Cass. pen., sez. VI 12-03-2007 (06-03-2007), n. 10544 Mandato arresto europeo – Consegna per l’estero – Cittadino – Richiesta ai fini della esecuzione di una pena detentiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

OSSERVA IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per dare esecuzione al mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità giudiziaria tedesca nei confronti del cittadino italiano F.A. per una condanna definitiva inflittagli per alcune violazioni della disciplina sulle armi (acquisto abusivo, commercio e detenzione illegali).
Ricorre la difesa del F., deducendo: a) inosservanza della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 9. La Corte d’appello non avrebbe sanzionato di nullità il ritardo con cui sono stati trasmessi gli atti del mandato d’arresto al Ministro della Giustizia italiano; b) carenza di motivazione sulla richiesta, avanzata sin dall’inizio del procedimento, di espiare la pena in Italia.
IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. La L. n. 69 del 2005, art. 9 non prevede termini per l’inoltro del mandato d’arresto europeo dall’Autorità giudiziaria del Paese richiedente al Ministro della Giustizia del Paese dell’esecuzione.
Nella disposizione citata non compaiono, peraltro, termini perentori, sanzionati a pena di nullità. Stante il carattere di tassatività delle disposizioni sulle nullità, deve ritenersi che le espressioni usate dalla legge ("senza ritardo" "immediata comunicazione") rivestano mero carattere ordinatorio.
3. Quanto alla lamentata assenza di motivazione sulla richiesta formulata dal F. di espiare la pena in Italia, il motivo appare destituito di fondamento, per la ragione che una motivazione, sia pure contenuta in una brevissima perifrasi verbale, risulta espressa dalla Corte territoriale ("la richiesta di espiare la pena in Italia attiene ad una fase successiva"). Non può, pertanto, essere lamentata l’ontologica assenza della motivazione.
Con memoria presentata in prossimità della celebrazione dell’udienza camerale, il ricorrente, intendendo meglio precisare il motivo di doglianza, ha citato il disposto della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lettera r), che – secondo l’interpretazione del ricorrente – imporrebbe alla Corte d’appello officiata l’obbligo indefettibile di decidere in punto di espiazione della pena nello Stato della esecuzione. Da tale obbligo giuridico il ricorrente fa derivare non solo il già lamentato vizio della motivazione (rimandare infatti la decisione ad altra fase procedimentale equivarrebbe a denegare la decisione), ma anche una patente violazione di legge.
4. Ebbene, riguardando la sostanza del problema sottoposto all’esame della Corte di Cassazione, l’affermazione estremamente sintetica della Corte d’appello di Firenze può essere ritenuta corretta, nei limiti e con le precisazioni che vengono svolte qui di seguito.
5. La L. 22 aprile 2005, n. 69, nel dettare disposizioni sul mandato di arresto europeo, non si discosta dalla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio Europeo, che prevede sul punto specifico (art. 4) che l’Autorità giudiziaria dell’esecuzione possa rifiutare l’esecuzione del mandato se esso è rilasciato ai fini dell’esecuzione di pena privativa della libertà, qualora la persona dimori nello Stato di esecuzione, sia cittadino o vi risieda, sempre che lo Stato richiesto si impegni ad eseguire esso stesso tale pena (o misura di sicurezza) conformemente al diritto interno. Le diversità lessicali riscontrabili fra l’art. 4 della decisione quadro e l’art. 18 della legge attuativa italiana (nell’un caso si legge che "l’autorità giudiziaria può rifiutare la consegna … se lo Stato si impegni ad eseguire,esso stesso la pena"; nell’altro si legge che "la Corte drappello rifiuta la consegna … sempre che disponga che la pena sia eseguita in Italia") non traggano in inganno. L’art. 18 solo apparentemente può indurre a ritenere che l’Autorità giudiziaria italiana non possa esercitare alcuna discrezionalità valutativa nel delibare in ordine alla consegna.
6. L’inciso finale inserito nel citato art. 18, lettera r), introduce senza alcun dubbio la legittimità di un potere valutativo in capo alla Corte d’appello, circa l’eseguibilità della pena in Italia.
Tale potere valutativo resta ancorato al rispetto delle norme e delle convenzioni internazionali vigenti, il cui impianto non risulta nè implicitamente, nè esplicitamente modificato o abrogato dalla recente normativa in materia di mandato di arresto europeo. Assume qui rilievo la L. 25 luglio 1988, n. 334, che reca norme di ratifica della convenzione internazionale sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21.3.1983 (G.U. n. 188 del 11/8/1988). Tale legge pone molteplici condizioni per l’operatività del trasferimento del condannato da uno Stato membro all’altro, alcune delle quali (decisiva appare quella di cui all’art. 3, lettera f) impongono che venga raggiunto un previo specifico accordo con l’altro Stato membro sul trasferimento del detenuto.
7. Argomento a conforto dell’opinione qui accreditata si ricava anche dall’art. 8, che prevede la consegna obbligatoria", indipendentemente dalla doppia incriminazione, del ricercato, che si sia reso responsabile di alcuni comportamenti, ritenuti in ambito comunitario particolarmente rilevanti ed allarmanti. Nel caso un cittadino italiano si rendesse responsabile di un comportamento (fra quelli indicati nell’art. 8) per avventura non sanzionato penalmente in Italia, ma ritenuto reato in ambito comunitario, L’Autorità giudiziaria italiana avrebbe il dovere di ordinare la consegna del ricercato, anche se questi richiedesse di espiare la pena in Italia.
Difatti, mentre la legge istitutiva del MAE impone la consegna per i comportamenti enucleati nell’art. 8, indipendentemente dalla doppia incriminazione, l’art. 3 lettera e) della legge di ratifica della convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 (L. 25 luglio 1988, n. 334) impedisce il trasferimento ad altro Stato membro del condannato per una condotta che non costituisce reato presso lo Stato di esecuzione. Deve, pertanto, ritenersi che l’inciso contenuto nell’art. 18, lettera r),("sempre che la Corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno") ben lungi dall’imporre sempre e comunque alla Corte d’appello una decisione di rifiuto della consegna del cittadino italiano sol che vi sia una richiesta di espiare la pena in Italia, attribuisca invece alla Corte d’appello un ambito di valutazione circa la concreta possibilità di espiazione della pena in Italia.
8. Inoltre, le vigenti norme, nell’escludere che l’Autorità giudiziaria italiana possa delibare circa il luogo di espiazione della pena indipendentemente dalla volontà o contro la volontà dello Stato richiedente, rimandano ad un percorso procedimentalizzato per pervenire alla decisione di rifiuto della consegna in vista di una espiazione della pena in Italia. Procedimento, la cui tempistica, prevedibilmente non breve, può di fatto finire con il collidere con le esigenze di assoluta speditezza imposte dalla legge istitutiva del MAE (art. 17) . Nulla vieta che il procedimento finalizzato alla decisione sulla richiesta di consegna (art. 17) ed il procedimento finalizzato alla definizione del luogo di espiazione della pena (art. 18, lettera r) confluiscano in un’unica rapida procedura. Ma, se – come nel caso in esamele condizioni per una trattazione unitaria non si realizzano, la decisione in ordine al luogo di espiazione della pena ben può essere rimandata alla fase tipica dell’esecuzione della pena.
9. Così sostanziato l’ambito di discrezionalità riconosciuto alla Corte d’appello in materia di espiazione di pena in Italia, ed in tal senso spiegata ed integrata la motivazione succintamente esposta dalla Corte d’appello di Firenze, s’impone il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
Spetta alla cancelleria dare esecuzione agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 25, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 25, comma 5.
Riserva la motivazione entro il termine di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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