T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 01-09-2011, n. 1353 Dichiarazione di pubblica utilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazione 13 novembre 1991 n. 101 del competente dirigente dell’Ente F.D.S. furono approvati i lavori per realizzare le opere preliminari del nuovo centro di manutenzione e pulizia a Firenze Osmannoro, interessanti anche terreni di proprietà della ricorrente. La deliberazione stabiliva il termine di un anno per l’inizio dei lavori e delle espropriazioni, e i termini di cinque e sei anni per la conclusione, rispettivamente, degli uni e delle altre. Con decreto prefettizio 17 giugno 1992 fu autorizzata l’occupazione temporanea degli immobili.

Con deliberazione n. 8 del 4 novembre 1997 il Referente di progetto FS spa prorogò i termini originari di pubblica utilità al 10 aprile 1999, e con successiva deliberazione n. 9 del 13 novembre 1997 lo stesso dichiarò nuovamente la pubblica utilità, l’urgenza e l’indifferibilità per i lavori e le espropriazioni in questione, fissando in sei mesi i nuovi termini per il loro inizio e in tre anni il termine per il completamento.

A seguito del fallimento della concessionaria COGEI l’associazione di imprese incaricata dei lavori risultò composta dall’impresa CIR Costruzioni in qualità di capogruppo mandataria, e dalle mandanti Compagnia Italiana Lavori e Costruzioni Callisto Pontello.

Con decreto n. 3383 del 10 novembre 2000 il Prefetto di Firenze ha disposto l’espropriazione delle aree della ricorrente la quale, con gravame notificato il 29 marzo 2001 e depositato il 10 aprile 2001, l’ha impugnato insieme alle suddette deliberazioni nn. 8 e 9 dell’anno 1997, lamentando violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituiti la società F.D.S. s.p.a., l’Avvocatura dallo Stato per la Prefettura di Firenze e la società CIR costruzioni chiedendo l’inammissibilità e comunque la reiezione del ricorso nel merito.

All’udienza stabilita per la trattazione della domanda cautelare, il ricorso è stato rinviato al merito.

Con ordinanza n. 167 dell’11 novembre 2010 il processo è stato dichiarato interrotto a causa della cessazione dell’attività di impresa da parte della controinteressata CIR, ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270.

Il processo è stato riassunto con atto notificato il 17 dicembre 2010 e depositato il 30 dicembre 2010, e la società CIR in amministrazione straordinaria non si é costituita.

Con ordinanza n. 601 del 6 aprile 2011 è stata disposta istruttoria documentale.

All’udienza del 13 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. La presente controversia ha ad oggetto la legittimità di una procedura espropriativa.

1.1 Con primo motivo la ricorrente lamenta di non avere avuto comunicazione né della proroga dei termini di pubblica utilità, né dell’avvio del procedimento per rinnovare la dichiarazione di pubblica utilità delle opere.

Con secondo motivo deduce incompetenza della società F.D.S. s.p.a. in materia espropriativa, e segnatamente all’emanazione dei provvedimenti aventi ad oggetto la proroga dei termini di pubblica utilità e la dichiarazione ex novo di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori e delle espropriazioni per le opere di cui si tratta. La deliberazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica 898200 in data 12 agosto 1992, con cui l’ente pubblico economico F.D.S. è stato trasformato in società per azioni, non richiama infatti la norma contenuta nell’art. 14, d.l. 11 luglio 1992, n. 333 convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359 relativo al trasferimento alle società per azioni derivanti dalla trasformazione di enti pubblici economici delle attribuzioni in materia di dichiarazione di pubblica utilità, necessità ed urgenza.

Inoltre non sarebbe stata effettuata la comunicazione del progetto alle amministrazioni locali interessate per la verifica di compatibilità con le prescrizioni ed i vincoli posti da norme e piani urbanistici, come invece prevede l’art. 25, l. 17 maggio 1985 n. 210.

Con terzo motivo lamenta che la proroga del termine per il compimento dei lavori e delle espropriazioni non sarebbe motivata in relazione a cause di forza maggiore e che la rinnovazione della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera 9/1997 non sarebbe avvenuta secondo l’iter procedimentale di legge, essendo in particolare stata omessa una nuova valutazione sull’utilità delle opere.

Con quarto motivo deduce che conseguentemente si sarebbe verificata l’accessione invertita a seguito della realizzazione dell’opera con l’irreversibile trasformazione dei propri terreni.

