Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-04-2011) 29-07-2011, n. 30319

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 27.5.2010 il Tribunale di Reggio Calabria, costituto ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza 12.4.2010 con la quale il GUP del Tribunale di Reggio Calabria aveva applicato nei confronti di C.P. la misura cautelare della custodia in carcere siccome indagato in relazione ai reati: a) di cui all’art. 416 bis c.p., quale affiliato e partecipe, in Condofuri e altre zone della provincia reggina dal 2004 con permanenza; b) di cui agli artt. 110 e 81 c.p., L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7, L. n. 203 del 1991, art. 7, con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, in Condofuri il 26.7.2007.

Il tribunale riteneva sussistente un solido e grave quadro indiziario in ordine all’esistenza ed operatività del sodalizio criminoso costituente un locale di ‘ndrangheta attivo nel territorio di Condofuri, fondato su una struttura gerarchica e su riti di affiliazione, dotato di una suddivisione interna di ruoli e compiti con ampia disponibilità di armi, con solidi rapporti con altre consorterie ndranghetistiche della provincia reggina, mirante al controllo del territorio per mezzo del potere di intimidazione e che aveva dimostrato di avere una notevole capacità di penetrazione e di infiltrazione nell’amministrazione comunale. I risultati delle indagini svolte, in parallelo, dal Commissariato di pubblica sicurezza di Condofuri e dai carabinieri della Compagnia di Melito Porto Salvo e del Comando Stazione di Condofuri-San Carlo nonchè gli esiti delle numerose intercettazioni di conversazioni effettuate in corso d’indagine nonchè le ulteriori attività investigative svolte a supporto avevano, infatti, disvelato l’esistenza del sodalizio e la sua struttura, composta da una società "maggiore" e "minore", la disponibilità e la detenzione di armi da parte di numerosi associati, le pressioni esercitate dalla consorteria mafiosa sull’amministrazione comunale e i tentativi di infiltrazione nella stessa. Venendo quindi ad esaminare specificamente la posizione del C. il tribunale afferma che l’addebito associativo è incentrato sulla sua partecipazione alla cerimonia di affiliazione di alcuni giovani svoltasi in Condufuri il 26 aprile 2007 presso il villaggio denominato "(OMISSIS)". In particolare elementi indizianti provengono dalla conversazione registrata il 26. 4. 2007 a bordo della autovettura Alfa Romeo 146 targata (OMISSIS) quando P.D.F. incontrava un altro affiliato della c.d. società minore, identificato per S.V. e discuteva con lui sul luogo ove il rito si sarebbe svolto, nel corso di tale conversazione veniva poi individuato un altro soggetto, inserito nella consorteria, che risultava essere a conoscenza della prevista cerimonia di affiliazione ed al quale il P. si rivolgeva chiamandolo P.. Il soggetto, identificato in C. P., titolare di un autolavaggio, dopo essersi avvicinato all’autovettura dove era il P. chiedeva: "tagliamo stasera?" con chiaro riferimento all’espressione taglio della coda che nella fraseologia ‘ndranghetista corrisponde all’affiliazione all’onorata società. Secondo il Tribunale le parole proferite dal C., unite alla considerazione che i due detenevano armi in comune e comunque scambiavano armi tra di loro, erano da ritenere sufficientemente dimostrative del ruolo di intraneo alla cosca rivestito dal C. medesimo. Questi infatti, trattandosi di riunione segreta della quale neppure tutti i sodali erano informati, come emerso dalle numerose intercettazioni, ove non fosse stato intraneo all’associazione, non avrebbe potuto conoscere una informazione così riservata.

Riguardo alla imputazione concernente la detenzione illegale, in concorso, di due di calibro imprecisato, rilevano i giudici del riesame che dall’ascolto della conversazione registrata il 26.7.2007 si apprendeva che P.D.F. rassicurava C. P. sulla funzionalità di una pistola che quest’ultimo avrebbe dovuto reperire per un suo amico, l’arma in parola, di marca Beretta e munita di silenziatore, era nella disponibilità di P. il quale, nel corso della conversazione, la mostrava al C. per convincerlo del buon funzionamento della stessa. Nel corso delle fasi inerenti la vendita dell’arma, il cui prezzo veniva stabilito in Euro 1.500,00 il C. chiedeva suo interlocutore di trovargli anche, calibro 6,35, il P., poi, proseguiva offrendo al C. l’acquisto di un fucile marca Flobert e di una pistola che, a suo dire erano detenute da terzi. Sempre nel corso della conversazione il P. mostrava a C.P. un’altra pistola, che era anche essa custodita, evidentemente, nella autovettura monitorata, e che il C. riconosceva come arma che in passato era stata di sua proprietà e che lui aveva venduto a F.L. per la somma di Euro 650,00. Argomenta il tribunale che le dichiarazioni verbali rilevate e anche i rumori di scarrellamento di pistola registrati valgono a documentare ampiamente la sussistenza della gravità indiziaria a carico del C. in relazione al reato addebitato.

In relazione alle esigenze cautelari il tribunale riteneva positivamente riscontrata la pericolosità sociale del prevenuto, a cagione della gravità delle condotte, della dimestichezza nei traffici di armi, la possibilità di reiterazione dei reati e di compromissione della genuinità della prova stante la permanenza del vincolo associativo; considerato, quindi, il delitto di associazione di stampo mafioso contestato e, attesa l’assenza di elementi dimostrativi dell’insussistenza delle esigenze cautelari presunte per legge ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3, applicava quale unica misura adeguata quella della custodia in carcere.

2.- Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione l’avvocato Emanuele Genovese, difensore di C.P., per i seguenti motivi: violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 192 e 273 c.p.p., art. 416 bis c.p..

