.2010 la Corte di Appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva parzialmente l’istanza proposta da M.G.I. volta ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione in relazione ai reati giudicati sei diverse sentenze.

In particolare la corte territoriale, premesso che i reati accertati con le sentenze 2.12.1996 del GIP del Tribunale di Lecce e 21.1.2005 della Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza 30.4.2004 del Tribunale di Lecce, erano già stati unificati per continuazione con ordinanza della stessa corte in data 4.3.2009, riteneva ravvisata l’unicità del disegno criminoso anche con riferimento anche ai reati giudicati con la sentenza 5.10.2004 della Corte di Assise di Appello di Lecce e con la sentenza 4.10.2007 della Corte di Appello di Lecce in quanto con le stesse era stata affermata la responsabilità del M. per avere partecipato, sostanzialmente, alla medesima associazione mafiosa giudicata con la sentenza 2.12.1996 del GIP del Tribunale di Lecce, ed anche i reati per i quali era stata pronunciata la seconda erano inquadragli nell’ambito delle attività del sodalizio mafioso, del quale il M. era divenuto capo, al fine di affermare, in maniera eclatante, l’operatività del suo gruppo sul territorio. Non era, invece ravvisabile, secondo la corte territoriale, l’unicità del disegno criminoso con riferimento ai reati giudicati con le altre due decisioni indicate dall’istante.

Procedeva, pertanto, alla rideterminazione della pena in relazione ad i reati per i quali il vincolo della continuazione era riconosciuto assumendo quale reato più grave quello di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, e come pena base quella di anni diciassette e mesi quattro di reclusione inflitta complessivamente con la sentenza 4.10.2007 Corte di appello di Lecce, aumentata di anni due e mesi sei per il reato di cui agli artt. 81, 110 629 c.p. (sentenza 21.1.2005 Corte appello Lecce), di dieci mesi per il reato di cui all’art. 416 bis (sentenza 2.12.1996 GIP Tribunale Lecce), di un anno per i reati di cui agli artt. 624 e 625 c.p., L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 14, D.L. n. 152 del 1991, art. 7, (sentenza 5.10.2004 Corte d’assise d’appello di Lecce); pervenendo alla complessiva pena di anni ventuno e mesi otto di reclusione.

2.- Propone ricorso per Cassazione l’avvocato Vincenzo Maria Venneri, difensore di M.G.I. eccependo:

A) Nullità dell’ordinanza per violazione, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonchè per inesistenza, insufficienza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 81 c.p., art. 671 c.p.p., e art. 187 disp. att. c.p.p..

Lamenta il ricorrente che il giudice dell’esecuzione nella rideterminazione della pena complessiva per il riconosciuto vincolo della continuazione sia partito dalla pena di anni 17 e mesi 4 di reclusione, inflitta con la sentenza 4.10.2007 della Corte di Appello di Lecce e ritenuta più grave, senza tener conto che la quantità di pena inflitta con quella pronuncia era già portatrice degli aumenti di pena derivanti dal vincolo della continuazione tra tutti i delitti contestati in quella sede. Si duole, quindi, il ricorrente che con il nuovo calcolo della pena per le sentenze 2.12.1996 del GIP del Tribunale di Lecce e 21.1.2005 della Corte di appello di Lecce, che erano già state unificate per riconoscimento del vincolo della continuazione, abbia comportato la sola diminuzione della pena di cui alla seconda decisione mentre quella relativa alla prima è rimasta invariata senza alcuna motivazione e senza tener conto che si trattava di pena irrogata a seguito di procedimento celebrato con rito abbreviato.

B) Nullità dell’ordinanza per violazione, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonchè per inesistenza, insufficienza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 81 c.p., e artt. 442 e 444 c.p.p..

Lamenta il ricorrente che la corte di appello nella determinazione degli aumenti di pena non abbia tenuto conto della circostanza che talune delle pronunce di condanna erano state pronunciate in esito a riti alternativi per cui anche sui relativi aumenti di pena, stabiliti in continuazione, doveva essere operata la decurtazione di pena conseguente al rito.

C) Nullità dell’ordinanza per violazione della legge penale nonchè per inesistenza, insufficienza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 133 c.p..

Lamenta il ricorrente la carenza di motivazione in relazione alla determinazione della pena relativa agli aumenti disposti ex art. 81 c.p., assumendo che il richiamo operato nel provvedimento alla pessima personalità dell’imputato e alla gravità dei reati commessi sia mera clausola di stile che non adempie all’obbligo di motivazione.

