Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-09-2011, n. 4923 Aziende di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Banca d’Italia, con atto n. 417039 del 23 aprile 2009, ha reso noto di aver comunicato alla Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino S.p.A. (in prosieguo CRSM), alla S. I. E. (in prosieguo SIE) S.p.a., alla E. S.p.a., a Onda S.p.a. e al signor M. F. l’avvio del procedimento di revoca delle autorizzazioni a detenere le rispettive partecipazioni in D. S.p.a. (capogruppo di società operanti nel settore finanziario poi iscritta nell’albo dei gruppi bancari), ai sensi dell’art. 19, comma 5, del d.lgs 1° settembre 1993 n. 385 e successive modifiche e integrazioni (recante "Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia", in prosieguo Tub) e di aver disposto, nelle more della conclusione del relativo procedimento, l’immediata sospensione delle medesime autorizzazioni, ai sensi dell’art. 7, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche e integrazioni.

2. Nell’atto suddetto, la Banca d’Italia in sintesi richiama che:

a) in occasione dell’iscrizione del gruppo bancario D. all’albo di cui all’art. 64 del Tub, con nota del 17 agosto 2007 della stessa Banca d’Italia era stata sottolineata l’applicabilità al gruppo degli art. 19 e seguenti del Tub sugli obblighi autorizzativi e di comunicazione in tema di partecipazioni societarie;

b) nel 2007 si era preso atto che nell’assetto proprietario del gruppo D. S.p.a., quale all’epoca comunicato, risultavano E. detentore, tramite Onda, di una partecipazione pari al 34% del capitale e CRSM detentore, tramite la controllata SIE, di una partecipazione pari al 21% (e inoltre detentori, Sopaf S.p.a. del 24% e il Banco popolare di Verona e Novara del 20%, il secondo poi uscito dall’azionariato), essendo perciò possibile senza ulteriore autorizzazione, per Onda salire fino al 50% e per CSRM fino al 33%, non essendo comunque oggetto di autorizzazione l’interessenza intestata al sign. M. F., poiché inferiore alla soglia del 5% e, infine, non risultando situazioni di controllo della capogruppo;

c) a seguito degli accertamenti ispettivi condotti presso il gruppo D. S.p.a., a partire dal 2 settembre 2008, diversamente da quanto rappresentato sull’assenza di circostanze idonee a configurare un controllo esclusivo in capo ad un unico soggetto, e, in particolare, riguardo al ruolo non primario svolto da CRSM, è stata rilevata una serie di elementi univocamente sintomatici dell’esercizio di fatto di una determinante influenza sul gruppo da parte di CRSM, in particolare conseguita, oltre l’interessenza del 29,99% detenuta da CRSM per il tramite della controllata SIE, attraverso:

c1) il ruolo predominante svolto in Onda s.p.a., detentrice della quota di maggioranza relativa del capitale di D. con il 49,99%, alla quale CRSM ha fornito in via esclusiva, tramite SIE partecipante al capitale di Onda con il 26,47%, e con il supporto creditizio dell’altro socio E. S.p.a. (titolare in Onda di un’interessenza del 73,53%), i mezzi per la sottoscrizione dell’aumento di capitale di D. realizzato nel 2007;

c2) la prevalenza fra gli amministratori di Onda S.p.a. di esponenti espressione della comunità sammarinese;

c3) il determinante sostegno finanziario assicurato da CRSM all’operatività del gruppo D., giustificabile soltanto alla luce della reciproca integrazione patrimoniale ed economica;

c4) la sussistenza di relazioni commerciali tra società del gruppo D. e CRSM "caratterizzate da aspetti di opacità e di scarsa separatezza";

c5) la cura da parte della CRSM degli adempimenti relativi agli affidamenti richiesti alla CRSM ed erogati da S. (nel settembre 2004 D. S.p.a. era stata autorizzata ad acquistare il C. A. E. I. S.p.a. poi denominato S.) e l’utilizzo del conto corrente intrattenuto da CRSM presso S., con scoperto non autorizzato;

c6) la sovrapposizione fra gli organi di D. e della CRSM (richiamandosi, infine, che l’incremento della partecipazione in D. del sign. M. F., presidente e amministratore delegato di CRSM,è stata possibile per il finanziamento concesso da CRSM);

d) con l’emersione, così, di una situazione di irregolarità nell’assetto proprietario, data la posizione di controllo esercitata dalla CRSM ai sensi dell’art. 23 del Tub, essendo risultata questa in grado di disporre di poteri superiori a quelli riconducibili alla sola partecipazione detenuta tramite SIE, in virtù dei rapporti in essere con gli altri azionisti.

