T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 02-09-2011, n. 2154 Interesse a ricorrere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso, notificato il 5.10.2009 e depositato il successivo 16.10.2009, l’esponente – proprietario di una villa sita in Località Acquaseria, Via Lario, nel Comune di San Siro – ha impugnato gli atti in epigrafe specificati, deducendone la illegittimità sotto più profili.

In particolare, ciò di cui l’istante si duole, è il pregiudizio arrecato al suo diritto di proprietà dagli interventi di recupero urbanistico realizzati mediante P.I.R., che avrebbero interessato, a partire dagli anni "90, l’area di un ex opificio industriale posta nelle vicinanze della sua villa.

Ciò, in quanto, in forza di tale pianificazione, sarebbero state autorizzate circa 200 nuove unità abitative, con un carico urbanistico destinato a ripercuotersi negativamente nei confronti del ricorrente, la cui abitazione si trova su una delle due strade di accesso all’area oggetto del P.I.R.

Secondo l’esponente, in sostanza, all’aumento del carico urbanistico non avrebbe fatto riscontro una previsione adeguata degli standards urbanistici.

Si è costituito il Comune di San Siro, controdeducendo con separata memoria alla censure avversarie e sollevando, altresì, delle eccezioni pregiudiziali.

In data 07.02.2011 è stato depositato atto di intervento ad opponendum, notificato il 02.02.2011, da parte del sig. J.E.M.S., proprietario di uno dei lotti inclusi nel P.I.R., avente causa dalla soc. controinteressata.

Il 17.2.2011 la ricorrente ha depositato atto di motivi aggiunti senza la prova dell’eseguita notifica.

In data 08.03.2011 la ricorrente ha depositato i medesimi motivi aggiunti, con la prova della presentazione per la notifica il 03.03.2011.

Con essi, l’impugnazione è stata estesa alla deliberazione del C.C. n. 39, dell’11.11.2008, concernente l’esame e l’approvazione dello schema di integrazione della convenzione n. 6 del 21.3.2006, poi sfociato nel nuovo accordo del 27.11.2008, recante la proroga al 30.5.2009 del termine per l’attuazione del PIR.

Con memoria del 9.5.2011, il Comune ha controdedotto ai motivi aggiunti, sollevando anche per essi delle eccezioni pregiudiziali.

Ha resistito con memoria del 9.5.2011 la difesa ricorrente.

Il 19 maggio 2011 sia la ricorrente che il Comune hanno depositato memorie di replica.

Alla Pubblica udienza del 9 giugno 2011 la causa, dopo la discussione delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Per la migliore comprensione delle questioni sottese all’odierno gravame, è utile ripercorrere brevemente le vicende che hanno riguardato l’area oggetto di P.I.R. (Piano integrato di recupero) qui in contestazione.

A venire in rilievo è, in primo luogo, la delibera di Giunta regionale n. 62477 del 30.12.1994, di approvazione, ai sensi della L.R. Lombardia n. 23/1990, del P.I.R. "Località Acquaseria", concernente l’area di che trattasi.

In attuazione di detto P.I.R., in data 15.03.1995, è stata stipulata tra il Comune di S. Abbondio (poi confluito nel Comune di S. Siro) e la soc. Estate srl, la Convenzione attuativa, con conseguente, successivo rilascio delle concessioni edilizie necessarie al predetto intervento.

Indi, con sentenza del Tribunale di Como del 17.04.1997, è stato dichiarato il fallimento della soc. Estate, il cui curatore ha, poi, richiesto e ottenuto dal Comune la proroga della Convenzione.

In seguito, la proprietà dell’area interessata dal P.I.R. è stata acquistata dalla soc. I. s.r.l. (da ora anche solo la società) che, con provvedimento del 09.05.2001, ha ottenuto la voltura delle concessioni.

Sennonché, il 14.03.2005, alla scadenza del termine decennale di validità della convenzione, i lavori non sarebbero stati terminati e, per fronteggiare la situazione, in data 21.03.2006 il Comune e la società avrebbero sottoscritto una nuova convenzione, denominandola "Accordo ai sensi dell’art. 11 della legge 241/1990, regolante i rapporti tra il Comune di San Siro e la Società I. S.r.l.,… relativo all’attuazione del P.I.R. denominato Loc. Acquaseria approvato dalla Regione Lombardia con deliberazione della Giunta regionale n. V/62477 del 30.12.1994".

Con tale accordo sarebbe stato fissato un nuovo termine per la conclusione dei lavori, al 31.12.2006.

Poiché anche tale ultimo termine, tuttavia, non veniva rispettato, le parti avrebbero redatto un nuovo accordo per la disciplina dei loro rispettivi rapporti, pervenendo alla Convenzione del 27.11.2008, avente l’oggetto in epigrafe meglio specificato.

Con essa, secondo quanto riferito dal ricorrente, che ne avrebbe avuto notizia attraverso la nota comunale del 20.06.2009, il Comune avrebbe concesso una nuova proroga del termine, sino alla data del 30.05.2009, per adempiere alle obbligazioni assunte in convenzione.

Contro tale proroga, così come contro la precedente proroga del 2006, sarebbe rivolto l’odierno gravame, affidato a tre motivi, con cui si deduce la illegittimità delle suindicate convenzioni per violazione di legge ed eccesso di potere sotto più profili.

In sostanza, l’esponente lamenta il difetto dei presupposti per le proroghe come sopra convenute, in conseguenza della scadenza del P.I.R. del 1994 e della convenzione attuativa del 15.3.1995 e, quindi, la nullità delle convenzioni per mancanza di causa.

Viene, altresì, rilevata la violazione dell’art. 11 della legge 241/1990, nonché la violazione della norme sulla forma e sulla competenza in materia di pianificazione urbanistica, poiché mediante una convenzione sarebbero state introdotte modifiche di carattere urbanistico.

Stando alla tesi ricorrente, alla scadenza del P.I.R. il Comune avrebbe dovuto riappropriarsi del proprio potere – dovere di pianificazione, valutando l’opportunità di predisporre un nuovo strumento urbanistico, per porre rimedio alla sproporzione del carico urbanistico provocato dalla precedente pianificazione, per l’assenza di un’adeguata dotazione di standards a parcheggio.

La difesa comunale e quella interveniente hanno eccepito la inammissibilità del gravame sotto più profili, oltre alla sua irricevibilità per tardività.

In particolare, esse ritengono inammissibile l’impugnazione rivolta contro la nota del comune del 26.06.2009, trattandosi di comunicazione priva di contenuto provvedimentale.

Quanto, poi, all’impugnazione rivolta alle convenzioni del 2006 e del 2008, la stessa sarebbe ugualmente inammissibile, derivando l’assetto dei rapporti ivi disciplinati, non già, dalle convenzioni stesse, ma dalle delibere che le hanno precedute, rimaste inoppugnate.

In particolare, la convenzione n. 6 del 21.3.2006, sarebbe stata preceduta dalle delibere di Giunta nn. 7 e 29, entrambe pubblicate nel 2006 all’Albo Pretorio e divenute inoppugnabili per decorso del termine utile d’impugnazione.

Analoga sorte avrebbe seguito la delibera del C.C. n. 39 dell’11.11.2008, di approvazione dello schema della convenzione n.22 del 27.11.2008, pubblicata all’Albo pretorio a decorrere dal 22.11.2008.

In ultima analisi, le suindicate difese osservano come, l’assetto urbanistico dell’area de qua, sarebbe stato deciso dal P.I.R. di cui alla delibera G.R.L. 5/62447 del 30.12.1994, pubblicata sul BURL del 6.03.1995 e, dunque, ormai inoppugnabile, e non dalle convenzioni attuative successive, che avrebbero regolamentato soltanto l’adempimento delle obbligazioni da parte della società lottizzante.

Il Comune eccepisce, infine, anche un profilo di inammissibilità del ricorso per difetto di notifica a controinteressato necessario, da individuare nella Regione Lombardia, in veste di soggetto che ha approvato il P.I.R.

Devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalle parti resistente e controinteressata (cfr. da ultimo, sul dovere del giudice di decidere gradualmente la controversia, secondo l’ordine logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito, e fra le prime la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione: Consiglio Stato, Ad. Plen., 07 aprile 2011, n. 4).

Orbene, il Collegio ritiene, in primo luogo, fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in relazione all’impugnazione rivolta contro la nota del 20.06.2009, priva di carattere provvedimentale.

In tal senso, va chiarito come detta nota presenti un contenuto meramente riepilogativo della situazione urbanistica dell’area, senza apportarvi alcuna novità. Anche la valutazione espressa dal responsabile dell’Ufficio tecnico in ordine all’incidenza sul termine prorogato delle "molte giornate di cattivo tempo", per cui "si ritiene che i giorni di mancato lavoro in cantiere, non essendo imputabili alla volontà del soggetto attuatore del P.I.R. debbano essere recuperati" non assume valore dispositivo, ma meramente interpretativo della disciplina posta dalle Convenzioni del 2006 e 2008, disciplinanti i rapporti tra la società e il Comune.

Passando ad esaminare la restante parte dell’impugnazione, il Collegio non può che apprezzare favorevolmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse con riguardo alle due convenzioni oggetto d’impugnazione, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, in quanto le due convenzioni si sostanziano in una mera integrazione degli obblighi precedentemente assunti dalla società, con specifico riguardo alla realizzazione delle opere pubbliche, al precipuo scopo di assicurarne l’adempimento.

Sul punto, giova precisare come, trattandosi di uno strumento convenzionale, il Comune non avrebbe potuto unilateralmente incrementare gli obblighi posti a carico della società ma, al limite, agire con i rimedi (quali la risoluzione del contratto e l’eventuale azione risarcitoria) previsti in caso di inadempimento.

Sennonché, ciò di cui l’esponente in questa sede si duole, non è la mancata adozione dei rimedi contro l’inadempienza contrattuale, ma il mancato esercizio dei poteri pianificatori da parte del Comune alla scadenza delle convenzioni. Ciò, sull’indimostrato presupposto che – alla scadenza predetta – il Comune fosse obbligato a ripianificare l’area nel senso prospettato dal ricorrente, in quanto svincolato dalla pianificazione derivante dal precedente P.I.R.

Sennonché, proprio tale assunto risulta, come si accennava, indimostrato, atteso che, in presenza di una lottizzazione scaduta per decorrenza del termine decennale, l’amministrazione non perde il potere di rilasciare provvedimenti funzionali al completamento del piano, ferma restando la disciplina urbanistico – edilizia dell’area da esso dettata che, anche per la parte rimasta inattuata, continua a trovare applicazione fino all’approvazione di un nuovo piano urbanistico (cfr. ex plurimis, Consiglio Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6527; sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 200; IV, 11 marzo 2003, n. 1315; id. 16 marzo 1999, n. 286; nonché sez. IV, 2 giugno 2000 n. 3172; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 01 ottobre 2002, n. 1187, per cui: "In sostanza, la scadenza del termine di validità di un piano di lottizzazione non consente all’amministrazione di procedere, "sic et simpliciter", alla declaratoria di intervenuta perdita di efficacia dello stesso, dovendo, invece, dar conto delle ragioni sottese alla necessità di rendere inoperanti le relative previsioni rimaste inattuate, dando altresì conto delle valutazioni effettuate circa il rapporto tra le opere ultimate e quelle non ancora eseguite").

Consegue da ciò, che il danno lamentato dall’esponente, con precipuo riguardo al maggior carico urbanistico afferente l’area di ubicazione della sua proprietà, mentre avrebbe potuto giustificare l’interesse al ricorso avverso il P.I.R. (divenuto, per contro, inoppugnabile), non può supportare l’interesse al ricorso avverso le citate convenzioni, a cui non possono, in alcun modo, riferirsi le scelte pianificatorie dell’area de qua (da intendersi, queste ultime, sia in positivo, come scelte già espresse, mediante la pianificazione in atto dell’area, imputabile al predetto P.I.R., che, in negativo, come scelte inespresse, auspicate dal ricorrente, il cui mancato esercizio non è comunque riconducibile alle proroghe contenute nelle citate convenzioni).

