Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 22-12-2011, n. 28331 Trasporto pubblico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società C.T.P. – Compagnia Trasporti Pubblici s.p.a., esercente in regime di concessione l’attività di trasporto pubblico locale nell’ambito della Regione Campania, adì il locale Tribunale Amministrativo Regionale, al fine di sentir condannare, previo annullamento e sospensione dell’atto dirigenziale del 6.10.2008 con il quale era stata disattesa la relativa richiestala suddetta regione, quale autorità titolare delle competenze del T.P.L. e soggetto delegante la Provincia di Napoli alle relative gestione ed erogazione di contributi, e/o quest’ultima amministrazione, "nell’ambito delle rispettive competenze", a corrisponderle la somma di complessivi Euro 32.243.381,00, quella diversa da quantificarsi in corso di causa, "a titolo di compensazione dei disavanzi di gestione subiti nell’anno 2007, oltre interessi e rivalutazione monetaria". A sostegno della suddetta domanda la ricorrente invocò l’applicazione del Regolamento della Comunità Europea n. 1191 del 1969, nella parte in cui disponeva, con norme immediatamente precettive, che gli enti pubblici degli stati membri compensassero, attraverso l’adeguamento delle tariffe, gli svantaggi economici derivanti alle imprese di trasporto dall’imposizione degli obblighi di servizio.

La domanda, alla quale avevano resistito le due intimate amministrazioni, fu respinta dall’adito T.A.R. con sentenza n. 01499/2009, sull’essenziale rilievo che ai sensi dell’art. 4 del citato regolamento comunitario, il diritto alla compensazione sorge soltanto se, a seguito di apposita domandale autorità competenti non abbiano disposto la soppressione del servizio che determina, a carico dell’azienda di trasporto, uno svantaggio economico, mentre nel caso di specie la ricorrente non aveva proposto alcuna domanda al riguardo. A seguito dell’appello della soccombente, cui aveva resistito la Regione Campania, il Consiglio di Stato, con decisione n. 7529 dell’11.12.09, depositata il 15.10.10, dichiarò il difetto di giurisdizione del G.A., compensando le spese del giudiziosi riguardo richiamando una propria precedente decisione, che si era conformata alla giurisprudenza di queste S.S.U.U. (in particolare alla sent. n. 15216 del 4.7.06), secondo cui le controversie relative al pagamento, a titolo di contributo dei maggiori oneri derivanti dallo svolgimento del servizio pubblico locale urbano ed extraurbano, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, dovendo i medesimi essere qualificati come "corrispettivi" del servizio di trasporto, come tali sottratti (unitamente a "indennità" e "canoni") alla giurisdizione del giudice amministrativo alla luce del criterio di riparto della giurisdizione, quale risultante nella specifica materia dei pubblici servizi dalla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204.

Avverso tale decisione la società C.T.P. ha proposto ricorso a queste Sezioni Unite affidato ad un unico motivo, illustrato con successiva memoria. Ha resistito la Regione Campania con controricorso. Non ha svolto attività difensiva la Provincia di Napoli.

Motivi della decisione

1. La ricorrente deduce "Erronea indicazione del Giudice Ordinario quale giudice competente. Violazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, att. 103 e 113 Cost. L. n. 1034 del 1971, artt. 2 e 5, L. n. 205 del 2000, art. 7 e dei criteri di riparto della giurisdizione".

Premesso di essere consapevole dell’indirizzo di queste Sezioni Unite nella materia controversa e che, peraltro, la sentenza impugnata si sarebbe limitata a richiamare un proprio precedente, a sua volta conformatosi ad una pronunzia di questa Corte, senza svolgere alcuna "analisi normativa", la deducente sostiene, con diffuse argomentazioni teorico-dottrinali e richiami giurisprudenziali ritenuti più confacenti alla fattispecie, che nel caso delle "compensazioni" previste dal Reg. C.E. 1191/69 si sarebbe al di fuori della materia dei corrispettivi o delle indennità di cui alla normativa statale sopra citata, così come risultante dalla sopra indicata sentenza della Corte Costituzionale;ciò in quanto, a differenza dei corrispettivi ed indennità di cui alla citata disposizione oggetto dell’intervento "manipolativo" del Giudice delle Leggi, le spettanze compensative di cui all’invocata norma comunitaria presupporrebbero il previo esercizio, da parte dell’ente pubblico concedente, di un potere autoritativo a carattere discrezionale, di natura amministrativa e non meramente tecnico, nella fattispecie non ancora esercitato, soltanto all’esito del quale, in caso di imposizione della prosecuzione del servizio di trasporto nonostante l’antieconomicità dello stesso, verrebbe in essere il diritto soggettivo del concessionario alla compensazione delle relative perdite.

2. Tanto premesso la Corte ritiene che il ricorso debba essere accolto per ragioni diverse e più radicali, di natura processuale, che dispensano dalla disamina di quelle addotte dalla ricorrente.

Come rilevasi dall’esposta narrativa della vicenda, la domanda della società oggi ricorrente era stata disattesa dall’adito T.A.R., con una pronunzia di rigetto, che aveva comportato l’esame nel merito, alla stregua della normativa di riferimento, della richiesta, considerandosi la stessa non meritevole di accoglimento, per difetto di una ritenuta condizione dell’azione, per non avere l’istante chiesto alla concedente P.A. la soppressione del servizio asseritamente oneroso, istanza soltanto all’esito della quale, nell’ipotesi in cui l’autorità avesse disposto la relativa prosecuzione in condizioni di antiecomicità, avrebbe potuto essere pretesa la prestazione patrimoniale de qua. Tale decisione – quale che ne fosse l’esattezza – presupponeva la sussistenza, ad avviso del primo giudice, della propria giurisdizione, che peraltro non era stata contestata dalle parti e non aveva, poi, formato hinc aut inde oggetto di impugnativa nel giudizio di secondo grado.

In siffatto contesto processuale, dunque, si era verificato un giudicato interno, ancorchè implicito, sulla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ostativo alla rilevabilità di ufficio del relativo difetto da parte del giudice di secondo grado, preclusione che deve essere pertanto rilevata nella presente sede. Al riguardo trova applicazione – e va qui ribadito – l’ormai consolidato indirizzo di queste Sezioni Unite, secondo cui "allorchè il giudice di secondo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d’ufficio il proprio difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta del giudicato implicito" (sent. n. 27531/08, conf., successivamente, sent. n. 29531/08, ord. 21065/1 l, che estendono l’effetto vincolante anche all’esterno, in altri processi tra le medesime parti).

3. L’accoglimento del ricorso comporta, dunque, la cassazione della sentenza impugnata e la dichiarazione della giurisdizione del G.A., davanti al quale il processo dovrà proseguire, nel grado in cui è intervenuta la censurata pronunzia declinatoria.

4. Sussistono giusti motivi, infine, tenuto conto che l’accoglimento del ricorso è stato determinato dal rilievo di ufficio di ragioni diverse da quelle dedotte dalla ricorrente, ancorchè conducenti alla stessa declaratoria dalla medesima invocata, per la totale compensazione delle spese del presente giudizio e di quello di provenienza.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rimette le parti innanzi al Consiglio di Stato. Dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio e di quello svoltosi davanti al Consiglio di Stato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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