3. La Banca d’Italia ha quindi emanato il provvedimento n. 136094 del 18 agosto 2009, di revoca delle autorizzazioni, in cui i rilievi sopra sintetizzati sono ulteriormente articolati a fronte delle deduzioni opposte dagli interessati nell’ambito del procedimento.

4. La SIE, con il ricorso n. 4158 del 2009 e con motivi aggiunti, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, contro la Banca d’Italia e nei confronti della S.p.a. Sopaf, ha chiesto l’annullamento: del citato atto n. 417039 del 23 aprile 2009; del verbale finale dell’ispezione disposta dalla Banca d’Italia sul gruppo D., ai sensi del Tub, svolta dal 2 settembre 2008 al 4 febbraio 2009, consegnato agli esponenti della capogruppo il 27 aprile 2009; del provvedimento n. 136094 del 18 agosto 2009, con il quale la Banca d’Italia ha disposto, ai sensi dell’art. 19 del Tub, la revoca delle autorizzazioni alla partecipazione nel capitale di D. S.p.a. nonché la fissazione del termine di tre mesi, ai sensi dell’art. 24 del medesimo Tub, per l’alienazione della partecipazione per le quali è stata revocata l’autorizzazione; della delibera collegiale del Direttorio della Banca d’Italia di ratifica del citato provvedimento n. 0136094/09 del 18 agosto 2009, di cui al verbale del 1° settembre 2009 n. 32; di ogni altro atto comunque annesso, connesso, presupposto o consequenziale.

5. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 11920 del 2010, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, condannando la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila/00), di cui mille a favore della S.p.a. Sopaf.

6. Con l’appello in epigrafe, n. 8865 del 2010, è chiesto l’accoglimento delle censure di primo grado, in riforma della sentenza del TAR.

7. La Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino, con il ricorso n. 9494 del 2009 proposto al TAR per il Lazio, ha chiesto l’annullamento dei medesimi atti e provvedimenti della Banca d’Italia elencati nel precedente punto 4.

8. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 11932 del 2010, ha respinto il ricorso ed ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila/00).

9. Con l’appello in epigrafe, n. 8866 del 2010, è chiesto l’accoglimento del ricorso di primo grado, in riforma della sentenza del TAR.

10 All’udienza del 5 luglio 2011 le cause sono state trattenute per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene che gli appelli in epigrafe vadano riuniti e decisi congiuntamente, in quanto connessi per il profilo oggettivo e soggettivo, avendo per oggetto le sentenze appellate l’impugnazione dei medesimi provvedimenti ed essendo la stessa l’Amministrazione resistente in prime cure e appellata.

2. Con le sentenze gravate, n. 11920 e n. 11932 del 2010, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, ha respinto i ricorsi n. 4158 e n. 9494 del 2009, proposti avverso gli atti afferenti al procedimento con cui la Banca d’Italia ha disposto la revoca dell’autorizzazione alla SIE, alla CRSM, alla E. S.p.A.,ad Onda S.p.A. e al sign. M. F., a detenere le rispettive partecipazioni in D. S.p.a.

3. Negli appelli, è stato lamentato che il giudice di primo grado non avrebbe considerato i dedotti motivi di censura dei provvedimenti impugnati, avendo in sostanza ripercorso senza vaglio critico il contenuto dei detti provvedimenti, e sono stati dedotti i motivi che seguono.

3.1. Ai sensi dell’art. 23 del Tub, l’unico controllo rilevante ai fini della procedura di autorizzazione alla detenzione di partecipazioni è quello "solitario" o "esclusivo", e non quello "congiunto", poiché nel medesimo art. 23 la posizione di controllo è individuata, secondo il comma 1, nelle situazioni di cui all’art. 2359, commi primo e secondo c.c., e se vi siano contratti o clausole statutarie che configurino il potere di esercitare l’attività di direzione e coordinamento, e, per il comma 2, se sussista influenza dominante, salvo prova contraria, nei casi tassativamente elencati.

Tra questi casi rientra la "attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute" (lett. c), da intendersi come i poteri idonei al condizionamento della gestione della società e non come quelli comunque ulteriori rispetto alla posizione di socio, quali risultanti, ad esempio, da un patto parasociale e, in ogni caso, in riferimento al parametro delle partecipazioni dirette e indirette possedute che, nella specie, attribuendo alla CRSM la quota parte delle partecipazioni in D. detenute da Onda, raggiunge il 43,22% in quanto Onda possiede il 49,99% del capitale di D..

