Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-09-2011, n. 4957 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 8527 del 2004, L. P. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, n. 331 del 2 aprile 2004 con la quale sono stati riuniti e respinti due differenti ricorsi proposti contro il Comune di Santa Margherita Ligure e l’ Ente parco di Portofino per l’annullamento, rispettivamente, quanto al ricorso 2122/1994, della deliberazione del comitato direttivo dell’ente parco intimato n. 83 datata 22 settembre 1994, nella parte in cui è stato espresso il parere di inammissibilità e diniego di autorizzazione in sanatoria per la costruzione di fabbricato e la realizzazione di piscina in via Gave 21 b, e di ogni atto connesso; quanto al ricorso 1051/1995, del provvedimento del competente ufficio del territorio del comune intimato prot. 10303 datato 10 maggio 1995 nella parte in cui respinge l’istanza di condono per le medesime opere di cui sopra, e di ogni atto connesso fra cui il parere della commissione edilizia.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di aver presentato in data 17 marzo 1986 domanda di sanatoria per i lavori ultimati nel 1971, svolti presso i propri fabbricati in località Paraggi ai numeri civici 21 a, 21 b e 21 c. Trattandosi di zona vincolata, veniva altresì presentata istanza ex art. 32 della legge n. 47 del 1985 all’ente regionale per il parco di Portofino, competente in materia. All’esito del relativo iter procedimentale, il comitato direttivo dell’ente esprimeva parere favorevole per il condono, ad esclusione delle opere concernenti l’edificio secondario 21 b, compresa la costruzione della piscina, per inammissibilità ex art. 33 della legge n. 47 citata; relativamente alle medesime opere veniva negata l’autorizzazione alla sanatoria ex l.r. 32 del 1986.

All’atto impugnato si muovevano pertanto le seguenti censure:

– relativamente al parere mnegativo ai fini del condono, violazione degli artt. 32 e 33 l. 47 del 1985, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto;

– relativamente al diniego di autorizzazione ai sensi della l.r. 32 del 1986, violazione dell’art. 23 l.r. 32 cit., eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione, presupposti ed istruttoria, nonché violazione degli artt. 3, 7 e 8 l. 241 del 1990 e dei principi generali in materia di procedimento amministrativo.

L’ente regionale Monte di Portofino si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del gravame.

Con il secondo ricorso di cui in epigrafe parte ricorrente impugnava il successivo atto con cui l’amministrazione comunale, anche sulla scorta del suddetto provvedimento dell’ente regionale, respingeva la domanda di condono nella medesima parte relativa alla costruzione di fabbricato e alla realizzazione di piscina in via Gave 21 b.

Avverso tale atto parte ricorrente riproponeva le censure predette, contestando altresì la violazione dell’art. 32 cit., difetto di istruttoria, motivazione ed illogicità, essendosi limitato a recepire acriticamente il parere negativo dell’ente.

Il Comune di Santa Margherita Ligure, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto del gravame.

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze, ritenendo corretto l’operato dell’amministrazione in ragione del particolare vincolo gravante sulla zona dell’edificazione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia la correttezza del proprio operato e la sanabilità dell’opera, in ragione della conformazione edilizia dell’area in questione.

Nel giudizio di appello, si è costituito poi C. S. P., in qualità di avente causa dell’originario appellante L. P., chiedendo l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 7 giugno 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, viene dedotta erroneità della sentenza per violazione degli art. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, violazione ed erronea applicazione dell’art. 11 della legge regionale n. 40 del 12 settembre 1977, violazione dell’art. 17 del piano paesistico approvato con D.M. 3 giugno 1968, violazione dell’art. 49 delle N.A. del P.T.C.P.. La tesi difensiva evidenzia come la sentenza abbia erroneamente valutato la situazione esistente nel duplice senso di avere, da un lato, qualificato il vincolo gravante sull’area come vincolo di inedificabilità assoluta, mentre al contrario questo era unicamente di carattere relativo, e dall’altro, aveva ritenuto tale vincolo attuale, mentre invece doveva essere superato sulla scorta della normativa sopravvenuta.

2.1. – Le censure non sono fondate.

In relazione alla prima questione, la difesa appellante evidenzia che, anche qualora si potesse fare riferimento alle previsioni vincolistiche indicate del piano paesistico del 1958 (e poi sostituito dal P.T.C.P. regionale del 1990), queste non erano di carattere assoluto, consentendo comunque la realizzazione di opere, sulla base di provvedimenti amministrativi abilitativi.

La tesi sostenuta non può essere condivisa.

La pianificazione del 1958 evocata aveva un contenuto stringente, imponendo, in relazione alla zona interessata, un vincolo che precludeva la possibilità sia di costruzioni nuove, sia di modifiche di quelle esistenti. In questo senso, si è sicuramente in presenza di una restrizione assoluta delle potestà edificatorie dei privati.

