Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-03-2011) 29-07-2011, n. 30309 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 4 ottobre 2010 il G.u.p. del Tribunale di Nicosia, decidendo in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., nell’interesse di D.F.L., in detenzione domiciliare presso il P.O. (OMISSIS), volta all’applicazione della disciplina del reato continuato tra i reati di cui alle seguenti sentenze:

– sentenza del 18 dicembre 2008 della Corte d’appello di Torino, irrevocabile il 16 luglio 2009, di condanna alla pena di sette anni e otto mesi di reclusione per i reati di cui all’art. 660 cod. pen. (capo A), agli artt. 81, 581 e 612 cod. pen. (capo C) e agli artt. 56- 575 cod. pen. (capo D), commessi il (OMISSIS), riuniti per continuazione, con la recidiva specifica e infraquinquennale dichiarata equivalente alla diminuente di cui all’art. 89 cod. pen.;

– sentenza del 28 ottobre 2008 del G.u.p. del Tribunale di Nicosia, riformata quoad poenam dalla Corte d’appello di Caltanissetta con sentenza del 16 aprile 2009, irrevocabile il 14 luglio 2010, di condanna alla pena di quattro anni di reclusione ed euro novecento di multa per i reati di cui all’art. 61 c.p., n. 2 e all’art. 385 cod. pen. (capo A), all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, (capo B), agli artt. 582 e 585 cod. pen. (capo C) e L. n. 110 del 1975, art. 4 (capo D), commessi l'(OMISSIS), riuniti per continuazione, con la recidiva specifica e infraquinquennale e le aggravanti dichiarate equivalenti alla diminuente di cui all’art. 89 cod. pen. 1.2. Il Giudice, in particolare, riteneva infondata la deduzione difensiva che il riconoscimento, in entrambe le sentenze, della diminuente del vizio parziale di mente, per la reattività del ricorrente a fattori stressanti mediante offese violente alle persone, fosse probativo della comune ideazione degli episodi criminosi, sul rilievo che il medesimo, risultato affetto da "disturbo psicotico breve con rilevanti fattori di stress" e da "disturbo borderline" della personalità", era soggetto a risposte impulsive e non programmate e non poteva preventivamente programmare i reati che aveva commesso.

2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione il condannato, per mezzo del difensore di fiducia, avvocato R.G.M., chiedendone l’annullamento sulla base di unico motivo col quale denuncia violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen. Il ricorrente, in particolare, deduce che, contrariamente a quanto ritenuto in ordinanza, i fatti puniti con le sentenze, delle quali è chiesta la riunione sotto il vincolo della continuazione, sono, storicamente maturati nell’ambito di un irrazionale, ma perdurante, stato di infermità psichica, idoneo a programmare una sequela di delitti, perchè programmare non è pianificare in modo certosino ma compiere il reato per un fine specifico con preordinazione di fondo.

Secondo il ricorrente, vi è identità del disegno criminoso nel progetto di reagire con la violenza ai soprusi, essendovi determinatezza dei reati commessi e accomunati dal fine di reagire agli abusi di autorità di volta in volta subiti, e non vi è incompatibilità tra patologia e preordinazione, trovando i reati una spiegazione proprio nella patologia psichica, che corrobora la circostanza dell’avvenuta determinazione.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen. (tra le altre, Sez. 6, n. 225 del 13/01/2000, dep. 08/05/2000, P.G. in proc. Mastrangelo e altri, Rv.

216142; Sez. 2, n. 44310 del 04/11/2005, dep. 05/12/2005, Soma e altro, Rv. 232855; Sez. 1, n. 13158 del 10/02/2010, dep. 08/04/2010, Fimiani, Rv. 246664).

In tema di reato continuato, tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso, non identificabile con un generico programma delinquenziale o con un’abitualità criminosa, non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo;

anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici – purchè siano pregnanti e idonei a essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa, come facenti parte di un tutto unico, le singole violazioni (tra le altre, Sez. 1, n. 1857 del 01/03/2000, dep. 20/04/2000, D’Onofrio, Rv. 215937; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838).

Ciò che rileva ai fini della unificazione è, infatti, "l’esistenza del requisito soggettivo rappresentato dalla unicità del disegno criminoso, che non si identifica assolutamente con il dolo (che è anzi diverso per ciascun reato), ma bensì con l’ideazione complessiva, con il piano criminoso generale, di cui ciascun reato è un momento attuativo" (Corte cost. n. 115 del 1987), e che deve trovare dimostrazione in specifici elementi atti a far fondatamente ritenere che tutti gli episodi siano frutto realmente di una originaria ideazione e determinazione volitiva, cui segua, per ogni singola azione, una deliberazione specifica (tra le altre, Sez. 1, n. 575 del 10/02/1993, dep. 14/04/1993, Baltolu, Rv. 193655; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004, dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052; Sez. 1, n. 9876 del 01/02/2007, dep. 08/03/2007, Greco, Rv. 236547; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv. 248862).

2.1. Questa Corte ha anche affermato che la riconosciuta parziale menomazione psichica del condannato, che realizza una condizione generale afferente a ogni azione compiuta dal predetto, non è incompatibile con l’unicità del disegno criminoso richiesto dall’art. 81 cod. pen., richiedendosi a tal fine, in ogni caso, una specifica preordinazione di fondo, una preventiva seppur generica elaborazione di un piano criminoso (Sez. 2, n. 9793 del 12/04/1986, dep. 24/09/1986, Agostini, Rv. 173801).

2.2. Il Collegio condivide i detti principi e rileva, nel confermarli, che, alla stregua degli stessi, l’elemento psicologico (ideativo e volitivo) della continuazione non deve essere confuso con la ricorrenza delle pulsioni al delitto che traggono origine da stili o scelte di vita criminale, nè con la matrice dei bisogni (tossicodipendenza, psicopatie, condizioni personali, sociali o politiche) per il soddisfacimento dei quali il soggetto, di volta in volta, si determina a commettere il reato.

3. L’ordinanza impugnata ha correttamente interpretato tali principi giuridici e ne ha fatto esatta applicazione, escludendo, con motivazione logica e coerente con le emergenze processuali, che le condotte delittuose tenute dal ricorrente fossero ricollegabili a un’unica programmazione preventiva, e ritenendo, invece, in coerenza con la natura della patologia sofferta dal medesimo (disturbo psicotico breve con rilevanti fattori di stress e disturbo borderline della personalità), accertata a mezzo perizia in sede di merito, e con le conseguenze che tale patologia ha provocato sulla ideazione e commissione delle azioni criminose, nonchè con il tempo decorso tra i fatti commessi a (OMISSIS), che le azioni delittuose erano dipese da risposte impulsive e non preventivamente programmate e che il ricorrente non poteva aver ideato e, anche solo nelle linee essenziali, deliberato, quando ha commesso i primi reati, la perpetrazione di quelli commessi due anni dopo.

Tale valutazione del giudice di merito è ragionevole e resiste alle opposte censure, che, alla luce della motivazione del provvedimento impugnato in rapporto alle premesse di diritto e di fatto, appaiono nella sostanza generiche, non offrendo elementi concreti di valutazione in merito alla mera (e indimostrata) affermazione dell’esistenza del preteso unico disegno delittuoso, se non il generico riferimento a una perdurante situazione di reattività agli abusi di autorità, sfociando in considerazioni assertive e di merito, precluse in questa sede.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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