Cass. pen., sez. VI 19-03-2007 (13-03-2007), n. 11598 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Requisiti – Doppia punibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano disponeva la consegna all’autorità giudiziaria della Repubblica Federale di Germania, di S.I., cittadino macedone, colpito da mandato di arresto Europeo emesso in data 19 luglio 2006 dalla Pretura di Amberg, in quanto accusato dei reati di lesioni colpose, allontanamento illecito dal luogo dell’incidente e tentato omicidio.
Trattandosi di soggetto residente in Italia, la Corte di appello subordinava la consegna alla condizione che il medesimo, dopo essere stato ascoltato, fosse rinviato in Italia per la esecuzione della pena detentiva eventualmente inflitta.
La Corte di appello riteneva che ricorressero i presupposti per l’accoglimento della richiesta, dato che i reati per i quali era richiesta la consegna, puniti con pena detentiva fino a quindici anni di reclusione, erano previsti come reato dalla legge italiana, che il MAE indicava con precisione gli elementi indiziari, desunti dalle indagini di polizia e dalle perizie, e che non ricorrevano ragioni ostative alla consegna L. n. 69 del 2005, ex art. 18.
Ricorre per cassazione lo S., a mezzo del difensore, avv. Angelo Schena, il quale deduce:
1. Insussistenza del requisito della doppia incriminabilità, di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 1, con riferimento alla ipotesi di "tentato omicidio colposo per omissione", non contemplata dall’ordinamento italiano, che è la sola che deve ritenersi oggetto del mandato di arresto, ove si parla di "un reato". Inoltre nello stesso mandato di arresto non è specificata quale sia la pena prevista per il tentativo, dato che l’autorità tedesca ha fatto riferimento al solo art. 212 comma 1 cod. pen. tedesco, che si riferisce alla ipotesi consumata.
2. Insussistenza del requisito della punibilità con una pena detentiva non inferiore ai dodici mesi con riferimento alle due residue ipotesi criminose (lesioni personali colpose e allontanamento illecito dal luogo dell’incidente), le quali sono punite nell’ordinamento tedesco con una pena detentiva alternativa a una pena pecuniaria; ed essendo da supporre che, trattandosi di un incensurato, allo S., in caso di condanna, sarebbe applicata la pena pecuniaria.
3. Inoltre nel mandato di arresto non è indicata alcuna prova circa le modalità del fatto e non sono chiariti i presupposti cautelari, dato che il ravvisato pericolo di fuga si fonda su uno stato di latitanza smentito dalla realtà dei fatti, essendo lo S. regolarmente residente in Italia dal 2003, ove è occupato lavorativamente ed essendo egli stato compiutamente identificato dalla polizia tedesca pochi giorni dopo il fatto; sicché non vi è alcuna ragione per la quale il procedimento a suo carico non possa essere celebrato a piede libero.
DIRITTO
1. Il ricorso appare infondato.
2. Con riferimento alla ipotesi del reato rubricato dalla autorità giudiziaria dello Stato emittente come "tentato omicidio colposo", di cui si contesta la punibilità nell’ordinamento italiano, va rilevato che tale fattispecie, per come concretamente descritta sia nel MAE sia nel mandato di cattura originario, emesso in data 10 luglio 2006 dal Giudice della Pretura di Amberg, si riferisce alla condotta di chi dopo essere stato coinvolto in un incidente stradale a seguito del quale una persona abbia subito lesioni personali di tale gravità da rendere prospettabile il pericolo di morte, si sia allontanato dal luogo del sinistro, non prestando soccorso alla persona ferita.
Una simile condotta è corrispondente, sia pure con diversità strutturali che comunque non rivestono carattere essenziale, a quella prevista dall’art. 189 C.d.S., comma 7, relativa alla condotta di chi non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite a seguito di incidente stradale ricollegabile al suo comportamento. Appare irrilevante, data comunque la incriminabilità anche nell’ordinamento italiano di una simile condotta, che quello tedesco si riferisca specificamente alla ipotesi in cui le lesioni riportate dalla vittima mettano a repentaglio la sua vita.
