Cass. pen., sez. VI 23-03-2007 (21-03-2007), n. 12338 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Cittadino italiano – Consegna condizionata – Condizione risolutiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

FATTO E DIRITTO
1 – La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza 21/12/2006, pronunciando sulla richiesta di cui al mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Klagenfurt (Austria) il 3/11/2006 nei confronti del cittadino italiano C.M. per i reati di partecipazione ad una organizzazione criminale, furto organizzato e rapina aggravata, dichiarava sussistere le condizioni per l’accoglimento della richiesta e disponeva la consegna del predetto C., subordinandola alla condizione che il medesimo, dopo il processo, nel caso di condanna definitiva, venisse rinviato per scontare l’eventuale pena in Italia.
2 – Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, la persona reclamata e ha dedotto: 1) erronea applicazione e violazione della L. n. 68 del 2005, art. 6, comma 6 e della L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. t), per non essere state indicate, nel mandato d’arresto europeo e nella documentazione suppletiva inviata, le fonti di prova, con conseguente impossibilità di apprezzare la sussistenza dei gravi indizi; 2) erronea applicazione e violazione della L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. e), non prevedendo la legislazione dello Stato di emissione limiti massimi della carcerazione preventiva; 3) erronea applicazione e violazione della L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. o) e p), non essendo consentita la consegna se, per lo stesso fatto, sia in corso procedimento penale in Italia e se i reati oggetto del MAE siano considerati commessi in tutto o in parte sul territorio nazionale: secondo notizie di stampa, pendeva in Italia una indagine preliminare e l’associazione per delinquere aveva operato certamente anche in Italia; 4) decadenza del provvedimento per essere il MAE pervenuto oltre il termine di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 13, comma 3; 5) erronea applicazione della norma di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 19 e conseguente nullità della sentenza, perché la consegna non poteva essere subordinata alla condizione che, "dopo il processo", la persona fosse rinviata in Italia per scontarvi l’eventuale pena, avuto riguardo al dato testuale della citata norma "dopo essere stata ascoltata", il che significa immediata restituzione dopo tale adempimento avente finalità difensiva.
3 – Il ricorso non è fondato.
Correttamente il giudice a quo ha ritenuto sussistere tutte le condizioni previste dalla decisione-quadro sul mandato di arresto europeo (2002/584/GAI, adottata a Lussemburgo il 13/6/2002) e della L. n. 68 del 2005, per dare corso alla consegna di C.M. allo Stato membro di emissione.
3.a – Quanto alla sussistenza del requisito dei "gravi indizi di colpevolezza", cui fa riferimento la L. n. 68 del 2005, art. 17, comma 4, la relativa valutazione deve concretizzarsi nel verificare che il mandato emesso all’estero, per il suo contenuto intrinseco o per gli altri elementi raccolti in sede investigativa o processuale, sia fondato su un compendio indiziario ritenuto dall’Autorità giudiziaria emittente seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (cfr. Cass. Sez. VI 23/9/2005, Ilie Petre; Sez. VI 8/5/2006, Cusini).
Nella specie, tale compendio indiziario è chiaramente desumibile dalle fonti di prova a indicate nella documentazione trasmessa e, in particolare, nel mandato di arresto e nella nota 13/12/2006 inviati dal giudice austriaco.
3.b – Non sussiste la causa ostativa di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. e), secondo cui deve essere rifiutata la consegna "se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva".
Ed invero, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, con sentenza n. 1 del 30/1/2007, hanno ritenuto plausibile "una interpretazione flessibile" della richiamata L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. e), sì da renderlo "adattabile ai vari sistemi processuali cui si dirige, dovendosi sfuggire alla tentazione di parametrare al significato di nozioni ed espressioni evocative di precisi istituti dell’ordinamento interno dettati normativi concepiti dal legislatore italiano ai fini di una loro proiezione interstatuale", con la conseguenza che oggetto della verifica sul punto in esame è "se nella legislazione dello Stato membro di emissione sia espressamente fissato un termine di durata della custodia cautelare fino alla sentenza di condanna di primo grado o, in mancanza, se un limite temporale implicito sia comunque desumibile da altri meccanismi processuali che instaurino, obbligatoriamente e con cadenze predeterminate, un controllo giurisdizionale funzionale alla legittima prosecuzione della custodia cautelare o, in alternativa, alla estinzione della stessa".
