Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-12-2011, n. 28427 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 12 ottobre 1993 il fallimento della s.d.f. Raneri Salvatore e Samperi Orazio nonchè dei predetti soci in proprio conveniva dinanzi al Tribunale di Catania il Monte dei Paschi di Siena per sentir dichiarare inefficaci nei confronti della massa varie rimesse in conto corrente di natura solutoria, eseguite nel periodo sospetto per l’importo complessivo di Euro 115.041,83.

Costituitasi ritualmente, la banca eccepiva l’insussistenza sia dell’elemento oggettivo – dal momento che le rimesse non avevano natura di pagamenti – sia dell’elemento psicologico della conoscenza dell’altrui stato di insolvenza, non rivelato da manifestazioni esteriori.

Dopo l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Catania, con sentenza 23 febbraio 2006, revocava rimesse per complessivi Euro 91948,46 e condannava la convenuta alla rifusione delle spese di giudizio.

In accoglimento del successivo gravame della banca, la Corte d’appello di Catania, rilevata la riassunzione tardiva del giudizio di primo grado, a seguito di cancellazione della causa dal ruolo ex art. 309 cod. proc. civile, non giustificata, contrariamente all’avviso del Tribunale di Catania, dalla cancellazione dall’albo, nelle more, del difensore della curatela, dichiarava l’estinzione del processo con compensazione integrale delle spese.

Avverso la sentenza, non notificata, il fallimento della s.d.f.

Raneri Salvatore e Samperi Orazio proponeva ricorso per cassazione notificato il 7 aprile 2010 ed ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 cod. proc. civile, deducendo la violazione dell’art. 299 c.p.c. e segg., art. 307 c.p.c., e segg., nonchè la carenza di motivazione.

Resisteva con controricorso e ricorso incidentale in ordine alla disposta compensazione delle spese di giudizio il Monte dei Paschi di Siena.

All’udienza del 27 ottobre 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

La cancellazione (disciplinare e no) dall’albo dell’unico procuratore per mezzo del quale una parte è costituita nel giudizio di merito determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza e senza che occorra per il perfezionamento della fattispecie la dichiarazione o la notificazione dell’evento. Con la conseguenza che l’intervenuta interruzione preclude ogni ulteriore attività processuale: che, se compiuta, comporta la nullità degli atti successivi e della sentenza, deducibile anche nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 372 cod. proc. civ. (Cass., sez. 21 aprile 2006 n. 9374).

Ne discende che anche durante lo stato di quiescenza del processo, originata dalla cancellazione della causa dal ruolo ex art. 309 cod. proc. civ., il processo è suscettibile di interruzione al verificarsi di uno degli eventi previsti negli artt. 300 e 301 c.p.c.. Con l’unica differenza che nell’un caso l’interruzione sarà subordinata alla notificazione del procuratore della parte interessata e nell’altro sarà invece suscettibile di pronuncia d’ufficio.

Non v’è infatti alcun motivo per un difforme trattamento dell’ipotesi in cui la causa di interruzione sia intervenuta prima della cancellazione della causa dal ruolo ex art. 309 cod. proc. civ. – e magari quest’ultima sia dipesa dalla reiterata assenza in udienza dovuta proprio alla cancellazione dall’albo, rimasta incognita, del difensore – rispetto a quella, verificatasi nella specie, di un evento interruttivo occorso durante il periodo di quiescenza del processo cancellato. Diversamente opinando, si produrrebbe una grave lesione del diritto di difesa della parte non più assistita dal difensore: e ciò, in patente contraddizione con la decorrenza del termine per la riassunzione, nei suoi confronti, solo a partire dalla conoscenza dell’evento interruttivo.

L’obiezione difensiva che in tal modo il periodo di quiescenza del processo potrebbe dilatarsi indefinitamente non è dirimente, dal momento che la sospensione del termine di riassunzione sarebbe correlata causalmente all’incolpevole ignoranza della parte rimasta senza difesa tecnica (evenienza riconducibile alla categoria dell’impossibilità inimputabile, assurta ormai a causa generale di rimessione in termini, specularmente volta a sanare decadenze già verificatesi: art. 153 c.p.c., comma 2); e comunque, ad essa potrebbe per fine la stessa controparte mediante notifica dell’evento interruttivo di cui avesse acquisito, per prima, cognizione.

L’accoglimento del ricorso principale preclude la disamina del ricorso incidentale sul regolamento delle spese processuali.

La sentenza d’essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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