Lamenta il difensore che il tribunale abbia ritenuto sussistente in capo al C. un quadro indiziario grave e meritevole di salvaguardia con l’applicazione della custodia in carcere pur non essendogli stata contestata alcuna condotta sintomatica dell’appartenenza al supposto sodalizio criminoso. Il tribunale ha ritenuto riscontrato il quadro di gravità indiziaria dalla circostanza della sua presenza nell’ambito della conversazione captata il 26.4.2007 nel corso della quale i presenti parlavano di un rito di affiliazione di alcuni giovani che si sarebbe dovuto svolgere nella stessa serata, anche sulla base dell’identificazione dell’indagato avvenuta attraverso il riconoscimento vocale effettuato mediante, anche, il monitoraggio dell’utenza telefonica (RIT 563/2008 DDA) in uso allo stesso. L’errore ed il vizio della motivazione sta nel fatto che il RIT di riferimento è del 2008 mentre la conversazione è del 26.4.2007. Neppure l’eventuale inequivocabile identificazione del C. nell’ambito della captazione del 26.7.2007 potrebbe attribuire certezza circa l’effettivo riconoscimento della sua voce con riguardo all’intercettazione del 26.4.2007, captata 3 mesi prima. Appare evidente che gli inquirenti abbiano ritenuto che si trattasse del C. perchè il P. si rivolge ad una persona chiamandola Pasqualino. L’ordinanza gravata non motiva sul perchè non poteva trattarsi di persona diversa dato che si tratta di nome comune e appartenente anche ad altri soggetti in indagine. Mancano, riguardo all’asserita partecipazione all’associazione gli indizi gravi e precisi dai quali è lecito dedurre, senza automatismo alcuno, la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, nonchè della duratura e sempre utilizzabile messa a disposizione del soggetto per ogni attività del sodalizio criminoso, con puntuale riferimento allo specifico periodo considerato nell’imputazione. Dagli atti non emerge in alcun modo l’inserimento del prevenuto nell’associazione e le conversazioni captate non sono, di per sè sole, adeguate ad integrare la gravità indiziaria secondo quanto prescritto dall’art. 192 c.p.p., comma 2, in mancanza di ulteriori riscontri ai sensi dell’art. 192 c.p.p., comma 3. 3.- Il Procuratore Generale Dott. Vito Monetti ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso con le conseguenze di legge.

Motivi della decisione

4.- Il ricorso è infondato.

5.- Osserva in primo luogo il Collegio che la dedotta erroneità della identificazione nel C.P. del P. che pronunciò il 26.4.2010 la frase "tagliamo stasera?" rivolta a P.D. e S.V., è questione di fatto che esula dal vaglio di legittimità demandato a questa Corte e che, peraltro, l’identificazione appare plausibilmente affermata in relazione al riconoscimento vocale effettuato mediante il monitoraggio dell’utenza telefonica a lui in uso ed alla comparazione con la captazione 26.7.2007, a nulla rilevando che si tratti di conversazioni avvenute in epoca successiva, posto che non risultano intervenute, nè vengono allegate, situazioni che abbiano prodotto alterazioni del timbro volale, nè significative modificazioni delle caratteristiche della voce del soggetto nei periodi intercorrenti tra la prima intercettazione e quelle successive.

6.- Quanto alla conformità delle condotte attribuite rispetto alla provvisoria imputazione è d’uopo evidenziare come la partecipazione ad una cerimonia di affiliazione di nuovi adepti alla consorteria criminale, oltre che essere indubbiamente sintomatica della intraneità all’associazione, è comportamento sicuramente connotato da efficacia causale con riferimento alla prosecuzione della operatività della struttura associativa, essendo l’arruolamento di nuovi associati una delle modalità con le quali si consolidano e si allargano gli strumenti, ed il materiale umano, per il cui mezzo la consorteria può mantenere e sviluppare le sue potenzialità di azione sul territorio. Trattandosi, poi, di cerimonia che andava tenuta segreta ed alla quale erano ammessi solo appartenenti alla consorteria criminale, anche il solo esserne informato ed esservi stato invitato, è indicativo nei confronti del C. della sua appartenenza alla associazione e della sua disponibilità a contribuire alla realizzazione dei momenti di sviluppo ed affermazione della vitalità della stessa (S.U. sentenza 12.7.2005 n. 33748, Marinino).

7.- Riguardo alla grave valenza indiziaria del contenuto delle capitazioni richiamate nell’ordinanza gravata, sia quella del 26.4.2007 che quella successiva del 26.7.2007, le due intercettazioni costituiscono singoli indizi che vanno valutati alla stregua del principio di diritto in base al quale la lettura del materiale indiziario non può essere condotta solo in modo frammentario (S.U., sent. 12.7.2005, n. 33748, Rv. 231678) e non si esaurisce in una mera sommatoria dei singoli indizi ma richiede, dopo il necessario vaglio della portata di ciascuno degli elementi atomisticamente considerato, un esame globale e unitario degli stessi che, attraverso la composizione unitaria e la loro valutazione d’insieme, ne esalti la incidenza probatoria complessiva (Sez. 1., sent. 14.3.2010, n. 16548, Rv. 246935). L’ordinanza impugnata, in proposito, con procedimento logico-argomentativo coerente e rispettoso dei canoni valutativi degli elementi indiziari in ambito cautelare, raccorda i due distinti dati costituti: dal colloquio tra l’indagato e P.D. F. relativo alla cerimonia di affiliazione e dalla successiva, articolata conversazione intercettata tra i due, concernente la detenzione in comune e lo scambio di armi, inferendone un quadro indiziario complessivo e sufficientemente solido in relazione alla condotta di intraneità alla cosca. Per le ragioni sopraesposte il ricorso deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *