Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-12-2011, n. 28351 Servitù coattive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza N. 131 del 2000 il Tribunale di Viterbo, in accoglimento della domanda proposta da C.M., D. C. e D.G. nei confronti di J.S., condannava quest’ultima all’eliminazione di una veduta aperta dalla convenuta attraverso la costruzione di un parapetto sul lato del terrazzo, prospiciente il fondo delle attrici, che era stato sopraelevato.

Con sentenza dep. 6 aprile 2005 la Corte di appello di Roma rigettava l’impugnazione principale proposta dalla convenuta nonchè quella incidentale spiegata dalla attrici relativamente alla compensazione delle spese processuali.

Per quel che ancora interessa, i Giudici, nel ritenere illegittima l’apertura della veduta, escludevano, come invece sostenuto dalla convenuta, la preesistenza di un parapetto dell’asserita altezza di 90 cm.: a tale convincimento pervenivano in base all’esame della documentazione fotografica in atti che aveva trovato conferma in quanto riferito dal teste Ro. che aveva redatto gli elaborati grafici per ottenere la concessione della sopraelevazione del terrazzo, elaborati in cui non era riportata la presenza di alcun parapetto ma di colonnine, mentre erano disattese le deposizioni rese dai testi Bo. e Pa.. La statuizione di compensazione delle spese di primo grado era confermata sul rilievo che era stata la stessa convenuta a offrire la prova documentale dell’inesistenza della servitù. 2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione J. S. sulla base di un unico motivo illustrato da memoria.

Resistono con controricorso le intimate, proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo. La ricorrente ha proposto controricorso al ricorso incidentale.

Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. 1.1. Con l’unico motivo la ricorrente, lamentando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 900 cod. civ. e art. 115 c.p.c., comma 2 nonchè omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, denuncia l’erronea valutazione della documentazione fotografica con la quale la convenuta non aveva inteso sostenere che il parapetto di cui era stata da controparte affermata l’inesistenza prima dei lavori di restauro cingesse tutti i quattro lati del terrazzo ma che fosse situato soltanto sul lato prospiciente il terreno delle attrici: orbene tenuto conto dell’angolazione della ripresa fotografica, sul lato sinistro del documento fotografico, che era quello prospiciente il fondo di controparte, era ravvisabile un parapetto in muratura visibile solo parzialmente per ragioni di prospettiva. L’errore di giudizio in questione, inficiando il ragionamento dei Giudici, aveva comportato che fossero da considerare prive di alcun fondamento anche i rilievi della sentenza circa la non attendibilità delle deposizioni Pa. e Bo. così come erronee si erano rivelati i giudizi su quanto dichiarato dal teste Ro., mentre del resto anche la sola presenza delle colonne riferite dal predetto avrebbe consentito di ritenere la esistenza di una servitù di veduta.

1.2. Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata, nell’escludere la preesistenza del parapetto e quindi della servitù di veduta, ha considerato non solo quanto emerso dall’esame della documentazione fotografica in atti circa lo stato dei luoghi ma ha tenuto conto anche di quanto riferito dal teste Ro., evidenziando – con motivazione immune da vizi logici o giuridici – che la presenza del parapetto non era stata indicata negli elaborati grafici dal medesimo redatti per ottenere la concessione della sopraelevazione, pur avendo il predetto dovuto procedere alla descrizione dei luoghi e avendo rilevato la presenza delle colonnine. In realtà, la doglianza, pur facendo riferimento a violazioni di legge e a vizi di motivazione, da cui la sentenza è immune, si risolve nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, sollecitando – attraverso la verifica di quanto in realtà sarebbe emerso da un esame corretto della documentazione fotografica un inammissibile (in sede di legittimità) riesame del merito che è evidentemente oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, formulando la ricorrente una valutazione del materiale probatorio difforme da quella accolta in sentenza. Ed invero le critiche formulate dai ricorrenti non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter seguito dalla sentenza, in quanto le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto). In caso contrario, infatti, il motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 67394/2010).

Ed invero, la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, la verifica della attendibilità dei testi ovvero della credibilità o meno delle circostanze dai medesimi riferite sono evidentemente riservate al giudice di merito.

D’altra parte, la questione se la presenza delle colonne potesse configurare i presupposti per la servitù, non essendo trattata dalla decisione impugnata, è nuova e, come tale, è inammissibile in sede di legittimità, involgendo accertamenti di fatto: in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sarebbe stato onere della la ricorrente allegare e dimostrare di avere proposto tempestivamente e ritualmente la questione nel giudizio di merito, indicando il relativo atto. Il ricorso principale va rigettato.

RICORSO INCIDENTALE. Va accolto l’unico motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 96 cod. proc. civ. per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia) con il quale è stata censurata la motivazione con cui era stato rigettato l’appello incidentale e confermata la statuizione di compensazione delle spese processuali di primo grado.

Va in proposito ricordato che la compensazione delle spese è un provvedimento che, rimesso alla discrezionalità del giudice, deve essere adeguatamente motivato: l’illogicità o contraddittorietà della motivazione rende il provvedimento illegittimo.

Nella specie, la statuizione adottata dalla Corte di appello è quanto meno illogica, atteso che la compensazione è stata motivata con l’affermazione secondo cui l’inesistenza della servitù – ovverossia la fondatezza della domanda delle attrici – era emersa addirittura dalla stessa documentazione prodotta dalla convenuta che, ciò nonostante, aveva resistito alla domanda.

Al riguardo, è appena il caso di accennare – in riferimento a quanto dedotto con il controricorso al ricorso incidentale – che il giudice di appello, investito con i motivi di gravame della verifica della legittimità o meno del relativo capo di sentenza, deve esaminare il merito della questione, venendosi a trovare nella medesima posizione del giudice di primo grado: pertanto, dovendo esaminare la questione circa la immotivata statuizione delle spese processuali, dedotta con il gravame, la Corte di appello avrebbe dovuto : verificare se sussistevano i presupposti per la compensazione e, ritenendo di confermare la statuizione del Tribunale, dare adeguata motivazione della relativa decisione.

La sentenza va cassata limitatamente e relativamente al ricorso incidentale, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, rigetta quello principale accoglie l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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