Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-12-2011, n. 28383 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che il Tribunale di Pescara, sezione distaccata di San Valentino, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 2 febbraio 2006, ha rigettato l’opposizione proposta da P.R. avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 17/03, con la quale l’Ente Parco nazionale della Maiella gli aveva intimato il pagamento della somma di Euro 500 a titolo di sanzione amministrativa per avere realizzato rilevanti opere di trasformazione del territorio in violazione della L. 6 dicembre 1991, n. 394, artt. 6 e 13 e art. 6, comma 1, lett. d) ed l), dell’allegato A al D.P.R. 5 giugno 1995;

che per la cassazione della sentenza del Tribunale il P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 26 maggio 2006, sulla base di tre motivi;

che l’Ente intimato ha resistito con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che il primo motivo denuncia violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1 e della L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 30, comma 2, sostenendo che il citato art. 30, comma 2, non consente l’irrogazione di sanzioni pecuniarie per violazione delle disposizioni contenute nel D.P.R. istitutivo del Parco, ma soltanto in caso di violazione delle norme e delle disposizioni emanate dal Parco;

che il secondo mezzo denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè il Tribunale, nonostante la sollecitazione del ricorrente, avrebbe completamente ignorato la questione dell’assoluta carenza di disposizioni di legge autorizzanti l’Ente Parco ad irrogare sanzioni pecuniarie;

che i due motivi – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono inammissibili ;

che l’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione di pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa, di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 introduce un giudizio, disciplinato dalle regole proprie del processo civile di cognizione, i cui limiti sono segnati dai motivi dell’opposizione, che costituiscono la causa petendi dell’azione, e questa delimitazione dell’oggetto del giudizio comporta per il giudice l’impossibilità di rilevare d’ufficio ragioni d’illegittimità del provvedimento opposto che non siano state dedotte dall’opponente;

che poichè nella sentenza impugnata non solo non v’è l’esame della questione della (supposta) carenza di base legale dell’ordinanza- ingiunzione emessa dall’Ente Parco, ma neppure risulta che di detto profilo l’opponente si sia doluto con l’atto introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale (i cui motivi di opposizione erano :

"carenza di potere del direttore generale del Parco; competenza dell’autorità procedente in sede penale; buona fede del ricorrente;

non adeguatezza della sanzione, da comminarsi nei minimi") , era onere del ricorrente per cassazione – per non cadere nella preclusione derivante dalla novità della questione, riposante su un motivo di opposizione non tempestivamente dedotto – nel denunciare l’omessa pronuncia su un motivo di opposizione, trascrivere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la pertinente parte dell’atto introduttivo del giudizio, onde dar modo alla Corte di legittimità di verificare ex actis che quella ragione di doglianza (trascurata dal giudice del merito) era stata in effetti dedotta;

che tale onere non risulta rispettato dal ricorrente;

che in ogni caso la censura è infondata, perchè il D.P.R. 5 giungo 1995, istitutivo dell’Ente Parco nazionale della Maiella, contiene, appunto, le disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette, la cui violazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 30, comma 2, la potestà sanzionatoria dell’Ente, dunque, non è auto- attribuita, ma rinviene la propria base nella legge;

che il terzo motivo (violazione della L. n. 689 del 1981, art. 24) rileva che il Tribunale penale ha assolto il P. ricorrendo "ragionevoli dubbi sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato" e lamenta: che il primo giudice abbia totalmente ignorato quanto esposto dall’opponente sotto il profilo della carenza di responsabilità e non abbia sospeso il procedimento pendente, ciò che avrebbe consentito al giudice civile di conformarsi all’accertamento compiuto in sede penale, perchè "è vero che i due ambiti di giudizio sono autonomi, tuttavia l’accertamento dei fatti compiuto dal Tribunale penale fa stato nelle altre sedi quando i fatti materiali sono identici, come appunto nella specie"; e che non abbia tenuto conto che l’opponente non poteva nutrire dubbi sulla perfetta regolarità di tutto il procedimento, soprattutto considerando il fatto che l’indizione della gara di appalto presupponeva necessariamente la verifica della regolarità formale del progetto esecutivo approvato da parte del responsabile del procedimento;

che il motivo è inammissibile;

che la sentenza impugnata – nell’escludere che nella specie vengano in gioco "la asserita competenza del giudice penale e la dedotta pregiudizialità dell’azione penale" – ha rilevato, con motivazione assorbente, che "le fattispecie del tipo che ci occupa, ispirate alla ratio di sottoporre a preventiva realizzazione la realizzazione di qualsiasi tipo di opera che possa incidere negativamente sull’aspetto ambientale e territoriale del Parco della Maiella, sono del tutto autonome rispetto ad eventuali fattispecie penali, tant’è che, ai fini della punibilità dell’illecito amministrativo derivante dalla violazione delle norme a salvaguardia dell’ambiente, risulta esclusa la valenza estintiva di eventuali sanatorie";

che il ricorrente sostiene, apoditticamente ed in via del tutto generica, che nella specie i fatti materiali alla base dell’illecito penale e dell’illecito amministrativo sarebbero identici, ma non si da neppure cura di precisare quali sarebbero state le imputazioni contestate al P. in sede penale e dalle quali egli sarebbe stato mandato assolto;

che il ricorso va, pertanto, rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’Ente Parco controricorrente, liquidate in complessivi Euro 600, di cui Euro 400 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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