Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 01-08-2011, n. 30375 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.L. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Napoli accoglieva l’appello del PM ed applicava al ricorrente la misura degli arresti domiciliari per i reati di violenza sessuale e calunnia. La vicenda processuale si appalesa piuttosto articolata nello sviluppo. M.L. risulta arrestato, infatti, in flagranza di reato per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. a seguito di querela presentata dalla persona offesa. Nell’udienza di convalida dell’arresto il gip, accoglieva la richiesta del pubblico ministero ed applicava la misura cautelare dell’obbligo di firma, pur rilevando che la stessa non appariva proporzionata ai fatti ed era inadeguata a salvaguardare le esigenze di tutela della collettività.

In sede di riesame veniva disposta la revoca della misura sull’assunto che l’obbligo di firma non poteva essere ritenuto assolutamente idoneo a tutelare la collettività e proporzionato ai fatti.

Il pubblico ministero formulava nuova richiesta di misura cautelare degli arresti domiciliari sulla base del contenuto dell’interrogatorio di garanzia, contestando anche il delitto di calunnia.

Il gip del tribunale di Benevento rigettava la richiesta di applicazione della misura coercitiva degli arresti domiciliari ritenendo necessaria la più grave misura della custodia cautelare in carcere.

Avverso tale decisione il PM proponeva appello deducendo l’erroneità del provvedimento impugnato avendo il gip riconosciuto la insussistenza dell’attenuante di cui all’art. 609 bis, comma 3, ritenendo la misura inadeguata. Il pm si duole inoltre della omessa valutazione da parte del gip della esistenza della gravità indiziaria in ordine al delitto di cui all’art. 368 c.p..

Il tribunale accoglieva l’appello del PM applicando al M. la misura degli arresti domiciliari rilevando in premessa che lo sviluppo processuale rendeva assolutamente ultroneo soffermarsi ancora sulla sussistenza della gravità indiziaria in ordine al delitto di cui all’art. 609 bis c.p. e ritenendo la sussistenza degli indizi di cui per il reato di cui all’art. 368 c.p.. Quanto alle esigenze cautelari in tribunale, citando la decisione della corte costituzionale n. 265 del 2010, riteneva adeguata al soddisfacimento delle esigenze cautelari la misura degli arresti domiciliari.

Deduce in questa sede il ricorrente.

1) La nullità dell’ordinanza in relazione al disposto degli artt. 275 e 299 c.p.p.. Si fa presente al riguardo che gli elementi posti alla base della richiesta della misura coercitiva non possono essere considerati nuovi in quanto già emersi nell’interrogatorio di garanzia e, pertanto, che il pubblico ministero bene avrebbe potuto contestarli in sede di udienza ex art. 309 c.p.p.. Si contesta inoltre la proporzionalità della misura non ritenendosi possibile richiedere la misura dell’obbligo di firma per la violenza sessuale e successivamente quella degli arresti domiciliari per il reato di calunnia, peraltro da dimostrare.

2) nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 274 c.p.p., lett. c) mancando la motivazione circa la concretezza del pericolo di reiterazione del reato. Si fa rilevare inoltre come la motivazione dell’ordinanza non soddisfa il dettato dall’art. 292 c.p.p. che impone l’indicazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta e che non è sufficiente la gravità indiziaria a ritenere concreto il pericolo di reiterazione del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

In ordine al primo motivo il ragionamento seguito dal ricorrente sembra articolato sulla premessa dell’esistenza di un giudicato cautelare quantomeno in ordine al reato di violenza sessuale per il quale era stata originariamente richiesto – ed applicato – solo l’obbligo di presentazione alla PG. In realtà tale premessa non può essere condivisa anzitutto perchè la successiva richiesta riguarda anche altro reato – la calunnia – ed, inoltre, in quanto, anche con riferimento alla violenza sessuale, non vi sono elementi per ritenere che tutti gli aspetti indicati per la nuova richiesta fossero stati in precedenza esaminati.

E’ noto, infatti, che il cosiddetto giudicato cautelare non si estende a tutte le questioni deducibili, bensì esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise (Sez. 6, n. 32018 del 25/06/2003 Rv. 226265).

Nè in questa sede può essere sollecitata alcuna valutazione di merito sulle esigenze cautelari connesse al reato di calunnia o alla sufficienza del quadro indiziario di riferimento.

Quanto al secondo motivo con cui si denuncia la carenza di motivazione in relazione al ritenuto pericolo di reiterazione criminosa deducendo, tra l’altro, che lo stesso è stato desunto dalla sola dinamica dei fatti si rileva esservi in proposito motivazione adeguata e corretta.

La stessa fa leva, infatti, sulle modalità dell’azione e sulla pervicacia ad agire del ricorrente logicamente ritenute sintomatiche di elevata aggressività e sui precedenti penali considerati ancora una volta correttamente indicativi della capacità di reiterazione di condotte criminose.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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