In questo quadro, ad avviso delle appellanti, non si riscontra il potere esclusivo della CRSM su D., asserito dalla Banca d’Italia e rilevato dal TAR, poiché è vero che in D. detengono la CRSM una partecipazione del 29,99%, tramite SIE, e Onda del 49,99%, ma deve anche essere considerato che non sussiste "un predominante ruolo di CRSM in Onda", dal momento che, a fronte della partecipazione di SIE in Onda del 26,47%, E., che è l’altro socio, detiene il 73,53% delle azioni, ciò che fa presumere il controllo interno di diritto e la direzione e coordinamento di Onda (ai sensi dell’art. 2497 sexies c.c.).

Peraltro tra E., SIE e CSRM sussiste un patto parasociale, ciò che non è stato considerato dalla Banca d’Italia e dal primo giudice, che, nell’affidare la gestione operativa di Onda ai manager di E., può al più far ipotizzare un controllo congiunto tra CSRM, SIE ed E., ma non l’emarginazione di quest’ultima dal potere gestorio.

3.2. Rilevato il carattere assorbente della censura ora sintetizzata, le appellanti deducono che le sentenze di primo grado si sarebbero limitate a giudicare esenti da incongruenze o illogicità manifeste gli ulteriori elementi che la Banca d’Italia ha ritenuto sintomatici dell’asserito controllo esclusivo della CRSM, senza valutare le deduzioni svolte al riguardo.

In particolare si deduce quanto segue.

3.2.1. Quanto alla sottoscrizione dell’aumento di capitale di D. che, si asserisce, sarebbe avvenuta da parte di E. "mediante il supporto creditizio prestato dalla CRSM", dovrebbe attribuirsi rilievo al fatto che la Cassa non ha finanziato la detta sottoscrizione da parte di E., essendovi stato il finanziamento solo a favore di Onda, che ha poi sottoscritto il capitale di D., nonché considerato che CRSM non ha neppure acquisito in pegno le azioni di Onda o D..

Riguardo al controllo finanziario di E., socio di maggioranza assoluta di Onda, che sarebbe stato acquisito da CRSM in forza della fidejussione prestata da E. a garanzia del mutuo con cui CRSM aveva finanziato l’aumento di capitale di Onda, resosi necessario all’iscrizione del Gruppo D. nell’albo dei gruppi bancari, sarebbe stato ignorato che alcun finanziamento della Cassa ad E. è ravvisabile nella specie, poiché, in fatto, E. è stata finanziata dalla Cassa in sede di costituzione di D. S.p.a. e tale debito è stato estinto alla costituzione di Onda S.p.a. essendo quest’ultima indebitata nei confronti della Cassa, a nulla rilevando il sottostante rapporto fideiussorio tra E. e CRSM, né ciò comportando il controllo finanziario della seconda sulla prima.

3.2.2. Rispetto alla asserita presenza di "meccanismi atti ad assicurare agli azionisti di E. la provvista necessaria al rimborso", la Banca d’Italia non avrebbe motivato in cosa la remunerazione che E., costituita dai manager del gruppo, riceve dalle società del gruppo D. per le attività di amministrazione e gestione che presta ad esse, costituisca uno strumento con cui CSRM condizionerebbe E. con ciò controllando Onda, non essendo stato ragionevolmente provata, peraltro, l’asserzione per cui le retrocessioni da D. ad E. per l’attività dei manager eccederebbero gli effettivi emolumenti erogati, che risultano invece pari alle dette retrocessioni (per 6 milioni di euro).

3.2.3. Inoltre, nessun rilievo avrebbe l’asserita "prevalenza dei consiglieri di Onda espressione della comunità sammarinese (due su tre)", per un patto parasociale, essendo nominati due consiglieri da E. ed uno da SIE, nonché essendo previsto tra i primi due l’amministratore delegato ed uno dei due dovendo essere indipendente su richiesta di SIE.

Neppure avrebbe significato, quale ulteriore indizio del controllo esclusivo di CRSM su D., la richiamata "ampia sovrapposizione tra gli organi sociali di CRSM e di D. S.p.a.", poiché "tre consiglieri su sette ricoprono attualmente cariche di vertice presso la prima mentre un quarto amministratore le ricopriva prima della nomina", riflettendo ciò soltanto l’entità delle partecipazioni di SIE e di E. nella proprietà di D., possedendo la prima (e con ciò, nei termini visti, la controllante CRSM) il 43,22% del capitale di D., in quanto proprietaria di detto capitale, in via diretta, per il 29,99%, e, in via indiretta, per il 13,23%, poiché proprietaria del 26,47% di Onda, che possiede a sua volta il 49,99% di D..

In questo quadro, peraltro, ad avviso delle appellanti si potrebbe al più individuare un controllo congiunto di D. tra CRSM (tramite SIE) ed E. poiché la maggioranza dei consiglieri di D. è espressione della seconda e non della prima.