Con l’ulteriore conseguenza che, nessuna utilità potrebbe derivare al ricorrente da una pronuncia di accoglimento, atteso che, annullando le citate convenzioni, non per questo verrebbe posta nel nulla la pianificazione dell’area in questione, né potrebbe prodursi alcun alleggerimento del carico urbanistico (potendosi, al contrario, prospettare semmai un aggravamento della situazione dell’esponente, tenuto conto che, allo stato, mentre le abitazioni previste dal PIR risultano già realizzate, a restare ancora inadempiute sono soltanto le opere di urbanizzazione).

Ciò che difetta – in ultima analisi – nell’odierno ricorso, rendendolo irrimediabilmente privo di interesse, è la dimostrazione del nesso di consequenzialità logico- giuridica fra la scadenza della convenzioni e l’esercizio del potere pianificatorio da parte del Comune nel senso auspicato dal ricorrente (da cui argomentare, in via di ulteriore consequenzialità logica, che la scelta del Comune di addivenire alle convenzioni de quibus, avrebbe privato l’ente medesimo del potere di pianificazione ad esso spettante sull’area, da esercitare in senso favorevole alle esigenze del ricorrente).

L’assenza della dimostrazione di un pregiudizio concreto e attuale derivante al ricorrente dalle proroghe disposte con le ridette convenzioni non consente al Collegio di esaminare nel merito la fondatezza dell’odierno gravame.

Al riguardo, è opportuno richiamare il monito contenuto nella già citata decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in ordine all’importanza e alla pregiudizialità del controllo sulla ricorrenza delle condizioni dell’azione (legittimazione e interesse al ricorso) rispetto all’esame del merito della domanda, in coerenza con i principi della giurisdizione soggettiva e dell’impulso di parte (cfr. cit. decisione n. 4/2011, secondo cui: "L’eventuale reiezione della domanda per "ragioni processuali", collegate alla riscontrata carenza delle condizioni e dei presupposti dell’azione (comprensivi della legittimazione e dell’interesse al ricorso), non rappresenta l’affermazione di un risultato meramente "formale". Al contrario, costituisce l’esito fisiologico, pienamente congruente con le regole costituzionali in materia di tutela giurisdizionale, della valutazione in ordine alla titolarità, in capo all’attore, di una posizione tutelabile dinanzi al giudice amministrativo". E, ancora: "La necessità di definire il giudizio muovendo dall’esame delle questioni preliminari, costituisce, ora, una espressa regola positiva, stabilita dal codice del processo amministrativo. In virtù dell’articolo 76, comma 4, "Si applicano l’articolo 276, secondo, quarto e quinto comma 2, del codice di procedura civile e gli articoli 114, quarto comma, e 118, quarto comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile." Il richiamato articolo 276, comma secondo, prevede che "il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e, quindi, il merito della causa". Si tratta, del resto, di una regola di giudizio ritenuta pacificamente applicabile al processo amministrativo anche prima dell’entrata in vigore del codice…").

Ebbene, giova ribadire, onde evidenziare il difetto di interesse all’impugnazione delle convenzioni di cui in epigrafe, come, da un lato, la convenzione del 2006 si limiti a prevedere, al di là della proroga del termine di adempimento, una parziale rinegoziazione degli obblighi assunti dalla società, per assecondare le esigenze di stampo pubblicistico prospettate dalla stessa amministrazione (cfr. ultimo considerato della cit. convenzione) e, dall’altro, come la convenzione del 2008 contenga esclusivamente la proroga del temine di adempimento al 30.05.2009, richiamando per il resto le precedenti convenzioni.

Appare, allora, evidente come l’unico effetto in concreto riconducibile agli accordi de quibus, sia quello di evitare la risoluzione del contratto, ritenuta "controproducente per l’interesse pubblico" (così la convenzione del 2008), attraverso la concessione di una proroga del termine di adempimento, preordinata ad assicurare il completamento del P.I.R., mediante l’esecuzione delle opere pubbliche.

Tale essendo la loro portata, essi non risultano autonomamente idonei ad arrecare effetti pregiudizievoli nella sfera giuridica del ricorrente, che – al contrario – può soltanto avvantaggiarsi dei loro effetti, volti ad assicurare lo spontaneo adempimento degli impegni convenzionali da parte società, con specifico riguardo alle opere di urbanizzazione rimaste inadempiute.

E, d’altra parte, nessun concreto pregiudizio risulta allegato e dimostrato da parte ricorrente in relazione al contenuto dei predetti accordi (salvo il riferimento del tutto generico alla maggiore difficoltà di reperimento dei parcheggi o di transito sulla via Lario, che, come già detto, non discende affatto dalle convenzioni ma dall’originario Piano di recupero).

In un ottica più generale, il Collegio non può non rilevare, infine, come l’elemento della "vicinitas", addotto dal ricorrente a giustificazione del proprio interesse al ricorso, mentre può apparire sufficiente per fondare la legittimazione al ricorso, non altrettanto può dirsi in relazione all’interesse, concreto e attuale, all’impugnazione, il quale esige la prova del pregiudizio che in concreto l’esponente subisce dagli atti impugnati.

Al riguardo, non va sottaciuto che l’abitazione del sig. Boschiero è posta al di fuori dell’area interessata dal P.I.R., tant’è che lo stesso ricorrente àncora la propria legittimazione alla circostanza che la strada di accesso alla propria villa rappresenta una delle due strade utilizzate per l’accesso all’area "P.I.R.".

Sennonché, come affermato anche di recente dal Consiglio di Stato (cfr. la decisione della sez. IV, 29 dicembre 2010, n. 9537), la circostanza che il ricorrente non sia proprietario di aree ricomprese nel perimetro del piano di recupero, mentre non esclude ex se la legittimazione, radicata sul criterio della vicinitas, incide invece sulla configurabilità dell’interesse al ricorso, dovendosi fornire adeguata dimostrazione del pregiudizio in concreto risentito in conseguenza dei vizi dedotti (cfr. la cit. sentenza, per cui:"Il criterio della vicinitas, seppur idoneo a supportare la legittimazione al ricorso, non esaurisce certo gli ulteriori profili dell’interesse concreto all’impugnazione, costituito dalla lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali del ricorrente").

Ebbene, nel caso che qui occupa, nessun concreto pregiudizio è stato allegato e dimostrato dall’esponente in relazione ai dedotti vizi afferenti le convenzioni di che trattasi.

Oltretutto, giova evidenziare come, al momento della proposizione dell’odierno gravame (presentato alla notifica il 5.10.2009), la proroga concessa con l’ultima convenzione (quella del 2008), fissata al 30.05.2009, risultava già scaduta, sicché – anche sotto tale profilo – risulta ulteriormente carente il profilo dell’interesse al ricorso poc’anzi evidenziato.

La carenza di siffatta condizione dell’azione affligge inevitabilmente anche i motivi aggiunti, rivolti avverso la d.C.C. n. 39 dell’11.11.2008, di approvazione della convenzione del 2008.

Per le considerazioni che precedono, assorbite le questioni non espressamente scrutinate, il ricorso ed i motivi aggiunti in epigrafe specificati devono essere dichiarati inammissibili per difetto di interesse al ricorso.

Le spese sono poste a carico del ricorrente e a favore del Comune e della parte controinteressata, nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso ed i motivi aggiunti come in epigrafe proposti, li dichiara inammissibili.

Pone le spese di lite a carico del ricorrente, nella misura di complessivi euro 3.000,00, ripartendole a favore del Comune di San Siro e della parte controinteressata, nella misura di euro 1.500,00 ciascuno, oneri di legge inclusi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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