Ai fini della qualificazione di tale vincolo, ossia se questo appartenga all’ambito relativo disciplinato dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985 o a quello assoluto di cui al successivo art. 33, occorre quindi fare riferimento alla tipologia di esenzioni di cui i privati potevano giovarsi per sottrarsi a tale imposizione di inedificabilità. Le due norme sono poste in rapporto di reciproca influenza, nel senso che l’applicazione della stringente disciplina dell’art. 33 esclude la possibilità di dare ingresso al regime più favorevole dell’art. 32, ma anche nel senso che il contenuto dell’inedificabilità dell’art. 33 deve essere letto in relazione alla impossibilità di rimozione del vincolo, secondo le procedure ordinarie di cui all’art. 32 comma 1, e quindi quando il superamento di detto limite possa essere "subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela dal vincolo stesso".

Ritiene quindi la Sezione che il giudice di prime cure abbia fatto corretta applicazione della disciplina vigente, atteso che la disciplina del piano del 1958, lungi dal prevedere meccanismi ordinari azionabili dalle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, conteneva una previsione di carattere assolutamente eccezionale, e come tale non suscettibile di applicazione oltre i casi espressamente previsti, in base alla quale la realizzazione di nuovi interventi era del tutto esclusa, salvo casi eccezionali approvati dal Ministero della pubblica istruzione su parere favorevole del consiglio superiore antichità e belle arti.

Si è qundi in presenza di un vincolo non derogabile in via ordinaria, ma solo in casi assolutamente eccezionali, la cui valutazione veniva collegata ad un subprocedimento del tutto singolare, tanto da non essere predeterminato nei contenuti ma solo nella procedura, a prova evidente dell’unicità delle fattispecie a cui poteva essere applicato. Tale ricostruzione porta così ad escludere che il vincolo stesso possa ricadere nella più favorevole previsione di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985, in quanto evidenzia il particolare regime di tutela gravante nell’area e l’inesistenza di un modus ordinario di rimozione delle conseguenze dei divieti di edificazione vigenti.

Correttamente, il giudice di prime cure ha ritenuto che la costruzione in oggetto ricadesse in area soggetta alla più restrittiva previsione di cui all’art. 33 della legge n. 47 del 1985.

In merito al secondo profilo, ossia la vigenza o meno del vincolo al momento della domanda di condono proposta, occorre sottolineare come la norma di legge imponga la permanenza del contenuto conformativo all’attività edilizia, ma non prescrive che la fonte del detto obbligo debba farsi risalire allo stesso atto. Ciò comporta che l’eventuale succedersi dei provvedimenti amministrativi non determina ex se il venir meno del vincolo stesso, dovendosi al contrario fare riferimento al contenuto prescrittivo di tali atti.

Per tali ragioni, il venir meno del piano del 1958, in quanto sostituito dal 1990 dal nuovo piano regionale, non è fatto che, per ciò solo, determina la decadenza del vincolo di inedificabilità, dovendosi fare riferimento ai contenuti precettivi e quindi alla conformazione costante dell’area, e non alla fonte, e ciò in considerazione del fatto che è la norma di legge stessa a fare riferimento al vincolo in sé considerato.

In merito poi al contenuto del detto piano regionale, va osservato come anche in questo caso, con riferimento dell’art. 49 delle N.A., l’eventuale possibilità edificatoria è collegata a "interventi episodici che siano preordinati al recupero di eventuali singole situazioni di degrado ed al soddisfacimento di puntuali carenze di ordine funzionale". Appare palmare come, anche in questa seconda disciplina, la possibilità di rimozione del vincolo sia connotata dall’esistenza di fattispecie di carattere eccezionale, costruite questa volta in senso contenutistico, secondo una logica che non si distacca, ma anzi conferma, le valutazioni sopra espresse in merito al primo piano del Monte di Portofino e sulle modalità di qualificazione del tipo di vincolo ivi gravante.

Conclusivamente, deve affermarsi che correttamente il giudice di prime cure ha ritenuto che nell’area in questione fosse applicabile la disciplina di cui all’art. 33 della legge n. 47 del 1985, in quanto il vincolo ivi gravante era di carattere assoluto, preesistente alle opere ed attuale al momento della richiesta di condono edilizio.

3. – Con il secondo motivo di diritto, vengono riproposti il secondo e terzo motivo dell’originario ricorso, evidenziando come il Comune di Portofino, stante la natura non assoluta del vincolo, avrebbe dovuto pronunciarsi sull’istanza, facendo uso del suo potere sanzionatorio. La difesa censura quindi la sentenza in quanto, sulla base della dedotta qualificazione del vincolo come assoluto, ha risolto senza profondità di analisi le doglianze proposte.

3.1. – La censura non ha pregio.

La valutazione del giudice di prime cure, dalla quale questa Sezione non ritiene di discordarsi, appare del tutto coerente con la pregressa valutazione della natura del vincolo imposto, che si è qui condivisa.

Una volta accertato il carattere assoluto del vincolo gravante nell’area, le censure di illegittimità derivata dei provvedimenti conseguenti sono destinate a cadere, atteso che nessun potere autorizzatorio poteva essere riconosciuto nella circostanza in esame.

La decisione del giudice di prime cure appare quindi doverosamente sintetica ed esaustiva, stante la natura delle censure dedotte che vengono di fatto sterilizzate dalla sopra evidenziata correttezza della ritenuta qualificazione della disciplina urbanistica dell’area.

4. – L’appello va quindi respinto. Nulla per le spese processuali, stante la mancata costituzione delle parti intimate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 8527 del 2004;

2. Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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