Deve infatti ribadirsi il principio, più volte espresso da questa Corte, sia pure con riferimento alla materia estradizionale, secondo cui, per soddisfare il requisito della doppia incriminabilità, non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell’ordinamento italiano, ma è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (ex plurimis, Sez. VI, C.C. 1 ottobre 2003, Buda; Sez. I, C.C. 14 settembre 1995, Aramini).
E’ solo il caso di aggiungere che la ulteriore ipotesi di reato di allontanamento illecito dal luogo dell’incidente ravvisata dall’autorità tedesca non si sovrappone a quella ora descritta, dato che essa riceve specifica considerazione anche da altra norma del nostro ordinamento, e specificamente dall’art. 189 C.d.S., comma 6.
Non avendo l’autorità tedesca specificato se vi sia una distinta pena, nella fattispecie dedotta, per il reato tentato, deve ritenersi che per essa sia applicabile quella, di almeno cinque anni di reclusione, prevista dalla fattispecie base; ed era onere del ricorrente di provare il contrario, a fronte di un contenuto del MAE che non faceva distinzione, quanto a pena irrogabile, tra reato consumato e reato tentato.
3. Presupposto della consegna, in base alla L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 3, è che il reato ravvisato dall’autorità dello Stato emittente sia punibile in astratto con una pena detentiva non inferiore a dodici mesi, non rilevando che la pena detentiva sia stabilita in alternativa a una pena pecuniaria concretamente irrogabile all’esito del giudizio.
4. Nel mandato di cattura allegato al MAE sono specificamente indicati gli indizi di colpevolezza (indagini di polizia fondate su quanto riferito da testimoni oculari e su perizie) e tanto basta a fare ritenere soddisfatto il requisito previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 18 comma 1, lett. t). Infatti, gli accennati elementi sono ampiamente idonei a sorreggere la richiesta di consegna, alla stregua dei consolidati principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità. L’autorità giudiziaria italiana, ai fini della "riconoscibilità" del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve infatti limitarsi "a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna", giacché "il presupposto della "motivazione" del mandato di arresto cui è subordinato l’accoglimento della domanda i di consegna (L. n. 69 del 2005, art. 1, comma 3, e art. 18, comma 1, lett. t), non può essere strettamente parametrato alla nozione ricavabile dalla tradizione giuridica italiana (esposizione logico-argomentativa del significato e delle implicazioni del materiale probatorio)". Occorre dunque rilevare soltanto che "l’autorità giudiziaria di emissione dia ragione del mandato di arresto, il che può realizzarsi", come è nella specie, "anche attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui si chiede la consegna", realizzandosi in ciò il "controllo sufficiente" demandato all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione dal Considerando n. 8 della decisione-quadro (in questi termini, Cass., sez. VI, C.C. 23 settembre 2005, Ilie Petre, seguita da molte altre decisioni conformi, tra cui Sez. un., C.C. 30 gennaio 2007, Ramoci).
Nessuna specifica previsione della L. n. 69 del 2005 richiede che nel MAE o nel provvedimento cautelare su cui il MAE si fonda siano indicate le esigenze cautelari. Queste comunque sono state adeguatamente rappresentate nel mandato di cattura, che evidenzia la sussistenza del pericolo di fuga desumibile dalla intervenuta latitanza dell’imputato.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado, posto che la previsione secondo cui le spese sostenute nel territorio nazionale per l’esecuzione di un mandato di arresto Europeo sono a carico dello Stato italiano (L. n. 69 del 2005, art. 37) non riguarda il regime delle impugnazioni, retto, per ciò che concerne il ricorso per cassazione, dall’art. 616 c.p.p. 6. La Cancelleria provvedere alla comunicazione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Riserva il deposito della decisione.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

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