T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 02-09-2011, n. 2145

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I) Il ricorrente è proprietario, dal 1993, di una porzione di casa d’abitazione, con annesso cortile e box pertinenziale, nel Comune di Salerano al Lambro.

Il compendio immobiliare era stato oggetto di un intervento di ristrutturazione, ad opera dei precedenti proprietari, in forza delle seguenti concessioni edilizie: n. 446/91 per ristrutturazione del fabbricato principale; n. 447/91 per la trasformazione in box del rustico e n. 494/91 in variante ai lavori di ristrutturazione.

In data 31.3.2000 il ricorrente ha ricevuto la comunicazione ex art 7 L. 241/90 del procedimento finalizzato alla demolizione ex art 12 L. 47/85 delle opere realizzate in modo difforme dal titolo edilizio, consistenti in una diversa lunghezza della porzione dell’abitazione e una diversa dimensione del box, nonché per alcune apertura nel box.

Seguiva quindi l’ordinanza di demolizione, impugnata in questa sede, con il presente ricorso, per le seguenti censure:

1) violazione dell’art 12 comma 2 L. 47/85; difetto di motivazione e di istruttoria; sviamento: l’Amministrazione ha omesso di valutare il pregiudizio che la demolizione comporta;

2) violazione dell’art 6 L. 241/90; errore sul presupposto, sviamento: non è stato valutato se vi fosse l’esistenza dei requisiti per applicare la sanzione pecuniaria;

3) violazione del Regolamento d’igiene tipo approvato con DGR 52097/85; difetto di motivazione; violazione dei principi di buona fede e affidamento; violazione dell’art 12 L. 47/85, essendo stato leso l’affidamento del proprietario, che aveva ottenuto il certificato di abitabilità.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 7 luglio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

II) Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito esposte.

La tesi sostenuta nei primi due motivi, circa l’obbligo dell’Amministrazione di valutare se l’ordine di demolizione possa essere eseguito senza compromettere la statica del fabbricato è destituita di fondamento.

La facoltà d’irrogare una sanzione pecuniaria in luogo di quella della demolizione, già prevista, dall’art. 12 l. n. 47 del 1985, ed oggi trasfusa nell’art. 34 cpv. D.P.R. 380 del 2001, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, non impone all’Amministrazione di valutare il pregiudizio della demolizione, con possibilità di disporre la sanzione demolitoria solo dopo aver accertato l’assenza di detto pregiudizio.

Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 5 giugno 2008, n. 5244; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 17 aprile 2007, n. 3327; T.A.R. Lombardia Brescia, 9 dicembre 2002, n. 2213), da una corretta interpretazione dell’art. 12 oggi art. 34 del D.P.R. n. 380/2001 si desume che nella fase della contestazione dell’abuso l’Amministrazione non può far altro che ordinarne la demolizione, mentre l’applicazione della sanzione pecuniaria (in luogo della demolizione) costituisce una misura destinata ad operare in un momento successivo all’adozione dell’ordine di demolizione, nel caso in cui risulti che non è possibile darvi esecuzione.

L’ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto la sanzione demolitoria ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analiticoricognitivo dell’abuso commesso, mentre il giudizio sinteticovalutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria viene effettuato soltanto in un secondo momento con l’ordine di esecuzione rivolto all’ufficio competente, cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 06 aprile 2011, n. 159).

Alla luce di questo orientamento, i primi due motivi di ricorso sono infondati, dal momento che nessuna istruttoria doveva essere effettuata in questa fase, circa la possibilità di sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria, valutazione che deve essere effettuata solo nella fase successiva esecutiva, mediante apposito accertamento da parte dell’Ufficio Tecnico Comunale, d’ufficio o su richiesta dell’interessato.

Quanto alla tutela dell’affidamento (terzo motivo), è sufficiente richiamare il consolidato orientamento in base al quale l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato e, quindi, non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendosi ammettere alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva.

Va solo aggiunto che nessuna posizione di affidamento qualificato può derivare dal certificato di abitabilità, che costituisce un’attestazione da parte dei competenti uffici tecnici comunali in ordine alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti tecnologici in essi installati, alla stregua della normativa vigente, assolvendo in tal modo funzioni ben diverse da quelle relative alla certificazione della conformità urbanistica ed edilizia dell’opera.

III) Per tali ragioni il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, quantificate in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge, a favore del Comune di Salerano sul Lambro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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