Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-03-2011) 29-07-2011, n. 30272 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15 maggio 2009 (depositata il successivo 6 agosto) la quinta sezione penale di questa Corte di cassazione ha annullato la sentenza emessa il 23 ottobre 2008 dalla Corte di appello di Ancona nei confronti di Q.G.A. con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia, limitatamente al delitto di bancarotta fraudolenta documentale impropria (artt. 81 e 1 cpv. c.p., art. 2621 c.c., e L. Fall., art. 223) contestato al Q. nel capo A) della rubrica, "per avere, quale presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della A.A. Baker & Co. s.r.l. (dichiarata fallita dal Tribunale di Ancona con sentenza 19 dicembre 1996), falsamente esposto nei bilanci relativi agli anni 1992-94 e nelle altre scritture sociali, che i versamenti relativi all’aumento di capitale sociale erano stati effettuati, facendo figurare il totale versamento delle quote di volta in volta sottoscritte, in realtà versate in misura enormemente inferiore, così cagionando il dissesto della società".

La medesima sentenza ha, invece, rigettato il ricorso con riguardo ai due reati di bancarotta fraudolenta per distrazione impropria (artt. 81 e 1 cpv. c.p., L. Fall., artt. 216 e 223), contestati al Q. ai capi B) ed E), "per avere, nella predetta qualità, distratto dalla A.A. Baker, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ingenti somme di denaro, fatte confluire alle società Polisportiva Libertas Livorno, SO.D.E.VE.A. s.r.l., SP.E.FIN. s.r.l. e Adriatic Finance & Trade, società tutte riconducibili ad uno stesso gruppo facente capo allo stesso Q." capo B); e "per avere distratto i marchi d’impresa di cui la A.A. Baker risultava proprietaria, alienandoli alla società controllante Baker Industries Establishment di Vaduz per l’importo di 4 miliardi di lire, somma poi non corrisposta dall’acquirente a seguito di rinuncia della A.A. Baker con motivazione del tutto pretestuosa" capo E).

Con sentenza del 19 marzo 2010 (depositata il successivo 2 aprile) la Corte di appello di Perugia, giudicando in sede di rinvio, previa acquisizione della documentazione prodotta dalla difesa, in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Ancona il 16 aprile 2004, ha assolto il Q. dal delitto ascrittogli al capo A) perchè il fatto non sussiste, e, per l’effetto, ha rideterminato la pena inflitta allo stesso per i reati di cui ai capi B) ed E), avuto riguardo alle già concesse attenuanti genehche, ritenute equivalenti alla riconosciuta aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, in quella di anni quattro e mesi tre di reclusione, così ridotta la pena di anni quattro e mesi sei inflitta con la decisione appellata, confermandola nel resto.

2. Avverso la predetta sentenza il Q., tramite il suo difensore, avvocato Gilberto Lozzi del foro di Torino, ha proposto ricorso a questa Corte di cassazione, deducendo due motivi di gravame.

2.1. Con il primo denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), l’erronea applicazione della legge penale con riguardo alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, e all’ art. 69 c.p., rilevando che l’assoluzione del Q. dal reato di bancarotta impropria da reato societario capo A) e la sua condanna solo per gli omologhi delitti di bancarotta per distrazione capi B) ed E) escluderebbero la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., la quale suppone più fatti diversi di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, come da richiamata giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 1762 del 2008), e non già condotte, seppure plurime, previste dalla medesima norma incriminatrice, come i contestati fatti di distrazione, tutti incriminati ai sensi della L. Fall., art. 216, comma 1, n. 1);

conseguentemente, non sussistendo l’unica aggravante erroneamente ritenuta, non avrebbe dovuto farsi luogo ad alcun giudizio di comparazione tra essa e le applicate circostanze attenuanti generiche, stimate equivalenti alla prima, e si imporrebbe l’ulteriore riduzione della pena inflitta.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione ovvero la manifesta illogicità di essa, rilevabile dalla lettura del provvedimento impugnato, con riguardo al trattamento sanzionatorio applicato, denunciando, in particolare, l’omessa valutazione della documentazione prodotta dalla difesa e acquisita dal giudice del rinvio in sede di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.

