Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 01-08-2011, n. 30390

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 4.4.2011, con il quale è stata applicata a G.I. la misura cautelare della custodia in carcere, quale indagato dei reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nonchè di concorso in furto aggravato. Il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistenti, sulla base del contenuto di intercettazioni telefoniche e di altre risultanze dell’attività investigativa svolta dalla Squadra Mobile di Palermo, gravi indizi di colpevolezza dei reati oggetto di indagine, essendo emerso che il G., anche in concorso con tale C.V., sovrintendente in servizio presso una Stazione dei C.C., favoriva e sfruttava la prostituzione di numerose donne di origine rumena ed era stato il mandante del furto, commesso, quale esecutore materiale, da un suo connazionale, nell’abitazione di A.V. a scopo punitivo, in quanto l’ A. aveva intrapreso una stabile relazione con una delle prostitute e la aveva convinta a rientrare in Romania.

L’ordinanza ha affermato inoltre la sussistenza delle esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione criminosa e di inquinamento probatorio.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, che la denuncia per violazione ed errata applicazione dell’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. a) e c).

Il ricorrente, pur lamentando anche la labilità del quadro indiziario, in quanto esclusivamente fondato sulle risultanze di intercettazioni telefoniche, contesta solo la affermazione dell’esistenza delle esigenze cautelari di cui alle disposizioni citate.

Si deduce, in sintesi, che il Tribunale ha fondato la valutazione in ordine al pericolo di reiterazione criminosa solo sulla valutazione della gravità dei fatti, senza tener conto della personalità dell’indagato, che risulta incensurato. Si contesta, poi, che possano essere desunti elementi di giudizio negativi dal suo comportamento processuale, essendosi dimostrato pienamente disponibile per chiarire la vicenda che lo vede coinvolto. Quanto al pericolo di inquinamento probatorio si deduce carenza di motivazione in ordine alla sua sussistenza e si fa rilevare, in particolare, che le indagini eseguite mediante intercettazioni telefoniche si sono concluse da circa un anno e che, pertanto, il quadro probatorio deve ritenersi ormai cristallizzato.

Il ricorso non è fondato.

Pur non formando il punto dei gravi indizi di colpevolezza oggetto di specifica contestazione, deve essere rilevato che l’ordinanza ne ha affermato la sussistenza con motivazione assolutamente esaustiva, con la quale sono state valorizzate non solo le risultanze delle intercettazioni telefoniche, ma anche quelle afferenti a operazioni di osservazione diretta da parte degli organi di polizia giudiziaria, dalle quali è emerso che l’indagato provvedeva a rifornire le ragazze di quanto necessario per l’esercizio della prostituzione, a controllarle assiduamente ed a percepire i proventi della loro attività, facendo anche ricorso a minacce e violenza in caso di trasgressione agli ordini. Quanto alle esigenze cautelari, secondo l’ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte in materiali pericolo di reiterazione criminosa può essere desunto anche soltanto dalla valutazione delle specifiche modalità della condotta dell’indagato e delle circostanze del fatto, in quanto la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento specifico, significativo, per valutare la personalità dell’agente (sez. 4, 19.1.2005 n. 11179, Miranda ed altri, RV 231583; sez. 6, 17.2.2005 n. 12404, Genna, RV 231323; sez. 4, 3.7.2007 n. 34271, Cavallai, RV 237240).

Orbene, l’ordinanza impugnata, al fine di ritenere sussistente il pericolo di reiterazione criminosa, ha adeguatamente valorizzato non solo la gravità della condotta dell’ I., in considerazione della sistematicità dell’attività di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, ma anche la negativa personalità dell’indagato desunta dalle azioni estremamente violente da lui poste in essere, con particolare riferimento alla programmazione ed esecuzione del furto in danno dell’ A., sicchè a nulla rileva l’incensuratezza dell’imputato o il suo asserito atteggiamento processuale.

Anche con riferimento al ritenuto pericolo di inquinamento probatorio le argomentazioni del ricorrente non sono idonee a inficiare la motivazione del provvedimento impugnato sul punto, che ha fatto perno sul ritenuto pericolo che, proprio in considerazione della sua personalità violenta, l’indagato, ove rimesso in libertà, possa intimidire le donne sfruttate.

E’ appena il caso di osservare in proposito che l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce con la conclusione delle indagini ovvero per il fatto che le stesse siano in stato avanzato (sez. 1, 20.1.2004 n. 10347, Catanzaro, RV 227228;

sez. 6, 11.2.2010 n. 13896, Cipriani, RV 246684), dovendo la genuinità della prova essere preservata per la valutazione dibattimentale. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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