3.2.4. La integrazione fra CRSM e D., assunta dalla Banca d’Italia e dal primo giudice, in particolare a ragione del sostegno finanziario assicurato dalla CRSM all’operatività del gruppo D., sarebbe altresì rapportabile alla fattispecie del controllo congiunto, stante il ruolo determinante svolto dai manager di E., e sarebbe comunque riconducibile alla logica dei rapporti di finanziamento e non di controllo del finanziatore sul finanziato, non avendo mai il gruppo fatto ricorso al finanziamento della Cassa a condizioni tali da mutare in rapporto di controllo il rapporto di finanziamento.

3.2.5. Non sussisterebbero poi gli asseriti aspetti di "opacità e scarsa separatezza" nelle relazioni tra società del gruppo D., come provato dall’esame delle singole posizioni, essendo inoltre frutto di un errore il riferimento in tale quadro allo "utilizzo del conto corrente intrattenuto dalla Cassa presso S." e relativo scoperto, sussistendo, al contrario, un conto corrente della seconda presso la prima.

3.3. I provvedimenti della Banca d’Italia sarebbero illegittimi, poiché non considerano i limiti posti dalla normativa comunitaria al Tub e ai poteri della Banca d’Italia nel circoscrivere le fattispecie soggette ad autorizzazione prudenziale all’acquisto del controllo, rilevando al riguardo la direttiva 2006/48/CE (art. 19), modificata con la direttiva 2007/44/CE.

Ai sensi di questa normativa, l’ipotesi dell’acquisto del controllo sarebbe limitata alla relazione che porti l’ente creditizio ad essere "impresa figlia", cioè società controllata secondo la nozione di "controllò di cui alla "settima direttiva in materia societaria’, ai fini dell’obbligo di redazione del bilancio consolidato (articoli 1 e 2 della direttiva 83/349/CE), ciò che non si riscontra nel caso di specie, poiché:

a) E. detiene il controllo di Onda, consolidando la partecipazione in questa, e Onda quindi si configura come società figlia non di CRSM, ma di E.;

b) la direttiva 1983/349/CE (art. 2) esclude che si configuri il controllo, quando i diritti di voto sono attribuiti al finanziatore, ma vengono esercitati sulla base di istruzioni di voto del finanziato o comunque nel suo interesse, tanto, più se i diritti di voto restano nella piena disponibilità del finanziato (come è per E. e Onda), per cui Onda non è strumento del controllo indiretto della Cassa esercitando in via indipendente i diritti di voto in D..

3.4. In via subordinata, infine, le appellanti hanno proposto istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte ai sensi dell’art. 267 del TFUE, riguardo alla compatibilità degli articoli 19 e 23 del Tub, nel testo vigente alla data dei fatti in controversia, con gli articoli 19 e 19 bis della direttiva 2006/48/Ce come da ultimo modificati dall’art. 5 della direttiva 2007/44/CE, in relazione agli articoli 1 e 2 della direttiva 83/349CEE, rispetto alla individuazione della situazione del controllo esclusivo per come configurata riguardo al caso di specie.

4. Le censure così sintetizzate sono infondate.

Il Collegio rileva anzitutto che non si riscontra nelle sentenze di primo grado l’asserita omissione dell’esame dei motivi di censura dedotti avverso i provvedimenti impugnati.

Nelle sentenze, infatti, tali censure sono riportate e respinte analiticamente, sia quelle attinenti ai presupposti di legittimità dei provvedimenti, e del relativo procedimento, sia quelle sulle ragioni della revoca delle autorizzazioni disposta dalla Banca d’Italia.

Circa queste ultime, oggetto anche di gravame in appello, va rilevato che le sentenze impugnate hanno correttamente premesso che gli indici sintomatici del ritenuto controllo di CRSM su D. assumono significatività nel loro insieme, svolgendo poi un analitico riscontro di ciascuno degli elementi rilevati dalla Banca d’Italia, alla luce delle singole censure.

4.1. Si esaminano ora le censure dedotte in appello, tutte volte a contestare la rilevata posizione di controllo di CRSM su D., nonché volte a confutare le relative statuizioni del TAR, per verificare alla luce dei motivi dedotti la legittimità dei provvedimenti impugnati..

In particolare si osserva quanto segue.

4.1.1. Quanto dedotto in appello sulla nozione di controllo, configurata dai pertinenti articoli del codice civile e dall’art. 23 del Tub, non risulta immediatamente rilevante in sé, essendo comune alla detta normativa il dato della influenza dominante quale elemento identificativo della situazione del controllo, che, nell’art. 23 del Tub, assume rilevanza ancora più pregnante poiché, tra i parametri presuntivi del controllo "salvo prova contraria" elencati nel comma 2 dell’articolo, figura anche quello dell’assoggettamento a direzione comune "per altri concordanti elementi"(punto 4), vale a dire in ragione di elementi idonei a far ritenere la situazione del controllo in fatto al di là della posizioni societarie formali. Si tratta dunque di verificare se gli atti della Banca d’Italia quale Autorità vigilante siano basati nella specie su elementi concordanti, ovvero univocamente sintomatici, oggettivamente idonei alla individuazione dell’asserito controllo, e inoltre se, nel quadro delineato da tali atti, risulti escluso, a ragione della dominanza di CRSM su E. e, quindi, su Onda (il cui 26,47 per cento del capitale sociale è di CRSM tramite SIE), che la formale partecipazione maggioritaria di E. in Onda, a sua volta socio di maggioranza in D., configuri il controllo congiunto di D. da parte di CRSM (tramite SIE) ed E..

4.1.2. Nei provvedimenti impugnati (in particolare nella comunicazione di avvio del procedimento e nell’atto di revoca delle partecipazioni), il ruolo predominante di CRSM in Onda non è stato asserito trascurando che nella seconda una quota maggioritaria è detenuta da E. (il 75,53%), né ignorando che CRSM ha erogato a Onda il finanziamento per la sottoscrizione dell’aumento di capitale di D..

I medesimi atti hanno sottolineato che, risultando E. come garante del detto finanziamento, la CRSM ha con ciò concesso, sia pure indirettamente, un sostegno finanziario a E., che ha consentito a questa di mantenere formalmente la suddetta partecipazione del 75,53% in Onda, all’atto in cui per questa società si è prodotta l’esigenza di un rilevante intervento finanziario, necessario per l’aumento di capitale di D. (230 milioni di euro), di per sé gravante, pro quota, sui rispettivi maggiori partecipanti.

A conferma della connessione tra le operazioni e del correlato supporto indiretto di CRSM a E., la Banca d’Italia ha anche indicato il conferimento della seconda alla prima del mandato a vendere la propria quota di partecipazione in Onda nel caso questa non avesse restituito il finanziamento, nel quadro di un intervento atto perciò far desumere, in sintesi, la preminenza del ruolo di CRSM quale finanziatore del gruppo, fermo il quadro formale degli assetti societari.

Ritiene la Sezione che tali elementi siano stati valutati dalla Banca d’Italia – nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, correlativa ai suoi poteri di autorità di vigilanza – in assenza dei dedotti profili di eccesso di potere, non risultando viziate le considerazioni poste a base degli atti contestati, neppure sotto il profilo di palese illogicità o travisamento di fatti.

Infatti, risulta del tutto ragionevole, nel quadro dell’operazione descritta, la valutazione della Banca d’Italia di riferirsi non solo al dato formale dell’ammontare della quota di E. in Onda, per esaminare la connessione fra CRSM e E. di cui si è detto.

4.1.3. Quanto alla significatività delle modalità di remunerazione dei managers soci di E. operanti presso D., si osserva che nel rapporto ispettivo dell’Autorità vigilante è precisato che essi hanno ricevuto regolari remunerazioni (fra stipendi e dividendi) "in una misura indipendente dagli utili di D.", ritenendosi ciò indicativo dello schema del rapporto di lavoro e non di quello della partecipazione agli utili, con la indicazione puntuale dell’ammontare delle "retrocessionì da D. a E. (nel complesso 5,8 milioni di euro) e di quella, minore, degli emolumenti erogati (3,38 milioni di euro), cifra quest’ultima cui si contrappone in appello l’asserzione – non provata e comunque non pertinente – che le "retrocessionì esaurirebbero le remunerazioni dei managers.

La Sezione ritiene perciò non illogica la deduzione tratta nel rapporto ispettivo, secondo cui tale meccanismo abbia configurato una modalità indiretta di retrocessione ad E. delle risorse necessarie per assicurare il rimborso dei prestiti ricevuti da CRSM.

4.1.4. La presenza in Onda di esponenti della comunità sammarinese è comunque elemento cui correttamente è stata data rilevanza, viste le correlazioni individuate tra le società del gruppo, mentre la "ampia sovrapposizione" tra gli organi sociali di CRSM e D., nonché del relativo gruppo, non è rilevata nei documenti e atti della Banca d’Italia soltanto in ragione della presenza dei tre richiamati consiglieri di CRSM su sette, con un quarto in precedenza tale, ma sulla base di una più articolata e completa considerazione dell’intero quadro della cariche, indicato in dettaglio nella nota 14 a pag. 23 del rapporto ispettivo, idoneo a far non irragionevolmente concludere, nel motivato provvedimento di revoca, per "una interscambiabilità di ruoli nell’ambito di CRSM, di ONDA, di D. e delle società da questa controllate tipica di una logica di gruppo" (pag. 5).

4.1.5. L’integrazione finanziaria tra CRSM e D. è riscontrata, da ultimo e riassuntivamente, nel provvedimento di revoca delle partecipazioni (pag. 5 e seguenti), in modo particolarmente puntuale esponendo che:

– il sostegno finanziario di CSRM, anche tramite il rilascio di garanzie e di lettere di patronage, si è attestato intorno al 35% del complessivo indebitamento bancario, con percentuale che si accresce tenuto conto delle cessioni di crediti da società del gruppo D. a CRSM;

– per quest’ultima ciò ha comportato, in aggiunta alla sottoscrizione dell’aumento di capitale, una complessiva esposizione verso il gruppo D. intorno al 40% dell’attivo di bilanci;

– tali dati, relativi al 2007, di certo sono aumentati per il 2008 e 2009;

– emergono forme plurime di supporto creditizio da parte di CRSM "tale da assicurare un’assistenza completa alle esigenze finanziarie del gruppo D." dettagliatamente elencate (tra cui le dilazioni concesse per tempi crescenti alle società del gruppo per il versamento degli incassi ricevuti per le attività di servicer dei crediti ceduti a CRSM).

Visto il quadro così emergente di continui, rilevanti e diversificati interventi di sostegno finanziario, non è inattendibile e risulta ragionevole la deduzione dell’Autorità vigilante, sulla sussistenza di una situazione in cui i rapporti di finanziamento vengono a comporsi in un risultato di controllo.

4.1.6. Gli elementi sinora considerati sono sufficienti, ad avviso del Collegio, a far giudicare le valutazioni della Banca d’Italia esenti dai vizi di illogicità o di manifesto travisamento dei fatti, che sono gli unici rilevabili nei casi come quello di specie, non potendo il giudice amministrativo sostituire la propria valutazione a quella espressa dalla Autorità di vigilanza nell’esercizio dei propri poteri istituzionali, in ordine al significato da attribuire a complesse operazioni economiche e finanziarie, tali in linea di principio da sorreggere la conclusione della effettiva sussistenza di una situazione di controllo di CRSM su D. al di là dei dati formali del rapporto (quote societarie e patti parasociali).

Non si ritiene quindi necessario esaminare partitamente le censure dedotte in dettaglio riguardo alle motivazioni su cui la Banca d’Italia ha fondato l’ulteriore rilievo della "scarsa separatezza e opacità" delle relazioni commerciali tra società del gruppo D. e CRSM, essendo sufficiente osservare che tali motivazioni risultano anche in questo caso specificamente circostanziate, rispetto ai rapporti tra CRSM e S., riguardanti operazioni di finanziamento a società (le S.p.a F. e G. V.) richiesti a CRSM, da questa istruiti ma erogati da S., salvo osservare più in particolare, rispetto all’operazione di bonifico bancario per euro 135 milioni ordinata a CRSM dalla PlusValore, società del gruppo D., che questa è stata regolata sul conto corrente individuato, nel provvedimento di revoca, come "reciproco" tra CRSM e S.", e, ciò che non è specificamente contestato in appello, "in assenza di autorizzazione di organi superiori", con l’effetto di una "esposizione di S. nei confronti di CRSM… largamente eccedente il limite posto dalla normativa di vigilanza in tema di concentrazione dei rischi".

4.2. Si deve ora esaminare la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

4.2.1. Negli appelli la richiesta è, in sintesi, così sostenuta:

a) l’art. 4, punto 9, della direttiva 2006/48/CE (relativa allo "accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio"), stabilisce che il controllo ricorre soltanto in caso di relazione tra impresa "madre" e impresa "figlia" quale individuato negli articoli 1 e 2 della direttiva 83/349/CEE (relativa ai "conti consolidati"), venendo richiamata la qualificazione di impresa "figlia" nell’art. 19 della citata direttiva 2006/48/CE (come modificata dalla direttiva 2007/44/CE), in cui è anche previsto che le normative nazionali non possono imporre requisiti più rigorosi al fine dell’autorizzazione prudenziale all’acquisto di partecipazioni rilevanti negli enti creditizi e quindi, tanto più, se di controllo;

b) i citati articoli 1 e 2 della direttiva 83/349/CEE precisano la situazione che determina il rapporto tra impresa "madre"e impresa "figlia" e, dunque, quale sia la situazione definibile di "controllo";

c) desumendosi, in particolare, dall’art. 1, comma 1, lettera a), della direttiva 83/349/CEE che una impresa figlia di una impresa madre non può essere figlia di un’altra impresa madre (per cui Onda in quanto figlia di E. non può esserlo anche di CRSM) e che non può aversi, insieme, un controllo di diritto e di fatto in capo a soggetti diversi, dal momento che la previsione dell’ultimo periodo dell’art. 1, comma 1, della citata esclude che il controllo da influenza dominante, di cui all’art. 1, comma 2, lettera a), della medesima direttiva, possa ricorrere rispetto a un’impresa figlia di altra impresa madre che ne abbia il controllo di diritto;

d) il controllo da influenza dominante, di cui all’art. 1, comma 2, della direttiva, può ricorrere soltanto se non vi sia già un’ipotesi di controllo ai sensi dell’art. 1, comma 1.

Le appellanti chiedono quindi il rinvio pregiudiziale per accertare se, in sintesi, violi la normativa comunitaria, in sé o come interpretata dall’Autorità di vigilanza o dai giudici nazionali, la normativa italiana di cui agli articoli 19 e 23 del Tub, in quanto porti a qualificare come impresa figlia di una società (CRSM) un’altra società (D.), di cui la prima è titolare in via indiretta (tramite SIE) del 29,9% del capitale sociale e, un’altra (Onda), è titolare del 49,99%, essendo questa, a sua volta, controllata di diritto da un’altra società (E.), nel quadro della specifica situazione di finanziamenti e patti parasociali in cui si inserisce l’assetto così descritto.

4.2.2. Per l’esame della questione è necessario richiamare, anzitutto, la normativa comunitaria rilevante ai fini della richiesta di rinvio pregiudiziale, che è la seguente:

– nella direttiva 2006/48/CE (art. 4, in questa parte successivamente non modificato), la nozione di controllo è così definita: "9) "controllo": il legame esistente tra un’impresa madre e una filiazione previsto all’articolo 1 della direttiva 83/349/CEE o una relazione della stessa natura tra una persona fisica o giuridica e un’impresa;… 12) "impresa madre": a) un’impresa madre ai sensi degli articoli 1 e 2 della direttiva 83/349/CEE; oppure b) ai fini degli articoli da 71 a 73 e del titolo V, capo 2, sezione 5 e capo 4, un’impresa madre ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 83/349/CEE, nonché ogni impresa che, a giudizio delle autorità competenti, esercita effettivamente un’influenza dominante su un’altra impresa; 13) "filiazione": a) un’impresa figlia ai sensi degli articoli 1 e 2 della direttiva 83/349/CEE; oppure b) ai fini degli articoli da 71 a 73 e del titolo V, capo 2, sezione 5 e capo 4, un’impresa figlia ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 83/349/CEE, nonché ogni impresa su cui un’impresa madre esercita effettivamente, secondo le autorità competenti, un’influenza dominante. Ogni filiazione di un’impresa figlia è parimenti considerata come filiazione dell’impresa madre che è alla testa di tali imprese";

– l’art. 1 della direttiva 83/349/CEE, il quale all’art. 1, paragrafo 1, dispone che "Gli Stati membri impongono ad ogni impresa soggetta al loro diritto nazionale l’obbligo di redigere conti consolidati ed una relazione consolidata sulla gestione, quando tale impresa (impresa madre): a) ha la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’impresa (impresa figlia) ovvero b) ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza di un’impresa (impresa figlia) ed è allo stesso tempo azionista o socio di tale impresa; ovvero c) ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’impresa (impresa figlia), di cui è azionista o socio in virtù di un contratto stipulato con tale impresa o di una clausola dello statuto di questa, quando il diritto da cui è regolata l’impresa figlia permette che la stessa sia soggetta a tali contratti o clausole statuarie; gli Stati membri possono non prescrivere che l’impresa madre sia azionista o socio dell’impresa figlia. Gli Stati membri il cui diritto non prevede tale contratto o tale clausola statutaria non sono tenuti ad applicare questa disposizione", mentre al paragrafo 2 dispone che "Oltre ai casi di cui al paragrafo 1 e fino ad ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono imporre ad ogni impresa soggetta al loro diritto nazionale l’obbligo di redigere conti consolidati e una relazione consolidata sulla gestione se questa impresa (impresa madre) ha una partecipazione ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 78/660/CEE in un’altra impresa (impresa figlia), e: a) se essa esercita effettivamente sull’impresa figlia un’influenza dominante, ovvero…".

Da questa normativa si evince che, nell’art. 4 della direttiva 2006/48/CE, la nozione di controllo è anche individuata nella situazione in cui tra due imprese "a giudizio delle autorità competenti" si realizza l’esercizio di una "influenza dominante" della prima (perciò "madre") sulla seconda (perciò "figlia"), essendo ivi espressamente prevista tale fattispecie di "controllo" come ulteriore rispetto a quella configurata ai sensi degli articoli 1 e 2 della direttiva 83/349/CEE.

