T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 01-09-2011, n. 1375 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 31 dicembre 2009 e depositato il successivo 8 gennaio, la M.D.S.R. spa chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Sindaco di Grosseto, facendo riferimento a precedente ordinanza n. 68 del 4 maggio 2009 e pur evidenziando che, in merito alla rimozione e smaltimento di materiale vegetale e litoide all’interno della struttura portuale M.D.S.R., da un tavolo tecnico tra i soggetti interessati non erano emerse conclusioni circa le competenze e le imputazioni dei costi, intimava alla ricorrente, per quel che rileva nella presente sede, di effettuare ulteriori analisi chimico fisiche sul materiale in questione al fine di procedere alla caratterizzazione dei rifiuti di cui trattasi e al successivo, definitivo smaltimento.

La ricorrente, quindi, premettendo di essere concessionaria del porto turistico "Porto della Maremma" e di avere informato lei stessa il Comune, in data 13 marzo 2009, di avere rilevato la presenza di materiale vegetale e litoide proveniente dal Canale di San Rocco, evidenziava di essersi dichiarata disponibile, salve le effettive imputazioni ed al fine di salvaguardare la navigazione portuale, alla provvisoria rimozione e al deposito temporaneo di detto materiale, allegando pure le risultanze di analisi da lei fatte svolgere alla presenza di un tecnico dell’Arpat e specificando la particolare situazione di degrado ambientale del suddetto canale, con ulteriore nota del 18 marzo 2009 indirizzata a tutti gli Uffici dell’amministrazione comunale coinvolti nella vicenda.

In seguito alla comunicazione del Comune di riscontro alla suddetta nota, la ricorrente proponeva di individuare un’area a deposito temporaneo del materiale rimosso, al fine di attendere il tempo necessario per avviare le operazioni di trasporto in discarica mediante appositi "scarrabili", cui seguiva la successiva rappresentazione degli ingenti costi sostenuti e l’invito ad individuare le effettive competenze anche mediante un tavolo tecnico.

La ricorrente, quindi, ricordava che ne era conseguita l’ordinanza n. 68 del 4 maggio 2009 in cui il Comune di Grosseto le intimava di concludere le operazioni di rimozione e pulizia del porto turistico del materiale vegetale e litoide proveniente dal Canale di San Rocco entro il 30 maggio 2009, trasferendo il materiale in apposita area ivi indicata, ferma restando la convocazione di un tavolo tecnico per verificare le competenze dei soggetti coinvolti e le corrette soluzioni operative per il trattamento finale dei rifiuti in questione.

La ricorrente evidenziava anche che, nel frattempo, aveva più volte rappresentato di non poter più sopportare gli oneri di smaltimento e di avere invitato l’amministrazione ad individuare i soggetti cui imputarli, anche nell’apposita conferenza di servizi convocata il 15 ottobre 2009.

Avverso l’ordinanza n. 143 del 4 novembre 2009 che però ne conseguiva, impugnata nella presente sede, la ricorrente, quindi, lamentava, in sintesi, quanto segue.

"1) Violazione e falsa applicazione artt. 1, 2 e 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e/o falsa applicazione art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e delle perplessità".

Il Sindaco, nell’ordinare di effettuare ulteriori analisi, non chiariva in base a quale potere esercitava tale ingiunzione, non potendo invocarsi a tale fine la precedente ordinanza n. 68/2009, adottata autonomamente.

"2) Violazione e/o falsa applicazione artt. 1, 2 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e/o falsa applicazione art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Violazione e/o falsa applicazione art. 192 del d.lgs. n. 3 aprile 2006, n. 152. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e delle perplessità".

Pur richiamando la proroga della precedente ordinanza n. 68 cit., quella impugnata conteneva statuizione diverse, in quanto la precedente era orientata esclusivamente al trasferimento del materiale rimosso presso una discarica mentre la n. 143 imponeva l’effettuazione di analisi al fine di procedere al successivo e definitivo smaltimento.

Con ciò, rilevava la ricorrente, era definitivamente addossato a suo carico il costo dello smaltimento in questione pur se non ad essa era imputabile la produzione del rifiuto.

"3) Violazione e/o falsa applicazione art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti e del difetto dei presupposti. Difetto di istruttoria".