La detta documentazione, ad avviso del ricorrente, avrebbe dovuto essere apprezzata siccome rilevante ai fini del mitigamento della pena inflitta per i reati di cui ai capi B) ed E), senza esorbitare dai limiti del giudizio di rinvio, avendo la Corte di Cassazione, nella sentenza di parziale annullamento, dichiarato la fondatezza della censura difensiva di omesso esame della subordinata istanza di trattamento sanzionatorio meno afflittivo, cosicchè l’Irrevocabilità dell’iniziale pronuncia dovrebbe intendersi limitata alla sussistenza dei fatti di cui ai predetti capi B) ed E) e alla dichiarata responsabilità dell’imputato in ordine ad essi.

3. Con memoria difensiva, depositata il 10 marzo 2011, il difensore del ricorrente svolge ulteriore perorazione del ricorso proposto e, in particolare, del primo motivo, rilevandone la fondatezza anche alla luce di recente sentenza di questa Corte del 3 febbraio 2011 n. 8403, che ha ritenuto fondato un motivo di ricorso attinente all’erronea applicazione della circostanza aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, considerata l’omogeneità delle condotte violatrici, l’identità del bene leso e la sostanziale contestualità delle stesse, sottolineando, in sintonia con la migliore dottrina, gli elementi che integrano la predetta circostanza aggravante, ravvisati nella reciproca autonomia delle condotte illecite e nell’indipendenza strutturale e modale degli episodi criminosi.

Nella fattispecie in esame, la sentenza del Giudice del rinvio avrebbe evidenziato che il Q. diede corso ad una serie di condotte distrattive concentrate nel tempo, oggetto di unitaria volizione e tutte finalizzate a locupletazione di società riferibili allo stesso imputato. Sussisterebbero, dunque, secondo il ricorrente, tutti gli elementi individuati nella recente decisione di questa Corte per escludere la ricorrenza della ravvisata aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1.

Motivi della decisione

4. Il primo motivo del ricorso è infondato.

La sentenza impugnata ha correttamente ritenuto applicabile la circostanza aggravante di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 219, comma 2, n. 1), (abbreviato in L. Fall.), ai fatti ascritti al Q. nei capi B) ed E) della rubrica, in luogo dell’originaria continuazione contestata con riguardo ai medesimi reati.

Come emerge dalla lettura delle predette imputazioni, già sopra trascritte, si tratta di fatti che, pur integrando la medesima ipotesi criminosa di bancarotta fraudolenta impropria per distrazione, a norma della L. Fall., art. 216, comma 1, n. 1), e art. 223, comma 1, sono tuttavia indipendenti tra loro per struttura, modalità e tempi di attuazione.

In particolare, sotto il medesimo capo di imputazione sub B) sono comprese condotte distrattive di ingenti somme di denaro, attuate in tempi e con modalità diverse, a favore di plurime società riconducibili allo stesso gruppo e alla medesima persona del Q., così descritte:

1) il finanziamento alla società "Polisportiva Ubertas Livorno", in data 30 giugno 1991, per due miliardi di lire;

2) il finanziamento alla "SO.DE.VE.A s.r.l." tramite esborsi di denaro pari a sette miliardi e quattrocentodiciotto milioni di lire e per incasso di fatture ammontanti a quattro miliardi e cinquanta milioni di lire, sulla base di operazioni attuate dal 1992 al settembre 1996;

3) il finanziamento alla "SP.E.FIN s.r.l." con esborsi in denaro di lire due miliardi e ottocentotrentotto milioni (tra il 5 aprile 1993 e il 24 aprile 1996) e un bonifico di un miliardo duecentosettantadue milioni di lire, effettuato tramite la Cassa di risparmio di Bologna, in data 11 ottobre 1995;

4) il finanziamento alla "Adriatic Finance & Trade s.r.l." con esborsi in denaro di lire cinquecento milioni, attuato a fine anno 1995;

5) cessioni alla "SO.DO.VE.A. s.r.l.", in data 1 luglio 1996, pari a lire quattrocentosessantanove milioni per attrezzature e lire un miliardo centottantasei milioni per merci, operazioni tutte effettuate senza alcun significato nel quadro dell’attività economica della A.A. BAKER & CO. e senza significativa contropartita c.f.r., pressochè testualmente – con integrazioni specificanti le date delle varie operazioni indicate nelle motivazioni delle sentenze di merito – il capo di imputazione sub B), riportato per esteso nella decisione del 16 giugno 2004 del Tribunale di Ancona, confermata dalla Corte di appello di Ancona con sentenza del 23 ottobre 2008, e rimasto immune dall’annullamento di cui alla sentenza di questa Corte del 15 maggio 2009 limitato alla ritenuta responsabilità del Qu. per il reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatolo.

Alle predette condotte si aggiungono quelle, a loro volta autonome per modalità e tempi di attuazione, di cui al capo C), consistite, come si è detto, nella distrazione di marchi di impresa di proprietà della A.A. BAKER & Co. s.r.l. alla BAKER INDUSTRIES ESTABLISHMENT VADUZ, pure facente capo al Q., per l’Importo di quattro miliardi, commessa in Ancona al tempo del fallimento c.f.r. il citato capo E) dell’Imputazione anch’esso non colpito dalla pronuncia di annullamento parziale.

E’, dunque, evidente alla stregua della stessa giurisprudenza richiamata dal ricorrente e, segnatamente, della recente sentenza di questa Corte, sez. 5, n. 8403 del 3 febbraio 2011, dep. il 2 marzo 2011, che espressamente richiama il dovere del giudice, in tema di accertamento dei "più fatti" cui allude la L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, di "individuare e valorizzare la possibile indipendenza strutturale e modale degli episodi criminosi che sono costitutivi, in realtà, di una serie continuativa", la ricorrenza, nell’ambito dei reati di cui ai capi B) ed E), dei quali il Q. è stato ritenuto responsabile con sentenza non più riformabile sul punto, di una pluralità di fatti diversi per struttura, modalità e tempi, ancorchè riconducibili al medesimo titolo di reato, certamente integranti una serie continuativa di episodi criminosi cui è applicabile, in deroga alla disciplina del concorso materiale di reati e della continuazione, la circostanza aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, correttamente ritenuta sussistente dal giudice di rinvio nonostante l’assoluzione del Q. dal delitto di bancarotta impropria da reato societario di cui al citato capo A) c.f.r., in senso conforme, anche Cass., sez. 5, n. 38810 del 4/07/2006, dep. 22/11/2006, Vassallo, Rv. 235762, che ha ritenuto applicabile la circostanza aggravante in esame proprio "ad una pluralità di fatti distrattivi (…) in ragione delia concezione unitaria del reato di bancarotta ed ai fine di mitigare il rigore derivante dall’applicazione delle norme sul concorso di reati".

Nè va sottaciuto che le sezioni unite di questa Corte, con recentissima decisione di cui è stato diramato, al momento della deliberazione di questa sentenza, solo l’avviso di decisione non essendo stata ancora depositata la motivazione, hanno risolto il dedotto quesito se il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nel caso in cui siano poste in essere più condotte tipiche nell’ambito di uno stesso fallimento, sia un unico reato, con l’effetto di un aumento di pena in funzione di circostanza aggravatrice, o se, invece, la pluralità di condotte di bancarotta dia luogo ad un concorso di reati con conseguente esclusione del divieto di "bis in idem" per l’eventuale giudicato intervenuto su alcune delle indicate condotte nel senso che "vi è concorso di reati con conseguente esclusione del divieto di bis in idem" (Sez. U del 27 gennaio 2011, Loy), e, dunque, a favore dell’autonomia ontologica dei singoli episodi delittuosi che danno luogo a un concorso di reati e che vengono unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico.

5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perchè del tutto generico.

Il ricorrente censura l’entità del trattamento sanzionatorio sulla base della denunciata omessa valutazione, in funzione mitigatrice della pena, dei documenti prodotti e ammessi in sede di giudizio di rinvio che sarebbero rilevanti quoad poenam, ma di essi non precisa il contenuto nè indica alcun elemento specifico idoneo ad apprezzarne la dedotta rilevanza al fine suddetto.

La Corte territoriale ha, comunque, dato ampia ragione del trattamento sanzionatorio applicato, sia con riguardo al giudizio di equivalenza delle già riconosciute attenuanti generiche alla circostanza aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, sia con riguardo all’entità della pena in concreto inflitta, sulla base della considerazione che il Q., nella sua veste di presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della A.A. BAKER & Co. s.r.l., aveva distratto, nel corso di vari mesi, risorse finanziarie per svariati miliardi destinate ad altre società del gruppo, a lui stesso riferibili, dimostrando quindi un’intensità del dolo particolarmente accentuata e procurando un rilevantissimo danno ai creditori, avuto riguardo al passivo fallimentare attestato sopra i 24 miliardi di vecchie lire" (c.f.r., testualmente, la decisione impugnata, a pag. 15).

6. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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