2. – Il Procuratore Generale presso questa Corte Dott. Giuseppe Volpe, con atto depositato il 13 gennaio 2011, ha concluso per dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

3.- Con memoria di replica depositata il 31.3.2011 il ricorrente ribadisce ed ulteriormente illustra e specifica le censure già indicate in ricorso.

Motivi della decisione

4.- Il ricorso è fondato nei limiti di seguito illustrati.

4.1.- Con riferimento alla prima doglianza va ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui "Il giudice dell’esecuzione che debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 c.p., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo" (Sez. 1, sent. 15.12.2009, n. 49748, Di Stefano, Rv. 245987; Sez. 1, sent.

15.11.2009, n. 4911, Neder, Rv. n. 243375).

E’ quindi illegittimo assumere come pena base, sulla quale operare l’aumento per la continuazione, quella complessiva inflitta con una delle sentenze, comprensiva, a sua volta, di una pena base e di un aumento a titolo di continuazione (Sez. 1, sent. 28.1.1994, n. 544, Talarico, Rv. n. 196683; Sez. 1, sent. 8.4. 1997, n. 2565, Ruga, Rv. n. 207702; Sez. 1, sent. 29.11. 1999, n. 6557, Aperi, Rv. n. 215221;

Sez. 1, sent. 5.12.2000, n. 7045, Raso, Rv. n. 217782; Sez. 1, sent.

14.2.2002, n. 16612, Maselli, Rv. n. 218742; Sez. 1, sent. 29.3.2001, n. 23257, Pislor, Rv. n. 219124; Sez. 1, sent. 27.10.2004, n. 45161, Esposito, Rv. n. 229822 e, più di recente : Sez. 1, sent.

15.11.2009, n. 4911 citata e Sez. 1, sent. 13.10.2010, n. 38244, Conte, Rv. n. 248299).

Pertanto il giudice della esecuzione, individuata la pena base – e ferma la quantificazione della stessa nella misura immodificabilmente stabilita dal giudice della condanna – deve determinare ex novo l’aumento, a titolo di continuazione, per ciascuno dei reati satellite, anche per quelli già riuniti nella continuazione c.d. interna.

4.2.- Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione, indicato come reato più grave il reato quello di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, giudicato con sentenza 4.10.2007 della Corte di appello di Lecce, avrebbe dovuto individuare la pena per esso applicata dal giudice della cognizione ed assumere questa quale pena base procedendo, poi, a determinare i singoli aumenti di pena per la continuazione con riguardo ai reati satellite giudicati con la decisione medesima e con quelle successive, e non – come invece fatto- partire dalla pena "complessivamente" inflitta con la sentenza pronunciata per il reato più grave e su tale pena, unitariamente considerata, procedere agli aumenti ex art. 81 c.p., per le violazioni giudicate con le altre decisioni.

5.- Deve essere rilevato, inoltre, come l’ordinanza gravata non indichi in alcun modo i criteri seguiti per la determinazione della pena, tenuto conto che talune delle condanne in relazione alle quali è stata affermata la sussistenza del vincolo della continuazione sono state pronunciate in esito a giudizio abbreviato, il che non consente di stabilire se effettivamente siano stati osservati i principi di diritto in base ai quali la diminuzione di un terzo spettante a norma dell’art. 442, deve comunque operare, e deve essere in concreto applicata, in executivis, sia che i reati giudicati con il rito alternativo siano quelli c.d. satellite – nel qual caso l’aumento ex art. 81 c.p., va prima stabilito e poi ridotto di un terzo (Sent. 1, sent. 17.2.2004, n. 15409, Pennisi, Rv. 227929;

nello stesso senso Sez. 1^, Sent. 2.10.2007, n. 40448, Valentino, Rv.

N. 238049; Sez. 1~; sent. 13.1.2010, n. 5480, Perrone, rv. 245915) – sia che ad essere stato definito con giudizio abbreviato sia il reato più grave e che gli altri, tutti o parte di essi, siano stati accertati a seguito di condanne pronunciate ai sensi dell’art. 338 c.p.p. e ss..

Per le ragioni sopraesposte, preliminari ed assorbenti rispetto agli altri motivi di doglianza dedotti in ricorso, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Lecce.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di Appello di Lecce.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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