Il Collegio è consapevole che le disposizioni sulle definizioni, come è quella citata (peraltro richiamata in parte qua dagli appellanti a sostegno della propria tesi), possono avere una portata normativa recessiva se in contrasto con gli enunciati normativi specifici.

Le medesime definizioni però in ogni caso assumono una essenziale valenza chiarificatrice delle specifiche disposizioni in materia, se tra queste e le definizioni vi è coerenza, come è nel caso di specie, dal momento che gli articoli 19 e 19 bis della medesima direttiva 2006/48/CE (come modificata dalla direttiva 2007/44/CE), nel disciplinare la valutazione dei progetti di acquisizione, non si contrappongono al quadro concettuale in cui si colloca la nozione di controllo sopra indicata, prevedendosi, anzi, nel comma 1 dell’art. 19, oltre la misura delle quote di "soglia" della "partecipazione qualificata", che questa è tale se l’ente creditizio oggetto dell’acquisizione divenga "impresa figlia" e, nel comma 1 dell’art. 19bis, che, nell’esame del progetto di acquisizione, si deve tenere conto "della probabile influenza" del candidato acquirente sull’ente creditizio.

A sua volta, la nozione di "influenza dominante" è prevista nella direttiva 83/349/CEE; né è condivisibile che in tale normativa la nozione non abbia valenza anche in quanto tale, poiché ai sensi dell’art. 1, paragrafo 2, sopra riportato, l’obbligo di conto consolidato può essere imposto in presenza di una partecipazione, da parte di una impresa "madre", al capitale di un’impresa "figlia" oltre il 20% (essendo tale la nozione di "partecipazione" ai sensi dell’art. 17 della direttiva 78/660/CEE ivi citata) e sussista una "influenza dominante" della prima sulla seconda, in quanto "effettivamente esercitata".

Da questo quadro emerge, ad avviso del Collegio, la rilevanza che è data nella normativa comunitaria alla situazione di "influenza dominante" ed alla sua significatività in quanto tale, per l’identificazione di una situazione di controllo, evidentemente se fondata su attendibili indici sintomatici al di là delle posizioni formalmente rivestite da un’impresa rispetto ad un’altra.

Nell’art. 23 del Tub, infine, la nozione di controllo è stata individuata, con testo rimasto nel tempo senza modifiche determinanti "anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile e in presenza di contratti o di clausole statutarie che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l’attività di direzione e coordinamento" (comma 1), nonché "nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra una delle seguenti situazioni:… c) l’attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute… 4. assoggettamento a direzione comune, in base alla composizione degli organi amministrativi o per altri concordanti elementi" (comma 2).

Nei provvedimenti impugnati, la Banca d’Italia ha ritenuto sussistente la situazione di controllo di CRSM su D., in quanto le relazioni individuate, "complessivamente considerate, costituiscono un insieme di elementi univocamente sintomatici della determinante influenza della cassa sammarinese sul gruppo bancario" (atto di revoca pag. 4), cioè a dire che si giunge alla identificazione di una situazione di controllo attraverso l’indice dell’influenza dominante, non essendo diversa da questa, peraltro, la fattispecie della influenza determinante. Ciò che, a sua volta, emerge dalla provata attribuzione a CRSM di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute e, in ogni caso, per l’assoggettamento a direzione comune in base ad altri concordanti elementi, quali specificamente individuati e più sopra esaminati, ulteriori rispetto a quelli relativi alla composizione degli organi amministrativi.

Non risulta perciò violato il parametro normativo comunitario, in quanto risulta non immotivatamente riscontrato, nella specie, l’esercizio di una influenza dominante, che è una configurazione rientrante a sua volta nell’ipotesi del controllo come individuabile ai sensi della detta normativa.

4.3. Ciò rilevato, il Collegio ritiene che non sussista la necessità di procedere al richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art,. 267 del TFUE, trattandosi di un caso in cui la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con evidenza tale da non dare adito a nessun ragionevole dubbio interpretativo sulla soluzione da dare alla questione sollevata (Corte Giust. CE, 6 ottobre 1982, in C 283/81, Cilfit; Cons. Stato, Sez. VI, 24 marzo 2011, n. 1810; Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 896).

5. Per quanto considerato gli appelli sono infondati e devono essere perciò respinti.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono come di regola la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), riuniti gli appelli in epigrafe n. 8865 e 8866 del 2010, li respinge.

Condanna la S.p.a. S. I. E. al pagamento delle spese delle presente grado del giudizio a favore della Banca d’Italia, che liquida in euro 7.000,00 (settemila/00).

Condanna la S.p.a. Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino al pagamento delle spese delle presente grado del giudizio a favore della Banca d’Italia, che liquida in euro 7.000,00 (settemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *