Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 01-08-2011, n. 30373 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Roma confermava l’ordinanza della custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 81 cpv e 609 quater cod. pen. per atti sessuali in danno di minore degli anni dieci, consistiti tra l’altro nell’infilargli un dito nell’ano mentre si masturbava, protrattisi dal 2006 al settembre 2010.

Deduce in questa sede il ricorrente:

1) mancanza di motivazione circa la mancanza di riscontri esterni;

contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione;

travisamento della prova con riferimento alle risultanze delle consulenze e mediche che hanno escluso l’esistenza di sintomi da stress post-traumatico;

2) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alle censure formulate, anche tramite consulenza della difese, avverso la consulenza disposta dal P.M., sia per non essersi proceduto con le forme dell’incidente probatorio, sia per essere avvenuto il primo incontro del minore senza l’ausilio di esperto in materia minorile; sia per il carattere suggestivo delle domande, nonchè in generale per la inosservanza delle prescrizioni della Carta di Noto.

3) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’omessa valutazione delle risultanze delle indagini difensive dalle quali era emerso che il padre adoperava un linguaggio scurrile alla presenza del figlio, il carattere autoritario della madre nei confronti del bambino e si ipotizza un interesse di tipo risarcitorio legato alla precarietà delle condizioni economiche della famiglia della parte lesa.

Con memoria depositata il 31.5.2011 la difesa del ricorrente ha allegato la perizia disposta, nelle more, in sede di incidente, che ha concluso per la incapacità di testimoniare del minore e la sua inattendibilità. A seguito di detta perizia è stata disposta la revoca della misura custodiale, ma il provvedimento è stato appellato dal P.M.. Il ricorrente, personalmente, ha dichiarato espressamente che intende insistere nel ricorso anche ai fini indennitari e stante l’appello avverso la revoca della misura. Con successiva memoria depositata il 14.6.2011 è stato prodotto l’esame del perito davanti al G.I.P. per inferirne la fondatezza delle doglianze del ricorrente.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Occorre anzitutto rilevare come la decisione del tribunale del riesame sia congruamente motivata sulle ragioni della ritenuta attendibilità delle dichiarazioni del minore di cui si focalizza come elemento centrale l’attività di ascolto svoltasi nell’ambito della consulenza tecnica disposta il 27 ottobre 2010, nonchè dal racconto dei genitori tra i quali è stato sottolineato come non si sia verificato alcun "contagio dichiarativo".

Il tribunale si fa inoltre correttamente carico di esaminare tutti i rilievi specificamente dedotti con il secondo ed il terzo motivo verificando anche, tra l’altro, il comportamento dei genitori stessi ed indicando le ragioni per le quali non ha ritenuto decisivi gli elementi scaturiti dalle indagini difensive.

Insistere su una diversa valutazione degli elementi in atti, sulla suggestività delle domande formulate, o sulla omessa valutazione dell’assenza di elementi sintomatici da trauma nel bambino, implica una richiesta di riesame del merito inammissibile in questa sede.

Quanto al ricorso all’incidente probatorio, peraltro auspicato dallo stesso tribunale, va detto che non vi è alcun obbligo al fine della valutazione giudiziale delle dichiarazioni accusatorie rese dalle vittime degli abusi, per il pubblico ministero di affidare la cosiddetta consulenza personologica nelle forme dell’art. 360 cod. proc. pen. ovvero di richiedere al G.i.p. l’incidente probatorio, essendo ammissibile il ricorso alla procedura non garantita prevista dall’art. 359 cod. proc. pen., (Sez. 3, n. 37147 del 18/09/2007 Rv.

237554), salve ovviamente le conseguenze circa l’utilizzabilità dell’atto in sede dibattimentale.

Peraltro, sebbene si sia fatto luogo ad accertamento in forma non garantita, risulta comunque effettuata la videoregistrazione – anche se in questa sede se ne contesta l’integralità – il che comunque ha assicurato ai difensori la possibilità di controllo dell’operato del consulente.

Le asserite violazioni della Carta di Noto riguardano a ben vedere la scelta stessa del PM di procedere nelle forme dell’art. 359 c.p.p. e, dunque, rimangono assorbite da quanto detto in precedenza.

Tutto quanto avvenuto oltre l’udienza di discussione dinanzi al riesame non può essere, invece, oggetto di valutazione in questa sede.

In questo senso si richiamano i costanti pronunciamenti di questa Corte secondo cui l’ambito conoscitivo del giudice del riesame è circoscritto alla valutazione delle acquisizioni coeve all’emissione dell’ordinanza coercitiva, delle sopravvenienze favorevoli all’indagato ( art. 309 c.p.p., comma 5) e degli ulteriori elementi "addotti dalle parti nel corso dell’udienza" ( art. 309 c.p.p., comma 9), anche se non presentati al giudice che emise la misura: eventuali acquisizioni successive rispetto al momento della chiusura della discussione dinanzi al collegio non assumono alcun rilievo nell’ambito del successivo giudizio di legittimità, e possono essere fatte valere soltanto con la richiesta di revoca o modifica della misura al giudice competente. (Sez. 1, n. 34616 del 13/07/2007 Rv.

237764).

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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