Con quinto motivo lamenta che il decreto di esproprio non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, e con sesto motivo ne deduce l’illegittimità derivata dalle delibere nn. 8 e 9 del 1997.

La ricorrente chiede inoltre il risarcimento del danno.

1.2 Le controparti replicano puntualmente alle deduzioni della ricorrente, evidenziando in particolare che il provvedimento con cui è stata dichiarata nuovamente la pubblica utilità delle opere sarebbe motivato con riferimento alla relazione del Project manager del nodo di Firenze e sarebbe stato adottato nell’ambito dell’originario procedimento ablatorio, prima della scadenza del termine originariamente previsto. Peraltro in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità ex lege un eventuale apporto collaborativo della ricorrente sarebbe stato inutile.

Il potere ablatorio esercitato dalla società F.D.S. S.p.A. nella vicenda in discussione deriverebbe dal d. m. 225 del 26 novembre 1993, con cui è stata affidata alla stessa la concessione dell’esercizio del servizio ferroviario di trasporto pubblico sulle relazioni già servite dall’ente pubblico economico F.D.S. nonché la progettazione e costruzione di nuove linee e di impianti. Esso infatti avrebbe confermato le attribuzioni in materia già riconosciute all’Azienda Autonoma F.D.S. dalla legge n. 1/1978, e poi all’ente pubblico economico dalla legge n. 210/85.

2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

2.1 Quanto al primo motivo, valgano le considerazioni che seguono.

La deliberazione 101/91 con cui è stato approvato il progetto esecutivo delle opere che interessano nella presente sede ha previsto sei anni quale termine per completare le procedure espropriative. La delibera è stata assunta il 13 novembre 1991, e pertanto il termine sarebbe scaduto il 13 novembre 1997.

La proroga al 10 aprile 1999 dei termini per il completamento delle espropriazioni è intervenuta in data 4 novembre 1997, mentre la nuova dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità è stata assunta il 13 novembre 1997. Tali provvedimenti sono quindi effettivamente stati assunti nell’ambito dell’originaria procedura ablatoria.

La circostanza tuttavia appare irrilevante a fronte delle censure proposte dalla ricorrente con il motivo in esame.

La giurisprudenza infatti esige la comunicazione di avvio del procedimento ai fini del rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità, secondo il principio in base al quale ogni qualvolta l’amministrazione attivi una procedura ablatoria deve indefettibilmente comunicare l’avviso di inizio procedimento per stimolare l’apporto collaborativo del privato (C.d.S. IV, 12 maggio 2009 n. 2931 e 9 dicembre 2010 n. 8688). L’orientamento è condivisibile poiché alla scadenza dei termini previsti da una dichiarazione di pubblica utilità il soggetto espropriante deve valutare la persistenza del pubblico interesse alla realizzazione delle opere, sicché non appare inutile l’apporto procedimentale dei privati a fini sia di loro tutela, che di ausilio alla stessa autorità espropriante per rappresentare eventuali situazioni e circostanze che rendano possibile il soddisfacimento del pubblico interesse in modo diverso che con l’espropriazione dei fondi. Le circostanze fattuali potrebbero infatti essere mutate nel corso del tempo, e l’ingresso di nuovi fatti nel procedimento di rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità ben può agevolare il contemperamento dei diversi interessi pubblici e privati che vengono in rilievo nelle procedure ablatorie.

Nel caso di specie è pacifico che la comunicazione di avvio procedimento non sia stata inoltrata.

Il Collegio peraltro ritiene che, ciononostante, il motivo debba essere respinto poiché, come correttamente rappresentato nella memoria difensiva di R.F.I., la dichiarazione di pubblica utilità è stata emessa e rinnovata in applicazione dell’art. 25, legge 17 maggio 1985, n. 210 secondo il quale "l’adozione dei progetti di opere ferroviarie previste nel piano generale dei trasporti produce gli effetti di cui al primo comma dell’articolo 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1", e cioè equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere stesse. La dichiarazione di pubblica utilità ed il suo rinnovo sono quindi stati assunti in base alla legge, sicché l’apporto collaborativo del privato sarebbe stato sostanzialmente inutile. L’autorità espropriante infatti, nella specie, ha agito per realizzare un programma di opere la cui approvazione ha ex se trasformato il diritto di proprietà della ricorrente in interesse legittimo; essa, avendo agito in base ad un disposto legislativo, non avrebbe potuto assumere alcuna diversa determinazione in contrasto con il medesimo. In altri termini l’autorità espropriante nel caso di specie non avrebbe potuto ricavare alcuna utilità dall’apporto collaborativo del privato e il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello che è stato adottato. Sotto tale profilo il Collegio ritiene che sia stata raggiunta la prova richiesta dall’art. 21 octies, comma 2, legge 7 agosto 1990, n. 241 che impedisce a questo Giudice di porre nel nulla un provvedimento pur affetto da illegittimità per mancata comunicazione dell’avvio di procedimento.

Il motivo deve pertanto essere respinto.

2.2 Non merita miglior sorte il secondo motivo di gravame.

Quanto alla lamentata incompetenza dell’organo che ha emesso i provvedimenti impugnati, la censura si basa sull’assunto che la delibera del C.I.P.E. 12 agosto 1992 che ha disposto la trasformazione dell’Azienda Autonoma F.D.S. in società per azioni non richiama il disposto di cui all’art. 14, comma 4 bis, del d.l. n. 333/1992 in tema di attribuzioni in materia di dichiarazioni di pubblica utilità, il quale stabilisce che "Fino alla emanazione di una nuova disciplina, le società per azioni derivate dalla trasformazione di cui agli articoli 15 e 18 esercitano, nei medesimi limiti e con i medesimi effetti, le attribuzioni in materia di dichiarazione di pubblica utilità e di necessità e di urgenza, già spettanti agli enti originari". La società R.F.I. s.p.a. sarebbe quindi sprovvista di tale potere.

L’assunto è destituito di fondamento poiché, come correttamente rappresentato nelle difese di controparte, il decreto del Ministro dei trasporti 26 novembre 1993, n. 225, nell’attribuire all’allora denominata soc. F.D.S. – società di trasporti e servizi per azioni, tra l’altro, la progettazione e la costruzione di nuove linee ed impianti, richiama espressamente gli artt. 25, l. 210/198 e il suddetto 14, comma 4 bis, d.l. 333/1992. Il decreto ministeriale non è impugnato e deve pertanto ritenersi pienamente efficace, e con esso l’attribuzione all’intimata società dei poteri espropriativi già riconosciuti all’ex Azienda Autonoma delle F.D.S..

L’ulteriore censura contenuta nel motivi in esame è priva di pregio poiché il decreto del Ministero dei trasporti 3 agosto 1990 n. 109T, ritualmente prodotto in giudizio a seguito di ordinanza istruttoria di questo Tribunale, approva una convenzione tra l’Ente F.D.S., la Regione Toscana, il Comune e la Provincia di Firenze per realizzare il sistema di trasporti al cui interno è compresa l’opera in discussione.

2.3 Il terzo motivo di ricorso deve anch’esso essere respinto poiché il provvedimento gravato è motivato con richiamo alla relazione di Italferr s.p.a. in data 10 novembre 1997, nella quale si dà conto delle difficoltà nella realizzazione dei lavori de quibus derivanti dalla necessità di bonificare una superficie di terreno ove avrebbe dovuto sorgere l’impianto ferroviario. Le valutazioni sulla loro pubblica utilità risultano poi già effettuate dalla legge, sicché non vi era necessità di una specifica rivalutazione in merito da parte dell’autorità espropriante.

2.4 Dalla reiezione dei primi tre motivi di gravame deriva che anche il quarto motivo deve essere rigettato poiché, stante la persistenza del potere ablatorio in capo al soggetto espropriante nella presente vicenda, non può predicarsi l’intervento dell’accessione invertita relativamente ai terreni della ricorrente.

2.5 Dalla reiezione dei primi motivi del ricorso segue anche che non sussistono i vizi in via derivata del decreto di esproprio dedotti con il sesto motivo; peraltro esso deve ritenersi esente anche dai vizi propri denunciati con il quinto motivo poiché la sua emanazione non va preceduta da comunicazione di avvio procedimento in quanto costituisce atto meramente attuativo della procedura espropriativa, rispetto al quale i privati non potrebbero apportare alcun contributo rilevante.

La censura di difetto di istruttoria del medesimo provvedimento, contenuta nella memoria per l’udienza di merito, deve essere respinta sia perché è del tutto generica, sia perché è dedotta in un atto che non è stato notificato alle controparti.

6. Per i motivi sopra esposti il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 3.000,00 (tremila/00) a favore di ciascuna parte resistente costituita, cui devono essere aggiunti i soli oneri per IVA e CPA.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro 3.000,00 (tremila/00) a favore di ciascuna parte resistente costituita, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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