Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-04-2011) 29-07-2011, n. 30314 Colloqui e corrispondenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza in data 14 ottobre 2010 il Magistrato di Sorveglianza di Cuneo rigettava il reclamo proposto da E. A. avverso la sanzione disciplinare di giorni 8 di esclusione dalle attività in comune inflittagli dal consiglio di disciplina della casa circondariale di Cuneo il 19 agosto 2010 in relazione al rapporto disciplinare elevato il 6 agosto precedente, con il quale il detenuto, ristretto il regime di cui all’art. 41 bis ordinamento penitenziario, era stato segnalato per aver conversato con altro detenuto, ristretto anche lui allo stesso regime ed appartenente a diverso gruppo di socialità, in violazione di quanto stabilito con disposizione dell’amministrazione, comunicata alla popolazione detenuta tramite affissione di apposito avviso, e con circolare del DAP n. 0248770/2008.

Premetteva il giudice a quo che la competenza del magistrato di sorveglianza in materia di sanzioni disciplinari è limitata al controllo di legalità con riferimento alla tassatività delle infrazioni e delle sanzioni ed alla corrispondenza del fatto, come accertato dalla Amministrazione Penitenziaria, alle fattispecie disciplinari tipiche. Riteneva, quindi, che non fosse stata violata la procedura prevista dal D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81; in primis che non fosse illegittima, ma semplicemente irregolare e tale da non inficiare il procedimento disciplinare, la modalità di contestazione dell’addebito attuata mediante atto scritto, sottoscritto dal direttore e comunicato al detenuto dal Comandante di Reparto, non avendo tale modalità comportato violazione di diritto di difesa ed essendo stata idonea ad informare l’interessato circa i fatti che venivano contestati e la sua facoltà di esporre, in relazione a tali fatti, le proprie discolpe. Affermava, quindi, che il divieto di comunicazione tra detenuti sottoposti all’art. 41 bis O.P. e appartenenti a gruppi di socialità diversi, in quanto connaturato e volto al raggiungimento delle finalità preventive del regime differenziato, doveva ritenersi pienamente legittimo; che le doglianze concernenti la mancata sottoscrizione da parte dell’agente notificatore e le incongruenze riportate negli atti relative ad infrazioni disciplinari diverse, non avendo pregiudicato la conoscenza degli addebiti mossi al detenuto nè la sua facoltà di discolpa, erano infondate; che il provvedimento del consiglio di disciplina appariva adeguatamente motivato in relazione al caso concreto.

2.- Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione l’avvocato Paolo Federico difensore dell’Ercolano, deducendo che il provvedimento disciplinare era stato adottato in violazione di legge ed era affetto da vizio di motivazione; atteso che il magistrato di sorveglianza poteva sindacare i motivi e l’opportunità della sanzione irrogata, che il comportamento posto in essere non aveva violato l’art. 41 bis O.P. avendo il detenuto augurato solo la buonanotte ad altro recluso e, infine, che non era stato osservato il disposto di cui al D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81, comma 2, sia con riferimento alle modalità di contestazione degli addebiti che con riferimento al diritto di difesa, e, inoltre che la sanzione sarebbe stata applicata senza l’osservanza dell’art. 39, comma 1 lett. a), O.P..

3.- Il Procuratore Generale, con requisitoria depositata il 4 gennaio 2011, ha chiesto che il ricorso sia rigettato con le conseguenze di legge.

Motivi della decisione

4.- Il ricorso è infondato.

5.- Riguardo alla prima doglianza deve essere rilevato che il regime restrittivo previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, è volto al palese fine di contrastare l’operatività della criminalità organizzata attraverso limitazioni e sospensioni alle regole ordinarie del trattamento penitenziario che possano porsi in contrasto con le esigenze ordine e di sicurezza, alla cui tutela sono preordinate le disposizioni finalizzate ad impedire i collegamenti con l’associazione di riferimento, nonchè con quelle ad essa collegate, sia all’esterno che all’interno dell’istituto penitenziario.

In coerenza con gli scopi perseguiti l’art. 41 bis O.P., comma 2 quater, lett. a), prevede "l’adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazioni con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate".

In tale ottica, a mente delle finalità di prevenzione perseguite attraverso l’imposizione del regime differenziato, il divieto di qualsiasi comunicazione tra determinate categorie di reclusi sottoposti alle restrizioni di cui all’art. 41 bis, stabilito con circolare del DAP ed attuato attraverso le conseguenti regolamentazioni adottate nell’ambito dei singoli istituti penitenziali, è sicuramente legittimo e la sua inosservanza ben può integrare gli estremi della infrazione disciplinare prevista dal D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 7, comma 1, n. 16. Ciò a prescindere da quale sia il contenuto, vero o supposto, della comunicazione abusiva tra detenuti, la cui valutazione, peraltro, attiene a questione di merito non sindacabile in questa sede di legittimità. 6.- Per quel che attiene alle doglianze relative all’ambito del controllo demandato al magistrato di sorveglianza in sede di decisione sul reclamo avverso l’irrogazione di una sanzione disciplinare, esso è stato definito nella giurisprudenza di questa Corte precisando che il compito di detto magistrato, quando oggetto del reclamo sia la materia disciplinare, è circoscritto alla verifica dell’osservanza delle norme riguardanti l’esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell’organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa (Cass., Sez. 1, sent. 28.4.1997, Bucinca, Rv. 207679; Cass. Sez. 1, sent. 4.11.2004, n. 46051, Gangi, Rv. 230206; Cass. Sez. 1, sent. 25.1.2011, n. 4776, Zanetti,Rv. 249561).

7.- Nè appare violato, come prospettato dal ricorrente con il terzo motivo di gravame, il D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81, comma 2, posto che la norma non prevede specificamente che la contestazione sia effettuata dal Direttore oralmente e neppure vieta che essa sia effettuata per iscritto da parte del Direttore stesso il quale deleghi alla consegna dell’atto, contenente la contestazione del fatto addebitato, e ad effettuare l’invito ad esercitare le facoltà di discolpa il Comandante del reparto; peraltro la giurisprudenza costante di questa Corte ritiene che la stessa contestazione possa essere totalmente delegata al Comandante senza che ciò comporti l’illegittimità del procedimento disciplinare (ex plurimis Cass. Sez. 1, sent. 14.11.2007, n. 43305, Marchese, Rv. 238424; Cass. Sez. 1, sent. 5.2.2008, n. 8986, Marchese, Rv. 239512). Invero il complesso di formalità previste dall’alt. 81 citato (norma regolamentare) è finalizzato ad assicurare il rispetto del principio fondamentale stabilito dall’art. 38, comma 2, O.P. (norma primaria) il quale stabilisce che "nessuna sanzione può essere inflitta se non… dopo la contestazione dell’addebito all’interessato, il quale è ammesso ad esporre le proprie, discolpe". In tal senso la previa contestazione da parte del direttore è concepita dalla norma regolamentare non come interrogatorio, ma come mera informazione di garanzia circa gli estremi dell’incolpazione e la facoltà di esporre di persona le proprie difese, per cui anche qualora, come nel caso di specie, essa sia stata effettuata con atto scritto e delega al comandante per la consegna e l’invito ad esercitare la facoltà di difesa, detta modalità, come correttamente ritenuto nell’ordinanza impugnata, non ha pregiudicato la conoscenza del fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi da parte del detenuto.

Quanto alla censura concernente la violazione del diritto di difesa – asseritamente derivata dalla contestualità tra contestazione degli addebiti, invito a discolparsi e la successiva fase di deliberazione ed irrogazione della sanzione – non può sostenersi che la preventiva informazione valga ad assicurare un termine per predisporre la difesa; infatti la convocazione dinanzi al consiglio di disciplina può avvenire in qualsiasi momento, anche "ad horas", ed i termini introdotti – innovando la previgente disciplina – dal D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81, hanno funzione acceleratoria, e, non dilatoria (Cass. Sez. 1, sent. 16.10.2001, n. 41700, Camerino, Rv. 221040) ed è davanti all’organo disciplinare ritualmente costituito che l’interessato deve, in contraddittorio, esercitare la facoltà di difesa.

Del tutto destituita di fondamento è poi la prospettata violazione dell’art. 39, comma 1 n. 2), O.P. in quanto trattasi di norma che riguarda l’irrogazione e l’esecuzione della sanzione disciplinare dell’ammonizione – diversa da quella applicata nel caso di specie – e che è demandata, quanto ad irrogazione che ad applicazione, al solo Direttore e che è ben distinta e diversamente disciplinata rispetto quelle specificamente elencate nei numeri successivi, da 3) a 5), della stessa disposizione di legge.

Conclusivamente, quindi, deve essere affermato che il magistrato di sorveglianza ha correttamente e congniamente escluso l’invalidità del procedimento disciplinare e la illegittimità della sanzione inflitta al ricorrente in esito ad esso.

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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