L’ordinamento processuale austriaco prevede limiti massimi di custodia cautelare per la fase delle indagini preliminari; una volta iniziato il dibattimento, opera un sistema di garanzia che salvaguarda comunque la verifica sulla legittimità della custodia cautelare, attraverso controlli periodici e ravvicinati da parte dell’autorità giudiziaria circa le ragioni giustificatrici del permanere della custodia (artt. 181, 182, 183, 193, 194 c.p.p. austriaco).
Tale disciplina è in perfetta sintonia con la lettera e con lo spirito della disposizione di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. e).
3.c – Non sussiste la causa ostativa di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. o) e p), non essendo risultata, come specificamente accertato dalla Corte territoriale, la pendenza in Italia di procedimento penale per gli stessi fatti e non disponendosi di elementi per ritenere che i reati per i quali procede lo Stato di emissione possano considerarsi commessi in tutto o in parte sul nostro territorio, a nulla rilevando che fatti analoghi possano essere stati commessi anche in Italia.
3.d – Non si è verificata la denunciata "decadenza del provvedimento" per decorso del termine di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 13, comma 3, risultando dagli atti che la documentazione sul MAE fu inviata a mezzo fax dall’Autorità austriaca al Ministro della Giustizia italiano, deputato a riceverla ai sensi della L. n. 68 del 2005, art. 4, in data 17/11/2006 e, quindi, nel termine di dieci giorni di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 13, comma 3, rispetto alla data di convalida dell’arresto (10/11/2006), non rilevando in contrario che la successiva trasmissione alla Corte d’Appello sia avvenuta in data 21/11/2006. 3.e – Si è fatto buon governo della L. n. 68 del 2005, art. 19, lett. c).
Tale norma prevede che "se la persona oggetto del mandato di arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente nello Stato italiano, la consegna è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione".
La disposizione deve essere coordinata con quella di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. r), che prevede il rifiuto della consegna "se il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano, sempre che la Corte d’Appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno".
Solo dalla coordinazione delle due norme si ricava la ratio ad esse sottesa, quella cioè di disciplinare tutte le possibili vicende, connesse all’esecuzione del MAE, che riguardano il cittadino italiano. Se nei confronti di costui lo Stato di emissione ha già pronunciato una sentenza di condanna, scatta l’operatività della L. n. 68 del 2005, art. 18, lett. r). Se invece la persona reclamata è destinataria di un semplice provvedimento cautelare, opera la previsione di cui alla L. n. 68 del 2005, art. 19, lett. c) e, quindi, in presenza dei presupposti per l’accoglimento della richiesta, la persona viene consegnata allo Stato membro di emissione, perché nel territorio di questo si svolga il processo, a condizione che, una volta emessa la sentenza di condanna, sia riconsegnata allo Stato di esecuzione (Italia), che provvedere, appunto, a eseguire la pena o la misura di sicurezza eventualmente comminate. L’espressione "dopo essere stata ascoltata", presente in quest’ultima disposizione e recepita dalla decisione-quadro, è certamente usata in senso atecnico, come agevolmente si evince dalla circostanza che è strettamente collegata alla prospettiva di rinviare nello Stato di esecuzione il soggetto (cittadino o residente) "per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato di emissione", il che presuppone l’avvenuta celebrazione del processo nello Stato richiedente.
In sostanza, si è inteso salvaguardare il principio secondo cui il cittadino italiano ha sempre il diritto di scontare nel proprio Paese il trattamento sanzionatorio detentivo irrogato dalla giurisdizione di uno Stato membro dell’Unione europea.
3.f – Al rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.
Riserva la motivazione.

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