Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 01-08-2011, n. 30391

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Il G. è stato giudicato in primo grado, dal G.i.p. con rito abbreviato, per abusi sessuali su minori, ed ha riportato una condanna a 3 anni e 10 mesi di reclusione. Con la sentenza, il G.u.p. aveva sostituito la più grave misura con arresti domiciliari caratterizzati dal permesso di allontanarsi da casa per seguire dei colloqui terapeutici.

A seguito di appello del P.M., il Tribunale per il Riesame, con il provvedimento qui impugnato, ha ripristinato la misura della custodia cautelare in carcere.

Avverso tale decisione, l’indagato ha proposto ricorso deducendo che la motivazione dell’ordinanza è contraddittoria e manifestamente illogica perchè non tiene conto del fatto che la difesa dell’imputato aveva prodotto documentazione attestante le date del percorso terapeutico che l’imputato ha in atto e che le due consulenze della difesa, del 20.12.10 e del 4.3.11, hanno bene evidenziato le problematiche dell’imputato nonchè la necessità di un percorso cognitivo/comportamentale con sedute periodiche settimanali o quindicinali. Sottolinea, inoltre, la difesa che risulta in atti che l’imputato ha già fatto dei progressi con la ct.

Dott.ssa M., nel corso dei quasi 5 mesi di custodia cautelare, tanto da formulare offerte risarcitorie a dimostrazione di un acquisito atteggiamento di resipiscenza.

E’ da ritenere, pertanto, errata la tesi del Tribunale secondo cui G. potrebbe, uscendo di casa, derogare agli obblighi impostigli ovvero nuovamente realizzare contatti via internet perchè tutto ciò potrebbe facilmente essere controllato dai CC. Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

2. Motivi della decisione – Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

Come si evince agevolmente anche dalla breve sintesi – appena svolta – dei motivi di ricorso, la doglianza in esame mira, sostanzialmente, ad una rivisitazione dei dati processuali per inferirne conclusioni diverse e più favorevoli all’imputato.

La contraddittorietà, come noto, si sostanzia nell’incompatibilità tra l’informazione posta alla base del provvedimento impugnato e quella, sul medesimo punto, esistente negli atti processuali (sez. 3, 21,11.08, campanella, 243247) mentre si ha manifesta illogicità quando ricorre una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (sez. 1, 12.5.99, commisso, Rv. 215132).

Tutto ciò, non solo, non è riscontrabile nella specie ma non viene neanche evidenziato dal ricorrente che si limita a riproporre i contenuti delle consulenze o ripercorrere le vicende processuali per "leggerle" in modo diverso.

In realtà, una volta che il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della propria analisi probatoria l’esame del giudice di legittimità non può andare oltre il controllo della chiave interpretativa essendo preclusa "la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza 0 attendibilità delle fonti di prova" (ex multis Sez. 1, 27.9.07, Formis, Rv. 237863; Sez. 2 11.1.07, Messina, Rv. 235716).

Nella specie, lungi dall’essere esatto ciò di cui si duole il ricorrente, si riscontra che il Tribunale per il Riesame ha preso le mosse proprio dalla consulenza di parte per determinarsi in senso sfavorevole all’imputato sul rilievo che essa "non appare per niente tranquillizzante, in quanto se ne desume che il G. non è sufficientemente in grado di contenere le proprie pulsioni e che è capace di instaurare rapporti di fiducia con minori e con le loro famiglie, allo scopo di creare le condizioni favorevoli per la soddisfazione dei propri impulsi".

Non vi è, quindi, alcuna contraddizione nè crasi logica nella conclusione che "ciò rende particolarmente significativo il pericolo di reiterazione, anche alla luce dei contatti intrattenuti dall’imputato tramite "Facebook" con alcuni minori".

Osserva, altresì, il Tribunale per il Riesame che "il periodo di carcerazione già sofferto non appare in grado di esplicare un’efficacia deterrente, considerato che il G. aveva già piena coscienza dell’illiceità dei suoi comportamenti, avendo subito, in passato una condanna per fatti analoghe ed anche in tale considerazione, ancorata a dati processuali obiettivi, non si ravvisa alcunchè di censurabile.

Peraltro, alla ulteriore osservazione del collegio secondo cui il programma terapeutico non risulta sufficientemente esplicitato onde poterne valutare la adeguatezza al caso in esame, il ricorrente replica solo in modo meramente assertivo sostenendo che è vero il contrario ovvero proponendo rilievi di merito circa il pericolo che un ripristino della custodia implichi la sospensione del percorso terapeutico (circostanza, peraltro, smentita anch’essa dal Tribunale per il Riesame con l’osservazione che, invece, il G. anche in carcere potrà cominciare un trattamento il cui esito positivo potrà incidere favorevolmente sulla prognosi).

Ugualmente solo asserita – e comunque fattuale – è l’argomentazione relativa alla possibilità o meno di un controllo effettivo da parte delle forze dell’ordine. Sul punto, quanto asserito dal Tribunale è tutt’altro che insensato e, di certo, non sono sufficienti, a contrastarlo, le mere affermazioni di segno opposto da parte del ricorrente.

Alla presente declaratoria di inammissibilità, segue, per legge ( art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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