Cass. pen., sez. VI 15-03-2007 (05-03-2007), n. 11287 Avviso della possibilità di richiedere giudizio abbreviato o applicazione della pena su richiesta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

FATTO E DIRITTO
1. D.V.G. ricorre contro la sentenza 19 aprile 2005 con la quale la Corte di appello di Napoli confermava la decisione 9 ottobre 2004 del locale Tribunale che, a seguito di giudizio direttissimo, aveva condannato il ricorrente alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di evasione.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 451 c.p.p. e conseguente nullità di tutti gli atti conseguenti per avere il Tribunale omesso di dare avviso all’imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p..
Con il secondo motivo lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione quanto al diniego dell’esimente di cui all’art. 54 c.p. e delle attenuanti generiche.
Il ricorso è infondato.
2. Questa Corte ha avuto occasione di statuire che la norma dell’art. 451 c.p.p., comma 5, la quale prescrive che l’imputato contro il quale si procede con giudizio direttissimo debba essere avvertito della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, è priva di sanzione e che l’inosservanza non determina alcuna nullità processuale potendo solo eventualmente assumere rilevanza ai fini di una responsabilità disciplinare secondo quanto previsto dall’art. 124 c.p.p. (Sez. 6, 10 gennaio 1995, Jovini).
Vero è che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 148 del 2004, nel dichiarare non fondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., "nei sensi di cui in motivazione", la questione di legittimità dell’art. 456 c.p.p., nella parte in cui non prevede la nullità del decreto che ha disposto il giudizio immediato nel caso di mancanza, insufficienza o inesattezza dell’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena, ha ribadito che la richiesta di riti alternativi costituisce una modalità di esercizio del diritto di difesa (sentenze n. 497 del 1995, n. 76, n. 101 e n. 214 del 1993, n. 265 del 1994, n. 70 del 1996, tutte nel senso che sarebbe lesivo del diritto di difesa precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali per un errore a lui non imputabile; da ultimo, nella sentenza n. 120 del 2002, proprio in relazione al termine per presentare richiesta di giudizio abbreviato dopo la notificazione del decreto di giudizio immediato, la Corte ha puntualizzato che il diritto di difesa va qui inteso come possibilità di ricorrere anche all’assistenza tecnica del difensore, stabilendo che il termine deve decorrere dall’ultima notificazione, all’imputato o al difensore, del decreto ovvero dell’avviso della data fissata per il giudizio immediato), ha precisato che l’effettivo esercizio della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una delle più incisive forme di "intervento" dell’imputato, cioè di partecipazione "attiva" alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni illegittima menomazione di tale facoltà, risolvendosi nella violazione del diritto sancito dall’art. 24 Cost., comma 2, integra la nullità di ordine generale sanzionata dall’art. 178 c.p.p., comma 1, lettera c); è altrettanto vero però che la presenza del difensore vale a consentire la piena cognizione delle ragioni che possono determinare la scelta tecnica prevista dalla legge.
3. L’assenza di specificità e la manifesta infondatezza che caratterizzano gli ulteriori motivi impongono il rigetto del ricorso con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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