Non sussistevano comunque i presupposti per l’adozione di un provvedimento "extra ordinem", in quanto non rilevava – né era stata richiamata e dimostrata – alcuna situazione di emergenza sanitaria e/o di igiene pubblica e il Sindaco aveva inteso intervenire non per adottare misure temporanee e contigibili a carico della ricorrente ma aveva dato luogo a statuizioni che intendevano risolvere definitivamente la questione.

"4) Violazione e/o falsa applicazione art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Violazione e/o falsa applicazione artt. 1, 2 e 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti e dei presupposti. Contraddittorietà e sviamento".

Qualora si ritenesse che il provvedimento adottato dal Sindaco rientrasse nell’alveo di quanto disposto dall’art. 192 TU Ambiente, era riscontrabile l’assenza dei relativi presupposti, non essendo stato rilevata alcuna colpa o dolo a carico della ricorrente nell’abbandono dei rifiuti in questione mediante accertamenti effettuati in contraddittorio, secondo le conclusioni della giurisprudenza prevalente sul punto, dato che il materiale considerato era proveniente dal canale di san Rocco, gestito da soggetto terzo, come era anche stato rappresentato nel corso dell’istruttoria tecnica tenutasi tra le parti interessate. Né la pronta disponibilità della ricorrente al solo fine di salvaguardare la sicurezza della navigazione portuale, nei primi momenti della riscontrata presenza del materiale, poteva essere interpretata come ammissione di alcuna responsabilità quale produttrice del rifiuto.

"5) Violazione e/o falsa applicazione art. 192 del d.lgs. n. 3 aprile 2006, n. 152. Violazione e/o falsa applicazione artt. 1, 2 e 3 legge 7 agosto 2000, n. 241. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti e dei presupposti".

Non risultavano le necessarie indicazioni in ordine agli opportuni accertamenti istruttori effettuati, al termine entro cui provvedere, alle norme su cui si fondava il potere d’ordinanza, alla pronuncia degli organi tecnici, all’eventuale esecuzione in danno.

Si costituivano in giudizio le Amministrazioni statali indicate in epigrafe, chiedendo la reiezione del ricorso, e così pure facevano il Comune di Grosseto e il relativo Sindaco p.t.

Quest’ultimi, in particolare, in separata memoria depositata il 20 gennaio 2010, eccepivano anche l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse a ricorrere, in quanto risultava "per tabulas" che la ricorrente si era volontariamente fatta carico dell’intero ciclo di smaltimento e l’ordinanza impugnata non aveva comunque alcun carattere lesivo nuovo, inerendo alle operazioni di recupero già iniziate e relative a materiale di cui la stessa ricorrente era il produttore in quanto derivante da dragaggio del fondo marino al fine di asportare i residui dei tagli operati nel Canale di San Rocco.

Le Amministrazioni statali, invece, incentravano le proprie difese, con memoria del 2 marzo 2010, esclusivamente nel rilevare il proprio difetto di legittimazione passiva.

Con atto contenente motivi aggiunti, ritualmente notificato e depositato in termini, la società ricorrente chiedeva anche l’annullamento "in parte qua", previa sospensione, del verbale del tavolo tecnico tenutosi in data 9 dicembre 2009, lamentando quanto segue.

1) Violazione e falsa applicazione artt. 1, 2 e 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e/o falsa applicazione art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e delle perplessità. Illegittimità derivata".

La ricorrente evidenziava l’illegittimità derivata del provvedimento impugnato, per quanto dedotto nel ricorso introduttivo.

2) Violazione e falsa applicazione artt. 1, 2 e 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e/o falsa applicazione art. 183 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e delle perplessità."

Nessun precedente atto, né tantomeno l’ordinanza n. 68/2009, individuava la ricorrente come "produttore" del rifiuto, per cui ogni impostazione che voleva lo smaltimento del rifiuto a carico della ricorrente per tale motivo era destituita di fondamento. Né valeva a tale scopo distinguere tra materiale ligneo e materiale sabbioso proveniente da attività di drenaggio del fondo marino, dato che tale attività si era resa necessaria proprio per la rimozione dei residui provenienti dal Canale di San Rocco a causa di ben precisi eventi meteorologici.

Inoltre, le analisi effettuate avevano dimostrato l’impossibilità di distinguere la natura del materiale stoccato e la sua specifica provenienza.

"3) Violazione e falsa applicazione artt. 1, 2 e 3 legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e/o falsa applicazione art. 183, 185 e 191 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione e del difetto di istruttoria e perplessità. Contraddittorietà e sviamento".

La conclusione del tavolo tecnico, che attestava l’impossibilità di attribuir al materiale vegetale la natura di rifiuto, non era condivisibile in quanto contrastava con la disposizione di cui all’art. 185, lett. c), d.lgs. n. 152/2006 nonché con l’adozione stessa delle ordinanza comunali n. 68 e 143 del 2009.

In data 17 marzo 2010 sia il Comune resistente che la ricorrente depositavano ulteriori memorie a sostegno delle proprie tesi difensive.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, questa Sezione accoglieva la domanda cautelare.

In prossimità della pubblica, udienza le parti sopra indicate depositavano altre memorie, anche di replica, a ribadire le proprie posizioni difensive.

Alla pubblica udienza del 3 maggio 2011, la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio, al fine di dirimere la questione posta alla sua attenzione, anche in relazione ai profili processuali legati all’eccezione di inammissibilità del Comune resistente, ritiene di evidenziare i presupposti di fatto che emergono dalla documentazione depositata in giudizio.

Si rileva che la vicenda – in assenza di ulteriori e diverse allegazioni da parte delle parti intimate – trae origine dalla circostanza per la quale durante lavori di manutenzione ordinaria dell’imboccatura del porto turistico di Marina di Grosseto ad opera della ricorrente, autorizzati da conferenza di servizi del 23 gennaio 2009, si individuava la presenza di materiale ligneo sui fondali antistanti la banchina "E’, di pericolo per la navigazione e che necessitava di immediata rimozione, come immediatamente comunicato al Comune dalla stessa M.D.S.R. spa con nota del 13 marzo 2009, in cui si evidenziava che l’ammasso di tale materiale era riconducibile alle forti perturbazioni meteo degli ultimi mesi e delle relative piene del canale di San Rocco e che la medesima società, come avvenuto in anni precedenti, intendeva rimuovere i suddetti depositi, allegando le analisi del materiale, da stoccare temporaneamente in un’area ivi indicata prima del loro essiccamento e trasferimento in discarica.

Anche l’Arpat, con nota del 18 marzo 2009, faceva riferimento esclusivamente a tali depositi lignei sul fondale, condividendo il codice CER attribuito (200201 Rifiuti biodegradabili) e suggerendo lo stoccaggio all’interno di scarrabili posizionati in area di cantiere interna al Porto Turistico e nella disponibilità della Società concessionaria.

La medesima società ricorrente, poi, ancora il 19 marzo 2009, scriveva una nota agli Uffici competenti del Comune di Grosseto, lamentando la situazione di abbandono del Canale di San Rocco, il conseguente accumulo di materiale ligneo e la sostanziale inerzia dell’Amministrazione comunale.

Il Collegio osserva che in questa fase, quindi, si fa esclusivo riferimento alla presenza di materiale ligneo/litoide e non altro. Tant’è che lo stesso Comune di Grosseto, con nota del 19 marzo 2009 del dirigente del Settore competente, richiamava integralmente il contenuto della suddetta nota Arpat del giorno precedente, invitando la ricorrente ad individuare un’area di cantiere interna al Porto Turistico per la gestione e lo stoccaggio dei materiali prelevati (evidentemente quelli segnalati anche dall’Arpat, quindi materiale ligneo quale rifiuto biodegradabile).

Sulla base della comunicazione al Comune di Grosseto della società ricorrente del 20 marzo 2009, secondo la quale non era possibile reperire sul mercato un numero elevato di scarrabili e per tale ragione intendeva delimitare un’area per adibirla al deposito "temporaneo", dotandola di un telo di protezione – comunicazione di cui l’Arpat prendeva atto con nota del 23 marzo 2009 – seguiva altra nota, del 23 marzo 2009, della medesima indirizzata al Consorzio di Bonifica e alla Capitaneria di porto in cui si lamentava lo stato di abbandono del Canale, l’accumulo di materiale ligneo e la mancanza di interventi da parte dello stesso Consorzio.

Alla luce di tali presupposti, quindi, il Collegio rileva che la fattispecie prende forma in questa fase come esclusivamente riferita alla rimozione di materiale ligneo – e non altro – proveniente dal Canale di San Rocco, di cui la società ricorrente si dichiarava disposta alla rimozione, per necessità di navigazione nel porto turistico, e allo stoccaggio provvisorio in quanto rifiuto, in attesa dell’essiccamento e successivo trasferimento in discarica. Non si rileva alcuna ammissione di responsabilità nella produzione di tale rifiuto, quindi, né si individua la presenza di altro tipo di materiale proveniente da attività direttamente e autonomamente riconducibili alla medesima ricorrente.

La M.D.S.R. spa, poi, con nota del 4 maggio 2009 indirizzata al Comune di Grosseto, confermava l’impossibilità di affrontare i costi di smaltimento e, lamentando l’inattività delle amministrazioni competenti, invitava alla costituzione di un tavolo tecnico cui si dichiarava disponibile a partecipare al fine di individuare le varie competenze e l’imputazione dei costi di smaltimento, con ciò confermando di non ritenersi in alcun modo produttore del rifiuto.

In pari data del 4 maggio 2009, però, il Sindaco di Grosseto adottava l’ordinanza n. 68 in cui specificava, in sintesi, quanto segue: vi era un’effettiva situazione di criticità causata dalla presenza di materiale vegetale mischiato a sabbie di deposito proveniente "esclusivamente" dal Canale San Rocco, come da perizia giurata in atti; tale condizione era stata causata soprattutto dagli eventi alluvionali di notevole entità che avevano colpito l’area, tanto da indurre alla richiesta, a suo tempo, dello stato di calamità naturale; l’attività portuale turistica era a rischio nel perdurare di tale criticità; le analisi effettuate avevano individuato la classificabilità del materiale come rifiuto non pericoloso; risultava, dai contatti con tutte le parti competenti, "…l’obiettiva difficoltà di individuare cause, competenze, specifiche e corrette modalità di gestione della problematica suesposta"; erano effettivamente coinvolte le istituzioni pubbliche competenti per territorio; la M.D.S.R. spa si era dichiarata disponibile "a partecipare" alle spese di smaltimento come da comunicazione in pari data.

Sulla base di tali presupposti, quindi, il Sindaco ordinava alla ricorrente, ex art. 191 d.lgs. n. 152/06, di concludere le operazioni di pulizia nel porto turistico entro e non oltre il 30 maggio successivo, utilizzando come punto di accumulo provvisorio l’area già a suo tempo autorizzata e per il "tempo minimo necessario" a trasferire i rifiuti nelle aree indicate nonché di trasferire nei tempi tecnici minimi i rifiuti accumulati presso l’area delle Strillaie quale deposito temporaneo per il definitivo smaltimento, ferma restando la convocazione di un tavolo tecnico per verificare le competenze dei soggetti coinvolti nonché le corrette soluzioni tecniche ed operative per il trattamento finale dei rifiuti prodotti nonché per l’imputazione dei costi.

Il Collegio rileva, perciò, che in tale occasione il Sindaco, avvalendosi dei poteri "ordinari" di cui all’art. 191 d.lgs. n. 152/06, si limitava ad imporre un termine di conclusione delle operazioni di rimozione/pulizia nonché le modalità di trasferimento nei tempi tecnici necessari del rifiuto prodotto, di cui era necessario ancora individuare le modalità di trattamento finale e la relativa imputazione dei costi, con ciò confermando che la società ricorrente non era considerata la diretta responsabile della produzione del rifiuto in questione, non avendo altrimenti logica l’affermazione di necessità di ricerca dell’imputazione dei costi di definitivo smaltimento.

Seguiva, quindi, il tavolo tecnico in questione, ove la ricorrente, lungi dall’ammettere responsabilità – comunque in quella sede non individuate – ribadiva di chiedere un contributo economico per lo smaltimento dei materiali provenienti da area esterna a quella portuale nonché l’individuazione del soggetto cui dovevano essere imputati gli oneri economici per lo smaltimento finale degli stessi, come poi ancor più esplicitamente evidenziato in un successivo incontro tecnico in data 15 ottobre 2009

La ricorrente insisteva poi nel rappresentare di non essere più in grado di sostenere l’onere economico relativo allo smaltimento, tenuto conto delle già effettuate rimozione e stoccaggio.

Dopo tali ulteriori puntualizzazioni, infine, il Sindaco di Grosseto adottava l’ordinanza impugnata nella presente sede, in cui pur richiamando i presupposti sopra riassunti, e le circostanze per le quali dal tavolo tecnico "…non sono emerse conclusioni circa le competenze e le imputazioni dei costi nonostante le riunioni e l’ultima richiesta dell’Assessore all’Ambiente…rivolta al Presidente della Provincia, di cui si attende risposta;" e che "…permangono alcune difficoltà indicate nell’ordinanza n. 68…circa le cause, l specifiche competenze e le corrette modalità di gestione dell’intera problematica, non esclusa la necessità di caratterizzazione ad oggi la natura dei rifiuti a tutela della salute pubblica e dell’ambiente e per il necessario successivo smaltimento di detti rifiuti", ordinava alla ricorrente di effettuare ulteriori analisi chimico fisiche sul suindicato materiale al fine della caratterizzazione allo stato attuale dei rifiuti di cui trattasi e procedere al successivo definitivo smaltimento del materiale accumulato.

Al Collegio appare evidente, dal contenuto del dispositivo, che il Sindaco in tale occasione ha inteso ordinare analisi al fine di un’ulteriore fase del procedimento confluente nella caratterizzazione per il definitivo smaltimento, a differenza di quanto avviato con l’ordinanza n. 68 del 4 maggio 2009, che si limitava ad affrontare la problematica dello stoccaggio provvisorio, fermo restando ogni successivo approfondimento sulle imputazioni dei costi per lo smaltimento definitivo, come esplicitamente ivi rappresentato

Ebbene, alla luce di tali presupposti, il Collegio ritiene di confermare l’orientamento preso in fase cautelare, rilevando la fondatezza del ricorso.

Infatti, si evidenzia in primo luogo che l’ordinanza impugnata non contiene riferimenti espliciti alla normativa su cui si è fondato il potere sindacale, come correttamente rilevato dalla ricorrente nel primo motivo di ricorso. Se, quindi, il potere su cui si è fondato il Sindaco fosse quello di cui all’art. 50 TUEL, il Collegio evidenzia che mancherebbero i fondamenti di contigibilità e urgenza necessari, visto che la problematica in questione era conosciuta da tempo e oggetto di soluzione attraverso meccanismi tecnici adottati anche in contraddittorio con le parti interessati.

Il Collegio rileva però che, logicamente, proprio in base al richiamo alla precedente ordinanza n. 68/2009, a sua volta basata sul richiamo all’art. 191 d.lgs. n. 152/06, il Sindaco abbia adottato un’ordinanza diretta alla rimozione e smaltimento definitivo dei rifiuti in questione.

Fermo restando che manca una efficace descrizione delle problematiche di pubblica incolumità, di salute pubblica e pericolo per l’ambiente che avrebbero imposto proprio quella caratterizzazione e definitivo smaltimento a carico della ricorrente – che già si era fatto carico delle prime misure di emergenza e dello stoccaggio provvisorio rifiutando sempre ogni forma di ammissione di essere produttore del rifiuto – il Collegio rileva che l’art. 192 d.lgs. n. 152/06 applicabile alla presente fattispecie richiede che il destinatario della stessa sia colui cui è riconducibile l’abbandono o il deposito incontrollato del rifiuto, circostanza questa del tutto indimostrata allo stato degli atti e considerato che nelle medesime premesse era specificato proprio che permanevano le difficoltà, già evidenziate in precedenza nell’ordinanza n. 68/2009, nell’individuare competenze e imputazioni.

Sotto tale profilo, quindi, non è condivisibile l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal Comune di Grosseto, in quanto non risulta che la ricorrente si sia fatta carico volontariamente dell’intero ciclo di smaltimento nell’ambito di un unico procedimento di cui l’ordinanza n. 143/2009 costituisce mera integrazione rispetto alla precedente n. 68/2009. Quest’ultima, infatti, come evidenziato, si occupava soltanto dello stoccaggio temporaneo del rifiuto, salvi ulteriori approfondimenti in ordine alle imputazioni e responsabilità, mentre quella impugnata aggiunge nei confronti della ricorrente l’obbligo di dare luogo ad ulteriori analisi al fine della caratterizzazione e definitivo smaltimento, che possono però essere ordinati solo all’effettivo responsabile dell’abbandono, introducendo un aspetto del tutto nuovo rispetto allo svolgimento dell’istruttoria precedente.

Ne consegue, perciò, la fondatezza, in misura assorbente, del secondo, quarto e quinto motivo di ricorso, che tale aspetto peculiare evidenziano in ordine alla inconfigurabilità in capo alla ricorrente della responsabilità della produzione e dell’abbandono del rifiuto in questione ed alla carenza degli elementi formali necessari per dare luogo all’ordinanza ex art. 192 cit.

La riconducibilità del potere di ordinanza a quanto previsto dall’art. 192 cit., quindi, induce ad evidenziare anche l’irrilevanza del primo e terzo motivo di ricorso, in quanto non emerge che il Sindaco si sia avvalso della potestà generale di cui all’art. 50 TUEL.

A ciò si aggiunga che non risulta oggetto delle ordinanze in questione altro materiale che quello già individuato nel corso della relativa istruttoria, consistente in materiale ligneo proveniente dal Canale di San Rocco in seguito ad eventi metereologici di forte intensità, come più volte ribadito nei tavoli tecnici tenutisi nell’autunno 2009.

Non risulta, quindi, alcun elemento oggettivo da cui ricavare, secondo la tesi della difesa del Comune, che alla ricorrente sia imputabile l’accumulo di altro materiale, proveniente da attività di dragaggio che – logicamente riconducibile comunque all’attività di pulizia e rimozione dei precedenti accumuli al fine di liberare l’imboccatura del porto e consentire una normale navigazione – non risulta mai contestata prima dell’adozione dell’ordinanza impugnata nella presente sede.

Né può trovare ingresso nella presente sede – limitata ad un giudizio di legittimità del provvedimento impugnato – quanto avvenuto successivamente in seguito all’installazione di una barriera galleggiante ed alle risultante del successivo tavolo tecnico, integrato nel giugno 2010, oggetto di diversa fase istruttoria e comunque non sfociato in altri provvedimenti noti.

Non rilevano, quindi, al fine della legittimità dell’ordinanza del 2009, le analisi Arpat del maggio 2010 sulla individuazione di fanghi di drenaggio, che non possono comunque sanare "a posteriori" la mancata individuazione di specifica responsabilità della ricorrente nell’accumulo del materiale ligneo di cui alle ordinanze n. 68 e 143 del 2009.

Ben avrebbe potuto, quindi, il Comune di Grosseto soffermarsi più accuratamente sulle eventuali responsabilità di soggetti terzi, tra cui il Consorzio di Bonifica di San Rocco, prima di addossare alla ricorrente l’ulteriore onere di svolgere altre analisi per la caratterizzazione e definitivo smaltimento di un rifiuto che, allo stato degli atti, non risultava da lei prodotto e/o abbandonato ma solo volontariamente rimosso e provvisoriamente stoccato per consentire la celere soluzione della problematica relativa alla navigabilità in sicurezza.

Il Comune di Grosseto, quindi, potrà fondarsi sulle analisi del 2010, se svolte in contraddittorio, o ripeterle in contraddittorio, per desumere le conclusioni che ritiene più opportune ma non può invocarle in questa sede a sostegno di un provvedimento precedente.

Il ricorso originario, pertanto, nei termini indicati va accolto con l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Quanto detto in ordine alla mancata definitività degli accertamenti successivi al provvedimento impugnato, non sfociati, a quel che risulta, in altri provvedimenti definitivi posti all’attenzione del Collegio, comporta di conseguenza la dichiarazione di inammissibilità dei motivi aggiunti, anche perché rivolti avverso un mero verbale di tavolo tecnico, atto interprocedimentale e non lesivo.

Le spese del giudizio seguono comunque la soccombenza parziale del Comune mentre possono compensarsi per le altre Amministrazioni intimate, tenuto conto del coinvolgimento in sede istruttoria dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Porto Santo Stefano che non consente di dichiarare la carenza di legittimazione passiva invocata in sede di costituzione da quest’ultimo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Dichiara inammissibili i motivi aggiunti.

Condanna il Comune di Grosseto a corrispondere alla società ricorrente le spese di lite, che liquida in euro 4.000,00, oltre accessori di legge e quanto versato a titolo di contributo unificato. Compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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